Ordinanza N. 4 del 2002
Corte Costituzionale
Data generale
30/01/2002
Data deposito/pubblicazione
30/01/2002
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/01/2002
Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
e 448, comma 1, del codice di procedura penale, e degli artt. 557,
comma 3, e 464 stesso codice, promossi con ordinanze emesse il
5 dicembre 2000 dal Tribunale di Genova nel procedimento penale a
carico di C.C., iscritta al n. 171 del registro ordinanze 2001,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11 – 1ª serie
speciale – dell’anno 2001, e il 17 gennaio 2001 dal Tribunale di
Genova nel procedimento penale a carico di R. S., iscritta al n. 172
del registro ordinanze 2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 11 – 1ª serie speciale – dell’anno 2001.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 24 ottobre 2001 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che con due ordinanze di identico contenuto, il
Tribunale di Genova, in composizione monocratica, ha sollevato
questione di legittimità costituzionale degli artt. 556, comma 1, e
448, comma 1, cod. proc. pen. per contrasto con l’art. 3 della
Costituzione, “ovvero in alternativa” degli artt. 557, comma 3, cod.
proc. pen. e 464 del medesimo codice, sempre per contrasto con
l’art. 3 della Costituzione;
che i giudici a quibus premettono di essere chiamati a
delibare una “istanza di patteggiamento avanzata dall’imputato prima
della dichiarazione di apertura del dibattimento nel giudizio di
opposizione al decreto penale di condanna”, costituente reiterazione
di altra analoga istanza presentata in sede di opposizione al decreto
penale di condanna e respinta dal giudice per le indagini
preliminari, “anche in virtù del dissenso manifestato dal p. m.
circa la pena richiesta dall’imputato”;
che, a parere dei rimettenti, sebbene l’art. 557, comma 2,
cod. proc. pen. precluda all’imputato la facoltà di avanzare
richiesta di patteggiamento nel giudizio conseguente all’opposizione,
tale divieto “non sembra escludere la possibilità di reiterare la
richiesta laddove – come nel caso di specie – la stessa sia stata
proposta tempestivamente, vale a dire contestualmente all’atto di
opposizione”;
che, tuttavia, tale possibilità non risulta disciplinata per
il procedimento davanti al tribunale tanto in composizione collegiale
che monocratica: con la conseguenza che, in sede di opposizione a
decreto penale di condanna, non sarebbe prevista la possibilità –
espressamente enunciata per il giudizio ordinario, per quello
direttissimo e per quello immediato dall’art. 448, comma 1, cod.
proc. pen. – di reiterare, davanti al giudice del dibattimento, la
richiesta di patteggiamento già formulata davanti al giudice per le
indagini preliminari ed oggetto di dissenso da parte del pubblico
ministero ovvero rigettata dal giudice;
che pertanto verrebbe a profilarsi un’ingiustificata
disparità di trattamento, con violazione dell’art. 3 Cost., tra
imputati, soggetti ad un trattamento processuale sensibilmente
diverso esclusivamente in ragione della scelta del rito operata
dall’organo dell’accusa, poiché la possibilità di sottoporre la
precedente richiesta di patteggiamento a nuovo esame, da parte del
giudice del dibattimento, verrebbe esclusa per l’opposizione a
decreto penale ed ammessa, invece, per altre forme di giudizio;
che, peraltro, sempre nell’ipotesi di giudizio conseguente ad
opposizione a decreto penale di condanna, non è neppure previsto che
il giudice possa accogliere la richiesta di pena concordata dopo la
chiusura del dibattimento, nel caso in cui ritenga ingiustificati il
dissenso del pubblico ministero o il rigetto dell’istanza, essendo
tale regola, sancita dall’art. 448, comma 1, ultimo inciso, cod.
proc. pen., riferibile – a parere dei giudici a quibus – ai soli riti
espressamente indicati nella medesima norma, tra i quali, appunto,
non è compreso il procedimento per decreto: ciò che integrerebbe un
ulteriore profilo di ingiustificata disparità di trattamento, con
violazione dell’art. 3 Cost;
che, alla luce di tali rilievi, i giudici rimettenti
sollevano, in riferimento all’art. 3 della Costituzione questione di
legittimità costituzionale degli “artt. 556, comma 1, cod. proc.
