Ordinanza N. 432 del 1991
Corte Costituzionale
Data generale
27/11/1991
Data deposito/pubblicazione
27/11/1991
Data dell'udienza in cui è stato assunto
20/11/1991
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE,
prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,
prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice
di procedura penale (testo approvato con decreto legislativo 28
luglio 1989, n. 271) promosso con ordinanza emessa il 1° dicembre
1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
Ancona nel procedimento penale a carico di Masera Nino ed altri,
iscritta al n. 339 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale,
dell’anno 1991;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 6 novembre 1991 il Giudice
relatore Mauro Ferri;
Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Ancona ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 24
della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 126 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e
transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con
decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), “nella parte in cui non
prevede che il p.m., nei processi iniziati con il vecchio rito e
restituiti dal g.i. all’a.g.o. requirente ex art. 258 delle norme di
attuazione, dia avviso ex art. 408 secondo comma c.p.p. alla parte
offesa dei suoi diritti riconosciuti appunto dalla norma,
consentendogli di dichiarare di voler essere informata circa
l’eventuale archiviazione”;
che il giudice remittente, premesso che il pubbico ministero ha
presentato richiesta di archiviazione in data 8 novembre 1990, rileva
che il procedimento ebbe ad iniziare con il rito abrogato e che, non
essendosi verificate le condizioni di cui all’art. 242 n. 1 delle
norme di attuazione, lo stesso il 24 ottobre 1989 è ritornato alla
Procura della Repubblica ex art. 258 delle norme medesime e, proprio
perché il procedimento era iniziato con il rito abrogato, le parti
offese – che avevano all’epoca rivestito il ruolo di parti civili –
non hanno ricevuto la notifica della richiesta di archiviazione;
che, il giudice a quo lamenta l’assenza di “un meccanismo di
raccordo fra il nuovo c.p.p. e le disposizioni transitorie di
attuazione che consenta alle parti offese di reinserirsi agevolmente
nel nuovo rito e di proporre rituale opposizione ex art. 410”, e
solleva, pertanto, questione di legittimità costituzionale dell’art.
126 delle norme di attuazione “laddove non contempla l’obbligo per il
p.m. di informare la parte offesa della facoltà di opporsi alla
richiesta di archiviazione anche nei processi parzialmente istruiti
con il vecchio rito e restituiti dal g.i. ex art. 258 disp. att.,
tramite preventiva formalizzazione della richiesta di essere sentita
nell’ipotesi di richiesta archiviazione”: e ciò per violazione della
“parità di trattamento di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione”,
nonché dell’art. 24 della Costituzione, “precludendosi in tal modo
alla parte offesa la possibilità di indicare l’oggetto
dell’investigazione suppletiva e gli elementi di prova”;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, concludendo per l’inammissibilità, o, in subordine,
l’infondatezza della questione;
Considerato che il denunciato art. 126 del testo delle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura
penale concerne esclusivamente – come esattamente osserva
l’Avvocatura dello Stato – le modalità temporali di trasmissione
degli atti dal pubblico ministero al giudice per le indagini
preliminari nel caso in cui la persona offesa abbia in precedenza
dichiarato di voler essere informata circa l’eventuale archiviazione,
disponendo che la detta trasmisione debba avvenire dopo la
presentazione dell’opposizione da parte della persona offesa
medesima, ovvero dopo la scadenza del termine per proporla (art. 408,
commi secondo e terzo, del codice di procedura penale);
che la norma impugnata disciplina, pertanto, un aspetto che non
ha alcuna rilevanza in ordine al problema sollevato dal remittente,
se non altro perché attiene ad una fase in cui è già avvenuta sia
la dichiarazione della persona offesa di voler essere informata circa
l’eventuale archiviazione, sia la decisione del pubblico ministero di
presentare al giudice la richiesta di archiviazione;
che, in conclusione, la norma di cui il giudice a quo lamenta la
mancanza non potrebbe comunque evidentemente trovare collocazione
nell’ambito della disposizione impugnata, con la conseguenza che la
questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 126 del testo delle norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura
penale (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n.
271), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 della
Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Ancona con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 novembre 1991.
Il Presidente: CORASANITI
Il redattore: FERRI
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 27 novembre 1991.
Il direttore della cancelleria: MINELLI