Ordinanza N. 439 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
23/12/1998
Data deposito/pubblicazione
23/12/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/12/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,
dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio
ONIDA, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero
Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
codice di procedura penale, promossi con n. 4 ordinanze emesse il 20
febbraio, il 16, il 26 ed il 23 marzo 1998 del tribunale per i
minorenni di Messina, rispettivamente iscritte ai nn. 299, 366, 435 e
489 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica nn. 18, 22, 25 e 27, prima serie speciale, dell’anno
1998;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 25 novembre 1998 il giudice
relatore Cesare Mirabelli;
Ritenuto che con quattro ordinanze dal medesimo contenuto emesse –
rispettivamente il 20 febbraio 1998 (reg. ord. n. 299 del 1998), il
16 marzo 1998 (reg. ord. n. 366 del 1998), il 26 marzo 1998 (reg.
ord. n. 435 del 1998) ed il 23 marzo 1998 (reg. ord. n. 489 del 1998)
– nel corso di altrettanti dibattimenti penali, il tribunale per i
minorenni di Messina ha sollevato, in riferimento all’art. 25 della
Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 43,
comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non
prevede che la rimessione del procedimento ad altro ufficio
giudiziario, nel caso in cui non sia possibile la sostituzione del
giudice astenuto o ricusato, sia del tutto eccezionale e non esclude
che tale rimessione possa essere sistematica e si verifichi in tutti
i processi nei quali si siano determinate incompatibilità a seguito
di provvedimenti relativi a misure cautelari personali;
che la disposizione denunciata, dopo aver previsto che il giudice
astenuto o ricusato è sostituito con altro magistrato dello stesso
ufficio designato secondo le leggi di ordinamento giudiziario (comma
1), stabilisce che, qualora tale sostituzione non sia possibile, il
procedimento sia rimesso al giudice egualmente competente per materia
che ha sede nel capoluogo del distretto di corte di appello
individuato in base all’art. 11 dello stesso codice (comma 2);
che a seguito della estensione del regime delle incompatibilità
del giudice per effetto di dichiarazioni di illegittimità
costituzionale dell’art. 34 cod. proc. pen. (sentenze n. 131 del 1996
e n. 311 del 1997), il tribunale per i minorenni di Reggio Calabria
ha rimesso a quello di Messina numerosi procedimenti penali, con
imputazioni di rilevante gravità, ciò che contrasterebbe con il
principio del giudice naturale (art. 25 della Costituzione), giacché
l’imputato minorenne verrebbe giudicato fuori dal proprio contesto
socio-culturale; mentre, sotto altro profilo, l’imputato potrebbe
scegliere il giudice che ritenga più vantaggioso, chiedendo
strumentalmente il riesame delle misure cautelari per determinare
l’incompatibilità e, quindi, le condizioni per lo spostamento del
processo;
che la disposizione denunciata è diretta a far fronte, mediante
la rimessione del processo, a situazioni eccezionali; questo istituto
sarebbe stato applicato impropriamente nei casi sottoposti all’esame
del giudice rimettente, giacché i processi avrebbero potuto essere
celebrati dal tribunale per i minorenni di Reggio Calabria,
originariamente competente per territorio, integrando il collegio con
un giudice applicato o supplente, con una sostituzione che il
Presidente della Corte d’appello di Reggio Calabria avrebbe, invece,
immotivatamente ritenuto impossibile;
che in tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio
dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o,
comunque, infondata;
Considerato che le questioni di legittimità costituzionale
sollevate dal tribunale per i minorenni di Messina investono, tutte,
l’art. 43, comma 2, del codice di procedura penale ed hanno identico
contenuto, sicché possono essere decise con unica pronuncia;
che l’istituto della rimessione del procedimento ad altro ufficio
giudiziario, predeterminato con criteri obiettivi, quando si
verifichi la impossibilità di sostituire il giudice astenuto o
ricusato con altro magistrato dello stesso ufficio, è stato già
esaminato nella configurazione datane dalla disciplina anteriore
all’attuale codice (art. 70, ultimo comma, cod. proc. pen. del 1930),
che prevedeva un analogo spostamento del processo. È stato in quel
caso escluso un contrasto con l’art. 25, primo comma, della
Costituzione, giacché lo spostamento della competenza non è
demandato all’insindacabile discrezionalità di un organo
giudiziario, ma dipende necessariamente dall’accertamento obiettivo
di fatti ipotizzati dalla legge e mira ad assicurare la continuità e
l’efficienza della funzione giurisdizionale (sentenza n. 168 del
1976, ordinanza n. 132 del 1977);
che il tribunale per i minorenni di Messina denuncia
sostanzialmente la omessa applicazione, nei processi dei quali è
stato investito a seguito della rimessione disposta dal tribunale per
i minorenni di Reggio Calabria, delle norme dell’ordinamento
giudiziario sulla sostituzione del giudice astenuto o ricusato, la
cui osservanza avrebbe consentito di celebrare i dibattimenti nella
sede naturale, riservando alla rimessione il carattere proprio della
eccezionalità;
che le questioni hanno origine da una situazione prospettata come
patologica, mentre solo la corretta applicazione delle norme può
essere alla base dello scrutinio di legittimità costituzionale
(sentenze n. 40 del 1998 e n. 175 del 1997; ordinanza n. 255 del
1995); d’altra parte, la non corretta applicazione dell’art. 43 cod.
proc. pen., e delle norme relative alla sostituzione del giudice
impedito o ricusato, può essere verificata, secondo le regole del
processo penale (art. 28 cod. proc. pen.), mediante il conflitto di
competenza che può proporre alla Corte di cassazione lo stesso
giudice cui sia rimesso il procedimento;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara la manifesta infondatezza delle
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 43, comma 2, del
codice di procedura penale, sollevate, in riferimento all’art. 25
della Costituzione, dal tribunale per i minorenni di Messina con le
ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Mirabelli
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998
Il direttore della cancelleria: Di Paola