Ordinanza N. 438 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
23/12/1998
Data deposito/pubblicazione
23/12/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/12/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,
dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio
ONIDA, avv. Fernanda CONTRI, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof.
Annibale MARINI;
comma, e 2, sesto e settimo comma, della legge 27 maggio 1959, n.
324 (Miglioramenti economici al personale statale in attività ed in
quiescenza), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 5 marzo ed il 25
settembre 1997 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la
Regione siciliana sui ricorsi proposti da Borgese Antonino e da
Gulisano Santo contro la Direzione provinciale del Tesoro di Palermo
iscritte al n. 470 del registro ordinanze 1997 ed al n. 86 del
registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell’anno 1997 e n. 9, prima
serie speciale, dell’anno 1998;
Visti gli atti di costituzione di Borgese Antonino, di Gulisano
Santo nonché gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 24 novembre 1998 il giudice
relatore Fernando Santosuosso;
Uditi l’avvocato Paolo Guerra per Gulisano Santo e l’Avvocato dello
Stato Giuseppe O. Russo per il Presidente del Consiglio dei Ministri;
Ritenuto che nel corso del giudizio in materia pensionistica
promosso da Borgese Antonino avverso il provvedimento di revoca
dell’indennità integrativa speciale e della tredicesima mensilità
emesso dalla Direzione provinciale del Tesoro di Palermo la Corte dei
conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, ha sollevato
questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, quarto comma,
e 2, sesto comma, della legge 27 maggio 1959, n. 324 (Miglioramenti
economici al personale statale in attività ed in quiescenza), in
riferimento agli artt. 36 e 136 della Costituzione;
che il giudice a quo ha premesso che nei confronti del
ricorrente, già appuntato dei carabinieri in pensione, è stata
disposta la revoca dell’indennità integrativa speciale e della
tredicesima mensilità (con contestuale recupero delle somme
indebitamente percepite) in relazione ai periodi per i quali era
stato accertato lo svolgimento di altra attività lavorativa
retribuita presso una diversa amministrazione statale;
che tanto la legge n. 324 del 1959 quanto il successivo d.P.R.
29 dicembre 1973, n. 1092, prevedevano che l’indennità integrativa
speciale potesse essere percepita una volta sola, e ciò sia per i
pensionati che svolgono un’altra attività, sia per i percettori di
due o più pensioni;
che il divieto di cumulo di due o più indennità integrative
speciali deve però ritenersi venuto meno in forza delle sentenze n.
566 del 1989 e n. 232 del 1992 di questa corte, le quali hanno
dichiarato l’illegittimità costituzionale del divieto generalizzato
di cumulo dell’indennità in questione con altra indennità analoga e
con la tredicesima mensilità nella parte in cui le norme allora
impugnate non fissavano un limite al di sotto del quale tale divieto
non può essere operante;
che, perdurando l’inerzia del legislatore, al quale spettava
l’individuazione concreta di tale limite, le Sezioni riunite della
Corte dei conti, con sentenza 13 luglio 1994, n. 100/C, hanno
ritenuto di poter colmare la lacuna mediante l’applicazione analogica
degli artt. 1 e 2 della legge n. 324 del 1959 e dell’art. 130 del
d.P.R. n. 1092 del 1973, riconoscendo che fino all’intervento
(futuro) del legislatore, espressamente previsto dalla Corte
costituzionale nelle sentenze sopra menzionate, deve ritenersi ancora
sussistente il divieto di doppia percezione dell’indennità in
questione;
che siffatto orientamento giurisprudenziale appare alla sezione
rimettente in palese contrasto con le citate sentenze di questa Corte
(cui vanno aggiunte le sentenze nn. 204 e 494 del 1993), in quanto
idoneo a far rivivere, in pratica, le norme già dichiarate
costituzionalmente illegittime;
che, a parere del giudice a quo questa corte ha il potere di
sindacare un’interpretazione giurisprudenziale che abbia assunto i
