Ordinanza N. 409 del 2002
Corte Costituzionale
Data generale
26/07/2002
Data deposito/pubblicazione
26/07/2002
Data dell'udienza in cui è stato assunto
10/07/2002
Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici: Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI,
Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco
AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA;
decreto-legge 3 luglio 2001, n. 256 (Interventi urgenti nel settore
dei trasporti), convertito, con modificazioni, dalla legge 20 agosto
2001, n. 334, promosso con ordinanza emessa il 10 novembre 2001 dal
Tribunale di Torino nel procedimento civile D’Ambrogio Francesco
contro F.lli Elia S.r.l. ed altra, iscritta al n. 98 del registro
ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 11, 1ª serie speciale, dell’anno 2002.
Visto l’atto di costituzione della STEP s.r.l;
Udito nell’udienza pubblica del 2 luglio 2002 il Giudice relatore
Romano Vaccarella;
Udito l’avvocato Paolo Pacifici per la STEP s.r.l.
Ritenuto che, in sede di decisione di un processo civile di primo
grado, il Giudice onorario aggregato del Tribunale di Torino, con
ordinanza emessa il 10 novembre 2001, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale dell’art. 3 del decreto-legge 3 luglio
2001, n. 256 (Interventi urgenti nel settore dei trasporti),
convertito, con modificazioni, dalla legge 20 agosto 2001, n. 334, a
norma del quale l’ultimo comma dell’art. 26 della legge 6 giugno
1974, n. 298 – come modificato dall’art. 1 del decreto-legge 29 marzo
1993, n. 82, convertito con modificazioni dalla legge 27 maggio 1993,
n. 162 -, “si interpreta nel senso che la prevista annotazione sulla
copia del contratto di trasporto dei dati relativi agli estremi
dell’iscrizione all’albo e dell’autorizzazione al trasporto di cose
per conto di terzi possedute dal vettore, nonché la conseguente
nullità del contratto privo di tali annotazioni, non comportano
l’obbligatorietà della forma scritta del contratto di trasporto
previsto dall’art. 1678 del codice civile, ma rilevano soltanto nel
caso in cui per la stipula di tale contratto le parti abbiano scelto
la forma scritta”, per asserito contrasto, da un lato, con l’art. 3
della Costituzione, “sia per irragionevole disparità di trattamento,
sia per manifesta illogicità” e, dall’altro lato, con l’art. 77
Cost., stante la “carenza dei presupposti della necessità e
dell’urgenza, requisiti di validità costituzionale richiesti per
l’emanazione di un decreto-legge”;
che la questione è stata sollevata in un giudizio nel quale
D’Ambrogio Francesco, titolare dell’omonima ditta individuale di
trasporti, aveva convenuto, innanzi al tribunale di Torino, la F.lli
Elia S.r.l. e la STEP S.r.l. narrando “di aver intrattenuto con la
F.lli Elia dapprima – dal 16 agosto 1983 al settembre 1992 – ed in
seguito con la STEP, dal settembre 1992 in avanti, un rapporto di
appalto di servizi di trasporto autoveicoli” in ordine all’esecuzione
del quale lamentava violazioni tariffarie degli articoli 8 e 10 del
decreto ministeriale 18 novembre 1982 e chiedendo la restituzione dei
rimborsi da lui effettuati in favore delle convenute per spese
assicurative abnormi e fuori mercato, nonché delle spese sostenute
per percorsi a vuoto dell’autocarro attrezzato per trasporto veicoli;
che, riferisce il giudice a quo, le convenute si erano
costituite in giudizio contestando la natura di appalto del rapporto
intercorso con l’attore e, tra le altre eccezioni e difese, eccependo
la nullità, per difetto di forma scritta, del contratto d’appalto di
trasporti ex art. 13 del decreto ministeriale 18 novembre 1982;
che il giudice a quo rileva come appaia fondata l’eccezione
di nullità dei contratti di trasporto oggetto di causa per difetto
di forma scritta ad substantiam prescritta – alla stregua
dell’univoca interpretazione fornita dalla giurisprudenza di merito –
dalla disposizione di cui all’ultimo comma dell’art. 26 della legge
6 giugno 1974, n. 298, aggiunto dall’art. 1 del decreto-legge
29 marzo 1993, n. 82, convertito, con modificazioni, dalla legge
27 maggio 1993, n. 162, secondo cui “al momento della conclusione del
contratto di autotrasporto di cose per conto di terzi, a cura di chi
effettua il trasporto, sono annotati nella copia del contratto di
trasporto da consegnare al committente, pena la nullità del
contratto stesso, i dati relativi agli estremi dell’attestazione di
iscrizione all’albo e dell’autorizzazione al trasporto di cose per
conto di terzi rilasciati dai competenti comitati provinciali
dell’albo nazionale degli autotrasportatori (…), da cui risulti il
possesso dei prescritti requisiti di legge”;
che, ad avviso del giudice a quo, la norma denunciata di
illegittimità costituzionale (art. 3 del decreto-legge 3 luglio
2001, n. 256, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 agosto
2001, n. 334), retroattiva perché di interpretazione autentica,
comporterebbe il rigetto della suddetta eccezione, in quanto la
nullità del contratto privo delle prescritte annotazioni
riguarderebbe solo i contratti per i quali sia stata scelta dalle
parti la forma scritta;
che, dipendendo la validità dei contratti oggetto del
giudizio a quo dall’applicazione della norma denunciata, la questione
di legittimità costituzionale risulterebbe, ad avviso del
rimettente, rilevante ai fini della decisione della causa;
che l’art. 3 del decreto-legge 3 luglio 2001, n. 256,
realizzerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra coloro
che, non avendo effettuato le annotazioni richieste dall’art. 26,
ultimo comma, della legge 6 giugno 1974, n. 298, hanno stipulato il
contratto verbalmente (e non subiranno alcuna conseguenza) e coloro
che, avendo scelto la forma scritta, se ne vedranno dichiarare la
nullità;
che, inoltre, la norma interpretativa esibirebbe una ratio
antitetica rispetto a quella della norma interpretata, la quale
ultima si prefiggeva – mediante l’obbligo, sancito a pena di
nullità, di annotare sul contratto gli estremi della iscrizione
all’albo e dell’autorizzazione – lo scopo di scoraggiare e reprimere
il fenomeno dell’utilizzo di vettori abusivi, laddove la norma
interpretativa, consentendo ad libitum la forma verbale per il
contratto di autotrasporto, facilita proprio quel fenomeno
dell’abusivismo che la norma interpretata intendeva combattere;
che, in particolare, vi sarebbe una evidente illogicità e
contraddizione nel sistema provocata dall’addizione della norma
denunciata in quanto, all’assoluta libertà di scelta per le parti
tra forma verbale o scritta per il contratto di autotrasporto, si
contrapporrebbe, una volta concordata la forma scritta, la rigida
prescrizione di annotare sul contratto, a pena di nullità dello
stesso, gli estremi della iscrizione all’albo e dell’autorizzazione,
così scoraggiando i contraenti dal concludere per iscritto il
contratto di autotrasporto;
che il rimettente denuncia altresì la norma interpretativa
(introdotta con decreto-legge) per contrasto con l’art. 77 della
Costituzione “per carenza dei presupposti della necessità e
dell’urgenza, requisiti di validità costituzionale richiesti per
l’emanazione di un decreto-legge”, non esistendo alcuna situazione
legittimante il ricorso allo strumento eccezionale della decretazione
d’urgenza, tenuto conto che la norma interpretativa ha inciso su una
disposizione entrata in vigore ben otto anni prima e per la quale
l’urgenza neppure “potrebbe giustificarsi su un eventuale più
recente contrasto giurisprudenziale in quanto esiste univoco
orientamento interpretativo della giurisprudenza in materia”;
che si è costituita la STEP S.r.l., convenuta nel giudizio a
quo, per sostenere le ragioni di illegittimità costituzionale già
prospettate dal giudice rimettente, in particolare richiamando la
pressoché unanime interpretazione fornita dai giudici di merito
dell’art. 26 della legge 6 giugno 1974, n. 298, nel senso della
necessità che il contratto di autotrasporto di cose per conto di
terzi rivesta la forma scritta ad substantiam; sottolineando che la
nullità del contratto determina l’inapplicabilità al rapporto delle
tariffe di trasporto c.d. “a forcella” e la possibilità che il
mittente chieda al vettore la restituzione, a norma dell’art. 2033
cod. civ., dei corrispettivi pagati in esecuzione del contratto
nullo; osservando che l’azione sussidiaria di arricchimento senza
causa non sarebbe esperibile, secondo l’orientamento della Corte di
Cassazione, da colui che, come il vettore nella specie, col proprio
consenso abbia giustificato lo squilibrio economico a favore
dell’altra parte ed a proprio danno e che, comunque, l’azione ex
