Ordinanza N. 415 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
23/11/1993
Data deposito/pubblicazione
23/11/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/11/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.
Vincenzo CAIANIELLO, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
prof. Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI;
del d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (Testo unico delle leggi in materia
di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione,
cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) e
dell’art. 16 della legge 26 febbraio 1990 n. 162 (Aggiornamento,
modifiche ed integrazioni della legge 22 dicembre 1975, n. 685,
recante disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza) promossi con ordinanze emesse il 16 maggio 1992
dal Pretore di Roma, il 16 giugno 1992 dal Pretore di Padova, il 21 e
22 maggio 1992 dal Tribunale di Roma, il 21 marzo 1991 dal Pretore di
Bergamo, sezione distaccata di Clusone, il 5 ottobre 1992 dal giudice
per le indagini preliminari presso il Tribunale di Treviso, il 12
ottobre 1992 dal Pretore di Roma (n. 2 ordinanze) ed il 18 novembre
1992 dal Pretore di Modena (n. 2 ordinanze), rispettivamente iscritte
ai nn. 431, 487, 501, 502, 729, 776, 785 e 804 del registro ordinanze
1992 ed ai nn. 43 e 44 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 37, 39, 40, 48, 52 e 54,
prima serie speciale, dell’anno 1992, e nn. 3 e 7, prima serie
speciale, dell’anno 1993;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 20 ottobre 1993 il Giudice
relatore Renato Granata;
Ritenuto che nel corso di un procedimento ex art. 76 d.P.R. 9
ottobre 1990 n. 309 pendente innanzi al Pretore di Roma nei confronti
di Scalas Stefano – il quale, trovato in possesso per uso personale
di 0,50 gr. sostanza stupefacente del tipo cocaina, in misura quindi
inferiore alla dose media giornaliera, era stato (ripetutamente)
avviato al servizio pubblico per le tossicodipendenze della U.S.L.,
ma dopo aver iniziato il programma terapeutico, lo aveva interrotto
senza giustificato motivo sicché il Procuratore della Repubblica
aveva chiesto l’applicazione delle misure di cui al cit. art. 76 – il
Pretore ha sollevato, con ordinanza del 16 maggio 1992, questione di
legittimità costituzionale in via incidentale degli artt. 75 e 76
d.P.R. n. 309/90 in riferimento agli artt. 3, 10, 32 e 36 della
Costituzione;
che in particolare il giudice rimettente dubita della
legittimità costituzionale: a) dell’art. 75, commi 5, 6 e 7, d.P.R.
n. 309/90 cit., per contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nella
parte in cui non prevede alcun obbligo di notificazione al
tossicodipendente o tossicofilo della contestazione dell’avvenuto
consumo di sostanze stupefacenti, che non sia stata possibile
effettuare immediatamente, né prevede un termine entro il quale
l’interessato possa presentare scritti e documenti difensivi; b)
degli artt. 75 e 76 d.P.R. n. 309/90 cit., per contrasto con l’art.
32 della Costituzione, nella parte in cui prevedono che il soggetto
trovato in possesso di sostanza stupefacente destinata all’uso
personale in dose non superiore a quella media giornaliera si
assoggetti, in alternativa alle misure previste nei detti articoli, a
programma terapeutico e socio-riabilitativo; c) dell’art. 76, comma
1, d.P.R. n. 309/90 cit., per contrasto con l’art. 3 della
Costituzione, nella parte in cui prevede l’applicazione di “una o
più” delle misure indicate alle lettere a), b), c), d), e), f), g),
ed h) del medesimo primo comma in quanto all’assuntore di sostanze
stupefacenti è ingiustificatamente riservato un trattamento
deteriore consistente nella non sufficiente determinatezza della
sanzione amministrativa; d) dell’art. 76, comma 1, lett. a), b), e),
ed l), d.P.R. n. 309/90 cit., per contrasto con l’art. 3 della
Costituzione, perché tali misure (consistenti nel divieto di
allontanarsi dal comune di residenza, nell’obbligo di presentazione
bisettimanale alla Polizia di Stato o ai Carabinieri, nella
sospensione del passaporto o degli altri documenti equipollenti)
hanno un contenuto sostanzialmente coincidente con le misure
cautelari previste dagli artt. 281, 282, 283 c.p.p. e quindi
l’assuntore di stupefacenti viene a ricevere lo stesso trattamento
riservato a soggetti nei cui confronti sussistono gravi indizi di
colpevolezza in ordine alla commissione di reati; e) dell’art. 76,
comma 1, lett. f), d.P.R. n. 309/90 cit., per contrasto con gli artt.