caratteri del diritto vivente, se la medesima si risolve in una
sostanziale lesione del giudicato costituzionale;
che nel giudizio davanti a questa corte è intervenuto il
Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, evidenziando l’insufficiente
motivazione dell’ordinanza di rimessione;
che nel corso di altro giudizio in materia pensionistica promosso
da Gulisano Santo avverso il provvedimento di revoca dell’indennità
integrativa speciale emesso dalla Direzione provinciale del tesoro di
Catania, la medesima sezione giurisdizionale della Corte dei conti ha
sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2,
settimo comma, della legge 27 maggio 1959, n. 324, in riferimento
all’art. 36, primo comma, della Costituzione;
che le medesime sezioni riunite della Corte dei conti, con
successiva sentenza 16 luglio 1997, n. 39/40, hanno sostanzialmente
mantenuto l’indirizzo di cui sopra, dimostrando di seguire
un’interpretazione ugualmente censurabile dal punto di vista della
legittimità costituzionale;
che sulla base di questo dato giurisprudenziale, assunto in
termini di diritto vivente, il giudice a quo ritiene che la presunta
vigenza dell’art. 2, settimo comma, della legge n. 324 del 1959 sia
in contrasto con il richiamato parametro costituzionale;
che anche in questo giudizio è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che la sollevata questione venga
dichiarata inammissibile o comunque infondata;
che davanti a questa corte si è costituito Gulisano Santo, con
apposita memoria, sollecitando l’accoglimento della prospettata
questione ovvero l’emissione di una pronuncia che riconosca come le
norme oggi impugnate siano da considerarsi già colpite dalle
precedenti declaratorie di illegittimità costituzionale;
Considerato che i giudizi, vertendo su questioni sostanzialmente
identiche, possono essere riuniti per una decisione contestuale;
che – in base a quanto affermato in altre occasioni (sentenza n.
295 del 1991 e ordinanza n. 524 del 1990) – non è consentito a
questa corte fornire l’interpretazione autentica o l’eventuale
correzione delle proprie precedenti decisioni (nel presente caso si
fa riferimento alle sentenze n. 376 del 1994, n. 494 del 1993, n. 232
del 1992, n. 204 del 1992 e n. 566 del 1989);
che l’art. 254 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, ha
espressamente abrogato tutte le norme “relative al trattamento di
quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, vigenti alla
data del 21 dicembre 1973”, con eccezione di quelle richiamate nel
medesimo testo unico;
che nella specie l’art. 2, sesto e settimo comma, della legge 27
maggio 1959, n. 324, attualmente sottoposto a scrutinio è da
ritenersi espunto dal sistema, siccome sostanzialmente trasfuso in
altra norma, la quale è già stata colpita da declaratoria di
illegittimità costituzionale in parte qua (v. l’art. 99, secondo e
quinto comma, d.P.R. n. 1092 del 1973, dichiarato costituzionalmente
illegittimo con le sentenze n. 566 del 1989 e n. 494 del 1993); né
è ammissibile l’esame degli evocati artt. 1, quarto comma, della
legge 27 maggio 1959, n. 324, cit., e 130 del medesimo d.P.R. n. 1092
del 1973, relativi a fattispecie diverse, dal momento che,
rispettivamente, il giudizio a quo non concerne l’ipotesi di cumulo
di impieghi, e l’indennità integrativa speciale non ha più la
caratteristica di effettiva accessorietà (v. le sentenze n. 243 del
1993 e n. 115 del 1990);
che pertanto le questioni sollevate, riguardando norme
inesistenti o comunque irrilevanti, debbono ritenersi manifestamente
inammissibili.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara la manifesta inammissibilità delle
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, quarto comma,
e 2, sesto e settimo comma, della legge 27 maggio 1959, n. 324
(Miglioramenti economici al personale statale in attività ed in
quiescenza) sollevate, in riferimento agli artt. 36 e 136 della
Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la
Regione siciliana, con le ordinanze di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Santosuosso
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998
Il direttore della cancelleria: Di Paola