Ordinanza N. 432 del 1989
Corte Costituzionale
Data generale
25/07/1989
Data deposito/pubblicazione
25/07/1989
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/07/1989
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO,
dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele
PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI,
prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.
Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
Lombardia 27 marzo 1985, n. 22 (Interpretazione autentica dell’art.
36 della legge regionale 29 novembre 1984, n. 60), promosso con
ordinanza emessa il 15 luglio 1988 dal TAR per la Lombardia – Sez.
staccata di Brescia – sul ricorso proposto da D’Amico Santo contro la
Regione Lombardia ed altri, iscritta al n. 820 del registro ordinanze
1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3,
prima serie speciale, dell’anno 1989;
Visto l’atto di intervento della Regione Lombardia;
Udito nella camera di consiglio 12 aprile 1989 il Giudice relatore
Vincenzo Caianiello;
Ritenuto che nel corso di un giudizio diretto all’annullamento del
concorso per l’accesso alla seconda qualifica funzionale dirigenziale
nonché della relativa graduatoria, promosso da un dipendente
regionale classificatosi come idoneo non vincitore, il TAR per la
Lombardia, sez. staccata di Brescia, con ordinanza del 15 luglio
1988, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della
legge della Regione 27 marzo 1985, n. 22, recante l’interpretazione
autentica dell’art. 36 della precedente legge regionale 29 novembre
1984, n. 60, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione,
nella parte in cui, ai fini del concorso per l’accesso dei funzionari
regionali alla seconda qualifica funzionale dirigenziale, considera
quali uffici, utili per la valutazione del relativo incarico di
“responsabile”, esclusivamente quelli istituiti in applicazione della
anteriore legge regionale 1° agosto 1979, n. 42, e successive
modificazioni e integrazioni;
che ad avviso del giudice a quo, la legge interpretativa,
intervenuta dopo la scadenza del termine per la presentazione dei
documenti da parte dei candidati, impedirebbe di considerare, ai fini
della procedura concorsuale, la preposizione a strutture
preesistenti, così incidendo direttamente sulle aspettative
legittimamente consolidate di alcuni dipendenti;
che sotto altro profilo, il giudice rimettente, sospettando che
la legge abbia inteso privilegiare la posizione acquisita da taluni
dipendenti (dirigenti di servizio) “più prossimi all’area delle
decisioni politiche e di alta amministrazione”, in danno di altri
(responsabili di ufficio), rileva che in virtù della nuova normativa
alla seconda categoria di personale non sarebbe nemmeno consentito di
conseguire l’integrale punteggio dei titoli di servizio ivi previsto
(punti 40), articolato in un periodo massimo di 10 anni che non può
maturare per nessuno, decorrendo esso soltanto dalla data di entrata
in vigore della legge regionale 1° agosto 1979, n. 42, e non più da
epoca precedente;
che, infine, poiché ai sensi dell’art. 36 della legge regionale
n. 60 del 1984 ai dirigenti di servizio erano riservati 20 punti, per
il solo fatto di essere “in atto” titolari del relativo incarico, la
legge regionale denunciata avrebbe determinato una più marcata
discriminazione tra le cennate categorie di dipendenti, superando
così il limite della ragionevolezza nei confronti di posizioni che,
se pur non identiche, sono entrambe espressione della medesima
capacità direttiva in capo ai singoli funzionari;
che, nel presente giudizio ha spiegato intervento tardivo la
Regione Lombardia, mentre non si è costituita la parte privata;
Considerato che la natura, formale e sostanziale, di legge
interpretativa, con efficacia retroattiva, della legge ora impugnata
è stata già riconosciuta da questa Corte con sentenza n. 879 del
1988, nella quale (punto 1 della motivazione) è stato messo in
evidenza (ai fini della irrilevanza della relativa questione) il
vantaggio conseguente all’intervento interpretativo, pur sopravvenuto
nel corso della procedura concorsuale già avviata;
che, a tal riguardo, deve essere ribadito l’orientamento di
questa Corte nel senso che rimane affidato al prudente apprezzamento
del legislatore la possibilità di modificare l’assetto di rapporti
già definiti da precedenti leggi, quando risulti in concreto che
“certe posizioni siano state acquisite sulla base di leggi che, ad un
più approfondito esame o a seguito dell’esperienza derivante dalla
loro applicazione, non rispondano a criteri di equità” (sentenza n.
56 del 1989);
che, nella specie, la prima norma regolatrice del concorso (art.
36, comma quarto, lett. c1, richiamato), nell’attribuire il punteggio
all’incarico “in atto” di dirigente di servizio, faceva esplicito
riferimento alla precedente legge regionale n. 42 del 1979 – che
aveva appunto provveduto alla organizzazione dell’apparato
amministrativo regionale in servizi e uffici ed alla istituzione
delle relative qualifiche – mentre analogo riferimento temporale
veniva nella stessa norma omesso per la restante categoria di
personale interessato al concorso;
che la legge interpretativa sopravvenuta si è data carico,
implicitamente, di ancorare alla stessa data della entrata in vigore
della citata legge regionale n. 42 del 1979 la decorrenza
dell’incarico di responsabile di ufficio, per evidenti ragioni di
equità;
che pertanto la legge impugnata, lungi dall’avere introdotto un
elemento distorsivo rispetto ad aspettative legittimamente acquisite
da alcuni candidati al concorso – come si sostiene nell’ordinanza di
rimessione -, ha invece perseguito finalità perequatrici nei
riguardi delle diverse categorie di personale, consentendo che il
requisito di anzianità nell’incarico, rispettivamente di dirigente
di servizio e di responsabile di ufficio, fosse riferito ad una
stessa data, così dandosi attuazione ai principi contenuti nei
parametri costituzionale invocati;
che, per quanto riguarda l’ulteriore profilo di illegittimità
costituzionale, si sostiene nell’ordinanza di rimessione che la
previsione normativa avrebbe superato il limite della ragionevolezza,
perché avrebbe fissato un punteggio massimo di titoli di servizio
(40 punti), articolato in un periodo di 10 anni che mai si sarebbe
potuto maturare, per effetto della cennata decorrenza del dies a quo,
per nessuno dei responsabili degli uffici, privi per di più della
dotazione iniziale di 20 punti riconosciuta invece ai dirigenti dei
servizi;
che in proposito va precisato che l’art. 36, quarto comma, della
legge regionale n. 60 del 1984, come interpretato dalla sopravvenuta
legge regionale n. 22 del 1985, prevede, per la formulazione della
graduatoria del concorso, tre distinti punteggi riferiti ai titoli di
servizio prestato, ai titoli di studio ed infine ai titoli connessi
allo svolgimento di specifiche funzioni, e che in tale ultima
categoria di titoli, per la quale è appunto previsto il punteggio
massimo di 40 punti, reca ulteriori distinzioni in relazione
all’incarico in atto delle funzioni di dirigente di servizio ai sensi
della legge regionale n. 42 del 1979 (20 punti), allo svolgimento
pregresso delle medesime funzioni di dirigente di servizio (6 punti
per anno) nonché allo svolgimento delle funzioni di responsabile di
ufficio istituito in applicazione della stessa legge regionale n. 42
cit. (4 punti per anno);
che, anche sotto il secondo dei suddetti profili, la questione
non è fondata perché ad escludere la denunciata irragionevolezza
della previsione del punteggio di 40 punti, ritenuto nell’ordinanza
irraggiungibile da parte di alcuni dipendenti, appare sufficiente
che, fra le potenziali categorie di candidati, almeno una alla data
del concorso avesse la possibilità in astratto di raggiungere il
suindicato punteggio massimo, anche in virtù della dotazione
iniziale di 20 punti prevista nella stessa disposizione, per la quale
questa Corte ha già escluso profili di illegittimità costituzionale
in riferimento agli stessi parametri ora invocati, in considerazione
della transitorietà della relativa disciplina e della finalità da
essa perseguita, in sede di prima attuazione dell’accordo nazionale
del 1983, di agevolare l’accesso alla più alta qualifica
dirigenziale di chi già si trovava nella posizione a questa
corrispondente, evitando così lo sconvolgimento delle posizioni
ricoperte da quei dipendenti (sentenza n. 331 del 1988, punto 3 e
seguenti della motivazione);
Visti gli artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, comma secondo, delle Norme integrative per i giudizi davanti
la Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale della legge della Regione Lombardia 27 marzo 1985, n.
22 (Interpretazione autentica dell’art. 36 della legge regionale 29
novembre 1984, n. 60), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97
della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la
Lombardia, sez. staccata di Brescia, con l’ordinanza indicata in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1989.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: CAIANIELLO
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 25 luglio 1989.
Il cancelliere: DI PAOLA