art. 2041 cod. civ. non potrebbe comportare l’applicazione diretta
della disciplina tariffaria; insistendo sul rilievo che, per effetto
della norma interpretativa denunciata, verrebbero trattate in modo
disomogeneo situazioni omogenee, posto che, nel caso di contratto di
autotrasporto stipulato per iscritto, la nullità conseguirebbe alla
mancata annotazione dei requisiti indicati dalla legge, mentre
nell’ipotesi di contratto stipulato verbalmente lo stesso sarebbe
valido, senza alcuna plausibile ragione differenziatrice e con un
vulnus – determinato dalla portata retroattiva della norma – al
principio di affidamento delle parti;
che inoltre, ad avviso della STEP S.r.l., la norma
denunciata, della cui natura interpretativa sarebbe lecito dubitare,
dovrebbe esser censurata – secondo profili immediatamente conseguenti
a quelli evidenziati dal remittente – anche con riguardo al parametro
dell’art. 41 della Costituzione, per le ripercussioni che la illogica
disparità di trattamento avrebbe sul piano economico – come
immediata conseguenza della violazione dell’art. 3 Cost. con il
favorire le imprese che optino deliberatamente per la conclusione di
un contratto nullo al fine di non osservare la disciplina tariffaria,
nonché con riguardo al parametro degli artt. 101, 102 e 104 della
Costituzione in quanto il legislatore avrebbe imposto al giudice
un’interpretazione dal giudice stesso sistematicamente respinta, e
quindi prevaricato la funzione giurisdizionale mediante l’utilizzo
del piano astratto delle fonti normative al fine di ingerirsi nella
risoluzione delle concrete fattispecie in giudizio;
che la STEP S.r.l. ha successivamente depositato una memoria
illustrativa nella quale ha, da un lato, richiamato la sentenza
n. 525 del 2000 di questa Corte e, dall’altro, richiamato altre
ordinanze di giudici di merito che hanno rimesso la medesima
questione alla Corte costituzionale, ovvero sospeso il giudizio in
attesa della pronuncia sulla legittimità costituzionale o, ancora,
interpretato la norma denunciata nel senso della non retroattività;
Considerato che dall’ordinanza di rimessione risulta che il
rapporto tra l’attore D’Ambrogio ed una convenuta (la F.lli Elia
S.r.l.) si era protratto dal 16 agosto 1983 al settembre 1992, e
pertanto non era ad esso applicabile l’ultimo comma dell’art. 26
della legge 6 giugno 1974 n. 298, in quanto entrato in vigore
soltanto il 29 marzo 1993;
che, relativamente al rapporto intrattenuto dal D’Ambrogio
con l’altra convenuta (la STEP S.r.l.) “dal settembre 1992 in
avanti”, il rimettente, da un lato, omette di precisare fino a quale
data (in particolare, se posteriore al 29 marzo 1993) tale rapporto
si sarebbe protratto e, dall’altro lato, omette di pronunciarsi sul
punto – decisivo ai fini dell’applicabilità, sia pure ad una parte
soltanto dei trasporti effettuati, della norma introdotta il 29 marzo
1993 – della qualificazione giuridica del rapporto stesso,
limitandosi il rimettente a riferire quella prospettata dall’attore
(“appalto di servizi di trasporti”) e, genericamente, la
contestazione del convenuto;
che difetta, pertanto, la rilevanza della questione quanto
alla causa tra la D’Ambrogio S.r.l. e la F.lli Elia S.r.l., così
come deve ritenersi del tutto inadeguato l’esame della rilevanza
compiuto dal rimettente quanto alla causa D’Ambrogio-STEP S.r.l.,
essendo evidente che la denunciata incostituzionalità della norma
interpretativa presuppone la certa applicabilità nel giudizio a quo
della norma interpretata;
che, conseguentemente, le questioni di legittimità
costituzionale vanno dichiarate manifestamente inammissibili, quanto
alla prima causa, per la sua palese irrilevanza e, quanto alla
seconda causa, per difetto assoluto di motivazione circa la
rilevanza.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara manifestamente inammissibili le questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 3 decreto-legge 3 luglio 2001,
n. 256 (Interventi urgenti nel settore dei trasporti), convertito,
con modificazioni, dalla legge 20 agosto 2001, n. 334, sollevate, in
relazione agli artt. 3 e 77 della Costituzione dal Tribunale di
Torino, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002.
Il Presidente: Ruperto
Il redattore: Vaccarella
Il cancelliere: Fruscella
Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2002.
Il cancelliere: Fruscella