Ordinanza N. 401 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
12/12/1998
Data deposito/pubblicazione
12/12/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
10/12/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI;
decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza), promosso con ordinanza emessa il 1
ottobre 1997 dal pretore di Ravenna, sezione distaccata di Lugo, nel
procedimento penale a carico di Ammalky Moualy Abdelhadi, iscritta al
n. 832 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno
1997.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 30 settembre 1998 il giudice
relatore Francesco Guizzi.
Ritenuto che nel corso di un procedimento penale nei confronti di
un cittadino marocchino il difensore faceva conoscere l’intenzione
dell’imputato di essere presente al dibattimento, possibilità
preclusa da un decreto di espulsione del predetto dal territorio
dello Stato;
che, secondo quanto esposto, il questore competente aveva
respinto l’istanza dell’imputato per il rientro in Italia, e il
pretore di Ravenna, sezione distaccata di Lugo, aveva sollevato, in
riferimento agli artt. 122 (recte: 112) e 24, secondo comma, della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 151
del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza), nella parte in cui
subordina all’autorizzazione del Ministro dell’interno il rientro
dello straniero sottoposto a procedimento penale ed espulso, ma che
voglia prender parte al processo;
che, ad avviso del giudice a quo, in base al codice di rito
penale l’imputato ha diritto di presenziare al dibattimento, come si
ricava dal capo II di detto codice, che contiene il divieto di
celebrazione del processo quando vi sia un legittimo impedimento
dell’imputato, e subordina a tale accertamento la dichiarazione di
contumacia;
che si tratterebbe di una situazione assimilabile al legittimo
impedimento, a cagione del rifiuto dell’autorità di polizia a
concedere il visto di ingresso per presenziare al processo;
che, peraltro, nel caso di specie non potrebbe trovare
applicazione, per difetto dei presupposti di legge, l’art. 7, comma
12-quinquies, del d.-l. 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in
materia di asilo politico, ingresso e soggiorno dei cittadini
extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari
ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito, con
modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39; comma aggiunto
dall’art. 8 del d.-l. 14 giugno 1993, n. 187, convertito, con
modificazioni, nella legge 12 agosto 1993, n. 296;
che l’unica possibilità di partecipazione sarebbe quella dettata
dall’art. 151 del regio decreto n. 773 del 1931, affidata alla
discrezionalità del Ministro dell’interno, ma tale situazione
ostacolerebbe di fatto l’esercizio dell’azione penale, non
consentendo al giudice di svolgere il processo e impedendo
all’imputato la difesa in giudizio;
che il Ministro dell’interno avrebbe, in tal modo, il potere di
creare un legittimo impedimento, permanente, in violazione sia
dell’art. 112 della Costituzione, che obbliga il pubblico ministero
all’esercizio dell’azione penale (mentre, nel caso in esame, il
giudice dovrebbe obbligatoriamente sospendere il dibattimento, senza
che venga sospeso il decorso della prescrizione, con la inevitabile
paralisi dell’azione penale); sia dell’art. 24, secondo comma, della
Costituzione, che garantisce all’imputato il diritto al processo (con
la conseguente pretesa di vedere proclamata la sua innocenza, ove
sussista);
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, con
il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, concludendo per
l’inammissibilità e, in subordine, per l’infondatezza.
Considerato che è stata sollevata, in riferimento agli artt. 112 e
24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 151 del regio decreto 18 giugno 1931, n.
773;
che, in data successiva all’ordinanza di rimessione, è stata
approvata la legge 6 marzo 1998, n. 40 (Disciplina dell’immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero);
che con l’art. 15 della citata legge il legislatore ha previsto,
per lo straniero espulso e sottoposto a procedimento penale, la
possibilità di far rientro in Italia, sia pure al solo fine di
partecipare al giudizio o al compimento di atti per i quali è
necessaria la sua presenza;
che, pertanto, gli atti vanno restituiti al giudice a quo
affinché, alla luce del ius superveniens possa valutare se la
questione sia tuttora rilevante nel giudizio principale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Ordina la restituzione degli atti al giudice rimettente indicato in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Guizzi
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 12 dicembre 1998.
Il direttore della cancelleria: Di Paola