10 e 36 della Costituzione, nella parte in cui prevede una
prestazione di attività lavorativa non retribuita a favore della
collettività almeno per una giornata lavorativa alla settimana e
quindi una fattispecie di lavoro obbligatorio senza retribuzione; f)
dell’art. 76, comma 1, lett. h), d.P.R. n. 309/90 cit. (ossia
l’affidamento al servizio sociale) per contrasto con l’art. 3 della
Costituzione giacché l’istituto dell’affidamento in prova al
servizio sociale, come previsto dall’art. 47 legge n. 354/75,
presuppone pur sempre la condanna irrevocabile per un reato, mentre
l’assuntore di stupefacenti non ha commesso reati, ma ha solo violato
disposizioni amministrative;
che in un analogo procedimento per l’applicazione a Crivellaro
Filippo della sanzione ( ex art. 76 cit.) dell’obbligo di
presentazione presso la stazione dei carabinieri il Pretore di
Padova, con ordinanza del 16 giugno 1992, ha sollevato questione
incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 75 e 76 d.P.R.
9 ottobre 1990 n. 309 per contrasto con l’art. 3 della Costituzione
sotto il profilo della disparità di trattamento per il fatto che la
sanzionabilità in via amministrativa della detenzione per uso
personale di sostanze stupefacenti in misura inferiore alla d.m.g.
risulta dipendere irragionevolmente dalle modalità del suo
accertamento essendo tali sanzioni escluse in caso di mero
accertamento del consumo pregresso di droga;
che con ordinanza del 21 maggio 1992 il Tribunale di Roma – in
sede di giudizio di rinvio nei confronti di De Angelis Luigi,
imputato del reato di detenzione di sostanze stupefacenti, a seguito
della sentenza di annullamento della Corte di cassazione del 19
dicembre 1991 – ha sollevato questione di legittimità costituzionale
in via incidentale dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (Testo
unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e
sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi
stati di tossicodipendenza) in riferimento agli artt. 3, 24, 27 e 32
della Costituzione nella parte in cui non prevede l’applicabilità
dell’attenuante di cui al comma 5 anche nei casi di detenzione di
sostanza stupefacente che ecceda in misura non lieve la dose media
giornaliera qualora, in relazione alle circostanze del caso, possa
essere riconosciuta la inequivoca destinazione della sostanza stessa
al consumo personale;
che con successiva ordinanza del 22 maggio 1992 il medesimo
Tribunale di Roma – nel corso del processo penale nei confronti di Di
Mastromatteo Maurizio, imputato del reato di detenzione di sostanza
stupefacente – ha sollevato analoga questione di legittimità
costituzionale svolgendo le stesse argomentazioni;
che il g.i.p. presso il tribunale di Treviso con ordinanza del 5
ottobre 1992 – nel corso del processo penale nei confronti di
Pellegrino Loredana, imputata del reato di detenzione di sostanza
stupefacente – ha sollevato questione di legittimità costituzionale
dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 – in riferimento agli artt. 3
e 27 della Costituzione – per sospetta violazione sia del principio
di eguaglianza, perché vengono trattate in modo eguale (con la
previsione dello stesso regime sanzionatorio) situazioni disomogenee,
quali la detenzione di sostanze stupefacenti per spaccio e la
detenzione per consumo personale delle stesse, sia del principio
secondo cui la pena deve tendere alla rieducazione del condannato
(art. 27 della Costituzione), finalità questa non realizzabile nel
caso di detenzione per uso personale perché la misura della pena
base è eccessivamente elevata;
che in un procedimento ex art. 76 d.P.R. n. 309/90 nei confronti
di Cristinelli Armando il Pretore di Bergamo, sezione distaccata di
Clusone, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli
artt. 16 legge 26 giugno 1990 n. 162 e 76 d.P.R. 9 ottobre 1990 n.
