Ordinanza N. 395 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
16/12/1996
Data deposito/pubblicazione
16/12/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
09/12/1996
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY,
prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica) promossi dal pretore di Roma con ordinanze emesse il 17
gennaio 1996, il 2 febbraio 1996 (n. 3 ordinanze) e il 17 gennaio
1996, rispettivamente iscritte ai nn. 416, 417, 418, 419 e 420 del
registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 1996;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 16 ottobre 1996 il giudice
relatore Riccardo Chieppa;
Ritenuto che il pretore di Roma, con cinque ordinanze di identico
contenuto, emesse, nel corso di altrettanti procedimenti penali per
reati edilizi, tra il 17 gennaio e il 2 febbraio 1996 (r.o. nn. 416,
417, 418, 419 e 420 del 1996), ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3, 112, 9 e 53 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724
(Misure di razionalizzazione della finanza pubblica);
che, ad avviso del giudice a quo, il condono edilizio, previsto
dalla disposizione censurata, comporterebbe anzitutto, in contrasto
con gli artt. 3 e 112 della Costituzione, un esercizio della non
punibilità da ritenersi arbitrario, essendo, per un verso, collegato
alla esigenza di reperimento immediato di risorse finanziarie,
costituendo, per l’altro, un incentivo alla fiducia nell’impunità;
che, inoltre, sarebbe violato l’art. 9 della Costituzione,
minandosi irreversibilmente la tutela del paesaggio e
dell’equilibrato sviluppo del territorio per via della “incongruenza
funzionale” della disciplina premiale di cui si tratta;
che, infine, sarebbe recato vulnus all’art. 53 della
Costituzione, provvedendosi alla copertura di spese pubbliche – al di
là della disposizione, definita marginale, di cui ai commi 13 e 15
dell’impugnato art. 39 – in base non alla capacità contributiva, ma
all’entità dell’abuso edilizio;
che, nel giudizio introdotto con l’ordinanza n. 420 del 1996, ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri, con il
patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per
la manifesta infondatezza delle proposte questioni;
Considerato che, per l’identità dell’oggetto, i giudizi possono
essere riuniti e decisi con un’unica pronuncia;
che le questioni sollevate in riferimento agli artt. 3 e 112
della Costituzione sono già state esaminate e dichiarate non fondate
con la sentenza n. 427 del 1995 – cui hanno fatto seguito l’ordinanza
n. 537 del 1995 e la sentenza n. 302 del 1996 – con la quale si è
sottolineato che la non punibilità conseguente al condono trova una
ragionevole giustificazione nel carattere di norma del tutto
eccezionale che riveste l’art. 39 della legge n. 724 del 1994, anche
in relazione a ragioni contingenti e straordinarie di natura
finanziaria, e alla necessità di “un recupero della legalità
attraverso la regolamentazione dell’assetto del territorio onde
procedere ad un definitivo riordino della materia “;
che, nella medesima occasione, la Corte ha, peraltro, avvertito
che una tale soluzione, ove reiterata, non troverebbe ulteriore
giustificazione sul piano della ragionevolezza, in quanto finirebbe
col vanificare le norme repressive di quei comportamenti che il
legislatore ha considerato illegali perché contrastanti con la
tutela del territorio;
che anche le questioni sollevate in riferimento all’art. 9 della
Costituzione trovano un precedente specifico nelle citate pronunce
della Corte, che hanno evidenziato che la normativa sul condono
presenta aspetti direttamente volti al ripristino della tutela del
controllo del territorio, come dimostrano, tra l’altro,
l’affermazione, in materia di abusi in aree vincolate, della
necessità dell’acquisizione dei pareri favorevoli delle
amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli, e le previsioni di
limiti di cubatura per l’ammissione alla sanatoria;
che, con riguardo a tale ultimo, specifico aspetto, la Corte, con
la citata sentenza n. 302 del 1996, ha precisato che la previsione
massima di cubatura di settecentocinquanta metri cubi, di cui al
primo comma dell’art. 39 della legge n. 724 del 1994, costituisce un
limite assoluto e inderogabile, che “si aggiunge come norma di
chiusura al limite di ampliamento, che deve essere contenuto nel
trenta per cento della volumetria originaria”;
che, in riferimento ai citati parametri costituzionali, non sono
dedotti profili sostanzialmente nuovi o diversi tali da indurre ad un
riesame delle questioni;
che, pertanto, le proposte questioni devono essere dichiarate
manifestamente infondate;
che, per ciò che riguarda la lamentata violazione dell’art. 53
della Costituzione, il richiamo a detto precetto costituzionale
risulta inconferente, in quanto all’oblazione posta a carico degli
autori di abusi edilizi non può riconoscersi alcun connotato
tributario, con conseguente applicazione della regola di
proporzionalità alla capacità contributiva. La somma corrisposta a
titolo di oblazione ha una funzione in senso lato sanzionatoria con
un effetto premiale, da essa scaturendo la estinzione del reato,
rimessa, peraltro, alla volontà degli interessati;
che, pertanto, anche le questioni sollevate in riferimento
all’art. 53 della Costituzione devono essere dichiarate
manifestamente infondate;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara la manifesta infondatezza delle
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 39 della legge 23
dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 112, 9 e 53 della
Costituzione, dal pretore di Roma, con le ordinanze indicate in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 dicembre 1996.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Chieppa
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 16 dicembre 1996.
Il direttore di cancelleria: Di Paola