Ordinanza N. 431 del 1991
Corte Costituzionale
Data generale
27/11/1991
Data deposito/pubblicazione
27/11/1991
Data dell'udienza in cui è stato assunto
20/11/1991
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
decreto legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la
tutela delle zone di particolare interesse ambientale) convertito in
legge 8 agosto 1985, n. 431 promosso con ordinanza emessa il 22
febbraio 1991 dal Pretore di Brescia (sez. distaccata di Salò) nel
procedimento penale a carico di Lopresto Corrado, iscritta al n. 305
del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 1991;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 1991 il Giudice
relatore Mauro Ferri;
Ritenuto che il Pretore di Brescia, nel procedimento penale a
carico di imputato del reato previsto dall’art. 1-sexies del decreto
legge 27 giugno 1985 n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle
zone di particolare interesse ambientale), convertito in legge 8
agosto 1985 n. 431, per aver eseguito lavori senza autorizzazione in
zona sottoposta al vincolo previsto dalla legge stessa, ha sollevato
questione di legittimità costituzionale della predetta norma, in
riferimento all’art. 3 della Costituzione;
che ad avviso dell’autorità remittente la norma pone una
irrazionale disparità di trattamento tra chi compia opere di
trasformazione non autorizzate in zona vincolata ai sensi della legge
29 giugno 1939 n. 1497 (“Protezione delle bellezze naturali”), il cui
pregio ambientale è stato accertato da competenti organi tecnici a
seguito di procedimento in contraddittorio con gli interessati, e
chi, invece, compia analoghe opere in zone individuate per categoria,
e quindi indipendentemente da una valutazione specifica del loro
pregio estetico; ciò in quanto nel primo caso, che il giudice a quo
ritiene sicuramente più grave, la più rigorosa sanzione prevista
dalla norma censurata non si applicherebbe, mentre dovrebbe
applicarsi nel secondo caso;
che, inoltre, l’elevata entità della pena, tale da non
consentire la concessione della sospensione condizionale, pur se
inflitta nel minimo edittale e con un’attenuante, non sarebbe
confortata nemmeno dalla certezza che la violazione in concreto
compiuta sia effettivamente lesiva del bene che si vorrebbe tutelare
(il paesaggio) poiché il reato in questione ha carattere meramente
formale;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato,
concludendo per l’inammissibilità o comunque per l’infondatezza
della sollevata questione.
Considerato che il giudice a quo ritiene di dover fare
applicazione della norma censurata nel caso sottoposto al suo esame,
con interpretazione che, allo stato, non risulta contraddetta da
diversa uniforme giurisprudenza, sicché non può essere accolta
l’eccezione d’inammissibilità sollevata dall’Avvocatura dello Stato
in ordine alla inapplicabilità, nella fattispecie, della
disposizione impugnata;
che, nel merito, già con la sentenza n. 151 del 1986, questa
Corte ha avuto modo di rilevare che la legge n. 431 del 1985 “si
discosta nettamente dalla disciplina delle bellezze naturali
contenuta nella legislazione precostituzionale di settore (legge 29
giugno 1939 n. 1497), che infatti prevede una tutela diretta alla
preservazione di cose e di località di particolare pregio estetico
isolatamente considerate, mentre la normativa impugnata, proprio per
l’estensione e la correlativa intensità dell’intervento protettivo –
imposizione del vincolo paesistico (e quindi preclusioni di
sostanziali alterazioni della forma del territorio) in ordine a vaste
porzioni e a numerosi elementi del territorio stesso, individuati
secondo tipologie paesistiche, ubicazionali o morfologiche
rispondenti a criteri largamente diffusi e consolidati da lungo tempo
– introduce una tutela del paesaggio improntata a integrità e
globalità, implicante una riconsiderazione assidua dell’intero
territorio nazionale alla luce e in attuazione del valore estetico-culturale”; di tal ché le censure avverso un differente trattamento
sanzionatorio di violazioni operanti su piani diversi sono da
ritenersi manifestamente infondate;
che, inoltre, anche sotto il profilo della determinazione di un
elevato minimo edittale, questa Corte non vede motivi per discostarsi
dai rilievi espressi con l’ordinanza n. 377 del 1990 (in ordine
all’art. 20 lett. c della legge 28 febbraio 1985 n. 47, cui rinvia
quoad penam l’art. 1-sexies della legge n. 431 del 1985) con la quale
è stato affermato che detto rigore sanzionatorio – espressivo di
oggettiva gravità dell’illecito, quale che ne sia la concreta
dimensione quantitativa – è, nei reati urbanistici, giustificato
dall’esigenza, correlata all’intento perseguito dal legislatore di
predisporre strumenti che garantiscano il controllo dell’uso del
territorio di assicurare l’effettività degli strumenti stessi
mediante l’inasprimento del regime sanzionatorio: inasprimento
collegato, tra l’altro, all’accresciuta sensibilità del legislatore
verso fenomeni reali di degrado urbanistico;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, della norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1-sexies del decreto legge 27 giugno 1985 n.
312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare
interesse ambientale), convertito in legge 8 agosto 1985 n. 431,
sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Pretore
di Brescia (sez. distaccata di Salò) con l’ordinanza indicata in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 novembre 1991.
Il Presidente: CORASANITI
Il redattore: FERRI
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 27 novembre 1991.
Il direttore della cancelleria: MINELLI