309 – sul presupposto interpretativo che essi prevedano
l’applicazione di sanzioni restrittive della libertà personale, e
dunque penali, per il “reato” di detenzione di stupefacenti in misura
inferiore alla dose media giornaliera – per sospetta violazione
dell’art. 3 della Costituzione (perché la scelta legislativa di
sanzionare penalmente una condizione soggettiva differenzia
illegittimamente l’assuntore di sostanze stupefacenti rispetto
all’assuntore di sostanze alcooliche); degli artt. 3, 24 e 27 della
Costituzione (perché l’accertamento della condotta avviene mediante
un procedimento in camera di consiglio strutturato sul modello
dell’incidente di esecuzione anziché sul modello generale del
processo penale; procedimento peraltro che è irragionevolmente
limitato nelle possibilità di impugnazione e che non assicura le
garanzie processuali ordinarie); dell’art. 27 della Costituzione
(perché le “misure”, previste dalle norme censurate, comminate ed
irrogabili sono del tutto incongruenti rispetto alla condotta
sanzionata e, perciò, non tendono alla rieducazione del condannato);
dell’art 102, comma 2, della Costituzione (perché, attribuendo al
pretore e al tribunale per i minori la competenza ad esercitare la
giurisdizione penale con forme del tutto speciali, il legislatore ha
introdotto un giudice speciale);
che le medesime norme sono state censurate dallo stesso pretore
rimettente sul diverso (ed alternativo) presupposto interpretativo
della natura amministrativa delle misure restrittive applicabili in
caso di detenzione di stupefacenti in misura inferiore alla dose media giornaliera per sospetta violazione dell’art. 3 della
Costituzione (per irragionevolezza e per disparità di trattamento,
perché viene prevista una diversa modalità di inflizione della
sanzione rispetto ad altre condotte qualificate come reato);
dell’art. 13 della Costituzione (perché il pretore agirebbe non
quale autorità giudiziaria, bensì quale autorità amministrativa, e
quindi mancherebbe il controllo da parte dell’autorità giudiziaria
di misure restrittive della libertà personale); dell’art. 24 della
Costituzione (perché nel procedimento di irrogazione delle “misure”
previste dalle norme censurate, non vi è luogo per alcuna forma di
istruzione probatoria e la stessa scelta delle “misure” e la
quantificazione della loro durata è rimessa al sostanziale arbitrio
del pretore);
che nel corso di due distinti procedimenti ex art. 76 d.P.R. n.
309/90 il Pretore di Roma, con due ordinanze del 12 ottobre 1992 (di
identico contenuto) ha sollevato questione di legittimità
costituzionale dell’art. 76 cit., oltre che del precedente art. 75,
commi 9-12, per sospetta violazione dell’art. 32 della Costituzione
(perché, prevedendo che il soggetto trovato in possesso di sostanza
stupefacente destinata all’uso personale in dose non superiore a
quella media giornaliera si assoggetti, in alternativa alle misure
previste nei detti articoli, ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo, contemplano un trattamento sanitario sostanzialmente
obbligatorio senza che sussista un’esigenza di tutela della salute
collettiva); dell’art. 27, comma 3, della Costituzione (per
l’inefficacia riabilitativa del sistema sanzionatorio, anche in
ragione della sproporzione rispetto alla condotta dell’agente);
dell’art. 3 della Costituzione (per disparità di trattamento dei
tossicodipendenti o tossicofili rispetto agli assuntori di tabacco o
di alcolici e per irragionevolezza non sussistendo pericolo di
spaccio); dell’art. 24 della Costituzione (perché sanzioni di natura
penale – quali sono quelle di cui all’art. 76 cit. – possono essere
applicate soltanto con le garanzie tipiche del processo penale di
cognizione e non già con il procedimento di cui all’art. 666
c.p.p.);
che con due ordinanze in data 18 novembre 1992 il Pretore di
Modena, nel corso di un procedimento ex art. 76 d.P.R. n. 309/90 ha
sollevato questione di legittimità costituzionale: a) degli artt. 75
e 76 lett. a), b), c), d), e), f), ed h) d.P.R. n. 309/90 nella parte
in cui prevedono che il soggetto trovato in possesso di sostanza
stupefacente destinata all’uso personale in dose non superiore a
quella media giornaliera si assoggetti, in alternativa alle misure
previste nei detti articoli, ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo per sospetto contrasto con l’art. 32 della Costituzione
perché contemplano un trattamento sanitario sostanzialmente
obbligatorio che non persegue il fine della tutela della salute
collettiva; b) dell’art. 76, comma 1, lett. a), b), c), e) –
limitatamente alla sospensione del passaporto – ed h) d.P.R. n.
