Ordinanza N. 396 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
17/11/1994
Data deposito/pubblicazione
17/11/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
10/11/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro
FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, Dott. Renato
GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO;
penale, promosso con ordinanza emessa il 3 novembre 1993 dal
Tribunale di Savona nel procedimento di riesame nei confronti di
Bertini Nicola, iscritta al n. 228 del registro ordinanze 1994 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima
serie speciale, dell’anno 1994.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 12 ottobre 1994 il Giudice
relatore Francesco Guizzi.
Ritenuto che nel corso del procedimento penale a carico di Bertini
Nicola, imputato di tentato omicidio, rapina aggravata ed altri reati
minori, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Savona, sulla base di due perizie psichiatriche affermatrici della
seminfermità mentale dell’imputato, ha disposto la misura di
sicurezza del ricovero in casa di cura e custodia, impugnata dal
difensore del Bertini avanti il tribunale del riesame;
che, ad avviso del tribunale, tale provvedimento è stato
legittimamente adottato dal giudice per le indagini preliminari ai
sensi dell’art. 312 codice procedura penale, il quale prevede
l’applicabilità delle misure di sicurezza, in via provvisoria, in
ogni stato e grado del processo;
che, condividendo il giudizio dei periti medico-legali circa
l’assoluta incompatibilità fra le esigenze psicoterapeutiche
dell’imputato e il suo ricovero coatto nella casa di cura e custodia
di Montelupo Fiorentino, il tribunale ha sollevato, in riferimento
agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 219 codice penale che, nel caso
di condanna a pena diminuita per seminfermità di mente – quando non
possa essere esclusa la pericolosità del condannato – obbliga il
giudice a disporre il ricovero in casa di cura e custodia ogni
qualvolta la legge preveda una pena edittale non inferiore nel minimo
a cinque anni;
che tale norma non consentirebbe al giudice di scegliere la
misura di sicurezza adeguata all’entità del fatto e alla
pericolosità dell’imputato;
che tanto costituirebbe una violazione del terzo comma dell’art.
27 della Costituzione (ad avviso del giudice a quo applicabile anche
alle misure di sicurezza) che impone l’adozione di misure idonee al
recupero sociale dell’imputato;
che, inoltre, situazioni diverse fra loro verrebbero a essere
trattate in modo uguale, in contrasto con l’art. 3 della
Costituzione;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
concludendo per l’infondatezza della questione in base alla
consolidata giurisprudenza della Corte nel senso della riferibilità
dell’art. 27, terzo comma, della Costituzione, esclusivamente alle
pene e non alle misure di sicurezza (sentt. n. 139 del 1982, 106 del
1972 e 68 del 1967).
Considerato che la sentenza n. 139 del 1982, richiamata
dall’ordinanza n. 24 del 1985, ha già dichiarato inammissibile
analoga questione – concernente la norma contenuta nell’art. 222
codice penale e la misura di sicurezza detentiva dell’ospedale
psichiatrico giudiziario – sulla considerazione che gli interventi di
innovazione normativa, conseguenti all’accoglimento, esulerebbero del
tutto dai suoi poteri, comportando “l’esercizio di scelte
discrezionali rientranti nell’esclusiva competenza del legislatore”;
che, con l’ordinanza n. 333 del 1994, questa Corte ha ribadito
tale indirizzo, dichiarando analoga questione manifestamente
inammissibile;
che il quadro argomentativo già svolto nelle dette decisioni
non muta anche con riguardo alla (diversa) misura di sicurezza della
casa di cura e custodia.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 219 codice penale sollevata, in relazione
agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione dal Tribunale di
Savona con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 novembre 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: GUIZZI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 17 novembre 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA