Ordinanza N. 4 del 2001
Corte Costituzionale
Data generale
04/01/2001
Data deposito/pubblicazione
04/01/2001
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/12/2000
Presidente: Fernando SANTOSUOSSO;
Giudici: Massimo VARI, Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo
ZAGREBELSKY, Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
civile promosso con ordinanza emessa il 27 aprile 2000 dal giudice di
pace di Ceva nel procedimento civile vertente tra Fornaciari
Alessandro e il Ministero delle finanze, iscritta al n. 442 del
registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 35, 1ª serie speciale, dell’anno 2000.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 13 dicembre 2000 il giudice
relatore Fernando Santosuosso.
Ritenuto che, nel corso di un giudizio di risarcimento del danno
causato da un capriolo a un motociclista, il giudice di pace di Ceva,
con ordinanza del 27 aprile 2000, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale dell’art. 2052 del codice civile in
riferimento all’art. 3 Cost., in quanto la disposizione censurata,
così come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità,
escludendo dall’ambito della sua applicazione la responsabilità
dello Stato per i danni causati dalla fauna selvatica, contrasterebbe
con il principio costituzionale di uguaglianza;
che, secondo il rimettente, la legge 27 dicembre 1977, n. 968
(Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della
fauna e la disciplina della caccia), sul punto non innovata dalla
successiva legge n. 157 del 1992, nel prevedere che la fauna
selvatica è entrata a far parte del patrimonio indisponibile dello
Stato, avrebbe comportato la proprietà di detta fauna in capo alla
P.A., con conseguente applicabilità dell’art. 2052 cod. civ., atteso
che il fondamento della responsabilità per il danno cagionato da
animali risiede nel concetto di utilità che dall’animale il
proprietario o chi se ne serve ritrae;
che, pertanto, sussisterebbe una disparità di trattamento
tra il privato proprietario di un animale, il quale è responsabile
ex art. 2052 cod. civ., salvo che provi il caso fortuito, e la P.A.,
pure proprietaria della fauna selvatica, che di fatto è esonerata
dal risarcimento dei danni de quibus in quanto, “in virtù di una
sorta di privilegio”, non è tenuta ad alcun obbligo di sorveglianza
sulla fauna di natura selvatica;
che la disparità di trattamento sarebbe ancor più evidente
ove si consideri che, mentre per i danni causati dalla fauna
selvatica alle colture esiste un fondo costituito presso ogni
regione, il cui scopo è quello di prevenire e risarcire tale
tipologia di danni (art. 26 della legge n.157 del 1992), un’analoga
disposizione mancherebbe totalmente nel caso di danni alle persone
e/o alle cose;
che infine, in ordine alla rilevanza della questione, il
giudice a quo osserva che nella causa sottoposta al suo esame si
prospetta in concreto l’applicabilità dell’art. 2052 cod.civ;
che nel presente giudizio di legittimità costituzionale è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto
della questione.
Considerato che l’irragionevolezza e la disparità di trattamento
lamentata dal rimettente e da questo ricollegata all’interpretazione
restrittiva dell’art. 2052 cod. civ. fornita dalla giurisprudenza di
legittimità non sussiste poiché la disposizione in parola è
applicabile solo in presenza di danni provocati da animali domestici,
mentre per quelli cagionati da animali selvatici si applica invece
l’art. 2043 cod. civ;
che tale diversità trova la sua giustificazione, nonostante
i dubbi espressi in dottrina, nella diversità delle situazioni poste
a raffronto, considerato lo stato di naturale libertà che
caratterizza la fauna selvatica e il differente interesse che
distingue i soggetti proprietari degli animali di cui si tratta;
che, infatti, nel caso in cui il danno è arrecato da un
animale domestico (o in cattività), è naturale conseguenza che il
soggetto nella cui sfera giuridica rientra la disponibilità e la
custodia di questo si faccia carico dei pregiudizi subiti da terzi
secondo il criterio di imputazione ex art. 2052 cod. civ; laddove i
danni prodotti dalla fauna selvatica, e quindi da animali che
soddisfano il godimento dell’intera collettività, costituiscono un
evento puramente naturale di cui la comunità intera deve farsi
carico secondo il regime ordinario e solidaristico di imputazione
della responsabilità civile ex art 2043 cod. civ;
che, parimenti, non sussiste il lamentato vulnus all’art. 3
della Costituzione dal momento che, ad avviso di questa Corte,
l’esigenza di una parità di trattamento tra la situazione di fatto
di chi patisce un danno alla produzione agricola e di chi invece vede
danneggiata la propria persona o i propri beni dalla fauna selvatica
non sussiste, atteso che non solo sono differenti le predette due
fattispecie, ma la ratio stessa della normativa di cui alla legge
n. 157 del 1992 risiede nella specificità della protezione offerta
in relazione ai danni subiti dalle produzioni agricole a causa della
fauna selvatica; il legislatore – nella sua scelta discrezionale,
suscettibile ovviamente di variare nel tempo – ha inteso approntare
una tutela peculiare dell’agricoltura indennizzando gli effetti
negativi ad essa derivanti dalla presenza di quegli animali sul
territorio, presenza che nell’attuale contesto storico sociale è
ritenuta meritevole di protezione nel quadro di un armonico
equilibrio ambientale;
che, pertanto, la questione sollevata deve ritenersi sotto
ogni profilo, manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 2052 del codice civile
sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal giudice
di pace di Ceva con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2000.
Il Presidente: Santosuosso
Il redattore: Santosuosso
Il cancelliere: Fruscella
Depositata in cancelleria il 4 gennaio 2001.
Il cancelliere: Fruscella