309/90 cit. perché rende applicabile agli assuntori di sostanze
stupefacenti le stesse misure cautelari previste per i soggetti nei
cui confronti sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine alla
commissione di uno o più reati ovvero siano accertate situazioni
soggettive di pericolosità ex lege n. 1423/56, ovvero corrispondono
e misure alternative alla detenzione; c) dell’art. 76, comma 1, lett.
a), b), c) e d) d.P.R. n. 309/90 cit., per violazione del principio
di legalità e di tassatività dei reati (applicabile anche alle
misure di prevenzione ante delictum) perché non sono determinati i
criteri per l’applicazione delle misure suddette sostanzialmente
rimesse alla discrezionalità del pretore; d) dell’art. 76, comma 1,
lett. f), d.P.R. n. 309/90 cit. nella parte in cui, obbligando
l’assuntore di sostanze stupefacenti ad una prestazione lavorativa
gratuita, viola il diritto ad una retribuzione proporzionata alla
quantità e qualità del lavoro svolto;
che in tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato concludendo per l’inammissibilità o
l’infondatezza delle questioni sollevate;
Considerato che in esito al referendum indetto con d.P.R. 25
febbraio 1993 (in G.U. n. 50 del 2 marzo 1993), sono stati abrogati
(come risulta dal d.P.R. 5 giugno 1993 n. 171), tra l’altro, l’art.
73, comma 1, limitatamente alle parole: “e 76”; l’art. 75, comma 1,
limitatamente alle parole: “in dose non superiore a quella media
giornaliera, determinata in base ai criteri indicati al comma 1
dell’art. 78”; l’art. 75, comma 12, limitatamente alle parole:
“rendendolo edotto delle conseguenze cui può andare incontro. Se
l’interessato non si presenta innanzi al prefetto, o dichiara di
rifiutare il programma ovvero nuovamente lo interrompe senza
giustificato motivo, il prefetto ne riferisce al procuratore della
Repubblica presso la pretura o al procuratore della Repubblica presso
il tribunale per i minorenni, trasmettendo gli atti ai fini
dell’applicazione delle misure di cui all’art. 76. Allo stesso modo
procede quando siano commessi per la terza volta i fatti di cui ai
commi 1 e 2 del presente articolo”; l’art. 75, comma 13,
limitatamente alle parole: “e nell’art. 76”; l’art. 76 del testo
unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e
sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi
stati di tossicodipendenza, approvato con d.P.R. 9 ottobre 1990, n.
309;
che pertanto, per le censure che investono sotto più profili
l’art. 76 d.P.R. n. 309/90, è venuta meno – successivamente alle
ordinanze dei giudici rimettenti – la norma oggetto delle questioni
incidentali di costituzionalità (non diversamente che per l’art. 16
legge 26 giugno 1990 n. 162, nella parte in cui l’art. 76 cit. è
riproduttivo di tale disposizione);
che per le censure che investono (solo od anche) l’art. 75
d.P.R. n. 309/90 le questioni di costituzionalità (pur riguardando
la disciplina del procedimento innanzi al Prefetto e delle sanzioni
amministrative applicabili da quest’ultimo) sono sollevate in sede di
procedimento sanzionatorio innanzi al Pretore (art. 76 d.P.R. n.
309/90) sul presupposto, secondo i giudici rimettenti, che il
legittimo svolgimento del procedimento prefettizio avrebbe
condizionato (prima del referendum) anche la legittimità del
successivo procedimento innanzi al pretore; sicché l’abrogazione di
quest’ultimo richiede, in quanto jus superveniens, un nuovo esame
della rilevanza delle questioni di costituzionalità afferenti
all’art. 75 cit.;
che anche l’art. 73 d.P.R. n. 309/90 – censurato con riferimento
al comma quinto che prevede la fattispecie criminosa attenuata del
fatto di lieve entità – risulta modificato, per effetto del referendum, nel suo primo comma in quanto la condotta incriminata fa salve
le ipotesi previste dai successivi artt. 75 e 76, i quali sono stati,
rispettivamente, il primo modificato per abrogazione delle parti
sopra indicate ed il secondo integralmente abrogato; sicché, essendo
venuto meno il reato base di detenzione di sostanze stupefacenti per
uso personale (cfr. Cass. S.U. 19 luglio 1993 n. 17, imp.
Gambacorta), è conseguentemente venuta meno anche la relativa
ipotesi attenuata;
che riguardo a tutte le questioni così sollevate, pertanto, si
impone la restituzione degli atti ai giudici rimettenti per valutare
se, alla stregua della sopravvenuta modifica del quadro normativo, le
questioni stesse siano tuttora rilevanti;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, ordina la restituzione degli atti ai giudici
rimettenti indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 novembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: GRANATA
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 23 novembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA