Ordinanza N. 405 del 1989
Corte Costituzionale
Data generale
13/07/1989
Data deposito/pubblicazione
13/07/1989
Data dell'udienza in cui è stato assunto
05/07/1989
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO,
dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele
PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI,
prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.
Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul
funzionamento della Corte costituzionale) e 247 del regio decreto 3
marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale),
promosso con ordinanza emessa il 28 febbraio 1988 dal T.A.R. per la
Lombardia sul ricorso proposto da Lia Modesto contro il Comune di
Chiuro, iscritta al n. 141 del registro ordinanze 1989 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie
speciale, dell’anno 1989;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 14 giugno 1989 il Giudice
relatore Francesco Greco;
Ritenuto che il T.A.R. per la Lombardia, nel procedimento
instaurato da Lia Modesto contro il Comune di Chiuro, per
l’impugnazione della destituzione di diritto inflittagli, a seguito
di condanna a pena detentiva e interdizione dai pubblici uffici per
la durata di un anno, per il reato di falsità ideologica ex art. 479
del codice penale, con ordinanza del 28 febbraio 1988 – pervenuta
alla Corte costituzionale il 2 marzo 1989 – (R.O. n. 141 del 1989),
ha sollevato:
a) questione di legittimità costituzionale dell’art. 247 del
regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, nella parte in cui prevede la
destituzione di diritto dell’impiegato condannato per determinati
delitti con sentenza passata in giudicato, con esclusione del
procedimento disciplinare, e, quindi, con preclusione, in danno della
pubblica amministrazione, dell’esercizio dei poteri disciplinari e
della relativa autonoma valutazione dei fatti;
b) questione di legittimità costituzionale dell’art. 27 della
legge 11 marzo 1953, n. 87, nella parte in cui non prevede che la
Corte, quando ritenga fondata una questione di legittimità
costituzionale risolvibile con un intervento del legislatore, non
possa, prima di emettere la relativa declaratoria, assegnare un
termine per provvedere al legislatore, facendo poi seguire alla sua
inerzia la detta declaratoria all’inutile decorrenza del termine;
che, a parere del giudice remittente, risulterebbero violati gli
artt. 3, 4, 24, 35, 97 e 113 della Costituzione, in quanto
sussisterebbe una palese disparità di trattamento tra impiegati
pubblici e impiegati privati; sarebbero lesi il diritto del cittadino
al lavoro, il suo diritto di difesa nei confronti di atti della
pubblica amministrazione, e l’esigenza di imparzialità della stessa
pubblica amministrazione;
che l’Avvocatura Generale dello Stato, intervenuta in
rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso
per la inammissibilità delle questioni;
che, per quanto concerne la questione sub a), questa Corte, con
sentenza n. 971 del 1988, ha già dichiarato l’illegittimità
costituzionale, tra le altre, della norma ora censurata, nel testo
sostituito con legge 27 giugno 1942, n. 851, nella parte in cui non
prevede, in luogo del provvedimento di destituzione di diritto,
l’apertura e lo svolgimento del procedimento disciplinare;
che, a seguito e per effetto della ricordata sentenza, la norma
impugnata è stata espunta dall’ordinamento;
che, quindi, la questione sollevata è da dichiararsi
manifestamente inammissibile;
che, a seguito e per effetto della intervenuta declaratoria di
illegittimità costituzionale, va anche dichiarata manifestamente
inammissibile la questione sub b), in quanto deve ritenersi priva di
rilevanza nel giudizio a quo;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara manifestamente inammissibili:
a) la questione di legittimità costituzionale dell’art. 247
del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge
comunale e provinciale), nel testo sostituito con legge 27 giugno
1942, n. 851, in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 35, 97 e 113 della
Costituzione, sollevata dal T.A.R. per la Lombardia con la ordinanza
in epigrafe, perché già dichiarato costituzionalmente illegittimo
con la sentenza n. 971 del 1988;
b) la questione di legittimità costituzionale dell’art. 27
della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul
funzionamento della Corte costituzionale), in riferimento agli artt.
3, 4, 35, 97 e 113 della Costituzione, sollevata dallo stesso T.A.R.
per la Lombardia con la ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 luglio 1989.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: GRECO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 13 luglio 1989.
Il direttore della cancelleria: MINELLI