pen. e 448, comma 1, cod. proc. pen. (richiamato dal primo in quanto
applicabile ai procedimenti davanti al tribunale in composizione
monocratica) ovvero in alternativa dell’art. 464 cod. proc. pen., in
quanto richiamato dall’art. 557, comma 3, cod. proc. pen.”, nella
parte in cui non prevedono che l’imputato nel procedimento davanti al
tribunale in composizione monocratica – (“ma anche in quello davanti
al tribunale in composizione collegiale”) – “possa reiterare, nel
giudizio conseguente all’opposizione a decreto penale di condanna,
prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, la richiesta
di patteggiamento tempestivamente presentata unitamente all’atto di
opposizione al predetto decreto e non accolta per mancato consenso o
dissenso del p.m. ovvero per rigetto da parte del g.i.p.”;
che, prospettandola quale “questione di costituzionalità …
strettamente e conseguenzialmente collegata” a quella dianzi
riferita, i rimettenti impugnano altresì, sempre in riferimento
all’art. 3 Cost., le medesime norme nella parte in cui non prevedono
che, nel giudizio di opposizione a decreto penale instauratosi
dinanzi al tribunale sia in composizione monocratica che collegiale,
il giudice possa provvedere sulla richiesta di patteggiamento
“tempestivamente avanzata dall’imputato (ed eventualmente reiterata
davanti allo stesso giudice del dibattimento prima della
dichiarazione di apertura dello stesso) e non accolta per mancato
consenso o dissenso del p.m. ovvero per rigetto da parte del
giudice”;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, il quale ha concluso chiedendo che la questione venga
dichiarata infondata, non essendo condivisibile il presupposto
interpretativo da cui muove l’ordinanza di rimessione circa
l’impossibilità di riproporre, nel giudizio che consegue
all’opposizione a decreto penale, la richiesta di patteggiamento
preventivamente rigettata o non accolta per dissenso del pubblico
ministero.
Considerato che le ordinanze sollevano gli identici quesiti e
che, pertanto, i giudizi devono essere riuniti per essere definiti
con unica decisione;
che, in ordine alla prima delle questioni sollevate, i
giudici rimettenti formulano un quesito in forma alternativa,
impugnando, da un lato, gli artt. 556, comma 1, e 448, comma 1, del
codice di procedura penale e, dall’altro, l’art. 464 “in quanto
richiamato dall’art. 557, comma 3, cod. proc. pen.”, senza
puntualizzare le norme effettivamente attinte dal dubbio di
costituzionalità: così devolvendo a questa Corte il compito di
individuare la sede normativa all’interno della quale iscrivere la
pronuncia additiva che viene sollecitata;
che già alla stregua di tale assorbente rilievo la questione
deve ritenersi inammissibile, essendo compito del giudice rimettente
individuare con esattezza la disposizione oggetto di impugnativa,
anche nelle ipotesi nelle quali il supposto vizio di
incostituzionalità potrebbe essere composto attraverso una
declaratoria di illegittimità costituzionale riferibile ad una
pluralità di disposizioni normative;
che, inoltre, sono gli stessi giudici rimettenti a
prospettare la tesi secondo la quale “l’art. 557, comma 2, c.p.p. non
sembra escludere la possibilità di reiterare la richiesta laddove –
come nel caso di specie – la stessa sia stata proposta
tempestivamente, vale a dire contestualmente all’atto di
opposizione”; sicché la censura proposta finisce per radicarsi su
una mera alternativa ermeneutica che spetta agli stessi rimettenti
risolvere, senza sollecitare un inammissibile avallo interpretativo
da parte di questa Corte (v., fra le varie, le ordinanze n. 466 del
2000, n. 7 e n. 70 del 1998, e la sentenza n. 356 del 1996);
che le medesime considerazioni valgono anche a rendere non
delibabile il merito del secondo quesito, poiché anche esso risulta
formulato non in termini di subordinazione o consequenzialità
rispetto al primo, ma in forma sostanzialmente alternativa: d’altra
parte, ove – come sembrano sollecitare i rimettenti – venisse
assegnato al giudice del dibattimento il potere di scrutinare in
limine la domanda di patteggiamento precedentemente formulata e non
andata a buon fine (per mancato consenso del pubblico ministero o per
rigetto da parte del giudice), si creerebbe nel sistema un istituto
del tutto nuovo, in sé idoneo a perturbare il canone
dell’uguaglianza, proprio perché si tratterebbe di un potere
circoscritto alla sola ipotesi dell’opposizione a decreto penale di
condanna;
che, pertanto le questioni proposte devono essere dichiarate
manifestamente inammissibili.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi,
Dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di
legittimità costituzionale degli artt. 556, comma 1, e 448, comma 1,
del codice procedura penale, nonché dell’art. 464 del codice
procedura penale in quanto richiamato dall’art. 557, comma 3, del
codice procedura penale, sollevate in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2002.
Il Presidente: Ruperto
Il redattore: Flick
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 30 gennaio 2002.
Il direttore della cancelleria: Di Paola