Ordinanza N. 440 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
23/12/1998
Data deposito/pubblicazione
23/12/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/12/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,
dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio
ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido
NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
decreto-legge 24 settembre 1996, n. 499 (Norme in materia
previdenziale), promossi con ordinanze emesse il 19 marzo 1998 dal
pretore di Bergamo, iscritta al n. 364 del registro ordinanze 1998 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima
serie speciale, dell’anno 1998, ed il 21 aprile 1998 dal pretore di
Bergamo, sezione distaccata di Grumello del Monte, iscritta al n. 458
del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 1998;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 25 novembre 1998 il giudice
relatore Valerio Onida;
Ritenuto che con ordinanza emessa l’8 novembre 1996, pervenuta a
questa corte il 4 marzo 1997, ed iscritta al n. 125 R.O. del 1997, il
pretore di Bergamo ha sollevato questione di legittimità
costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione,
dell’art. 3 del decreto-legge 24 settembre 1996, n. 499 (Norme in
materia previdenziale), “nella parte in cui non consente che alla
regolarizzazione contributiva possano provvedere anche i soggetti che
per qualunque motivo abbiano perso la capacità patrimoniale o la
rappresentanza della persona giuridica inadempiente”;
che identica questione, in riferimento agli stessi parametri, è
stata sollevata dal pretore di Bergamo, sezione distaccata di
Grumello del Monte, con ordinanza emessa il 2 maggio 1997, pervenuta
a questa corte il 2 settembre 1997, ed iscritta al n. 646 R.O. del
1997;
che ad avviso dei remittenti la norma impugnata, la quale ammette
alla regolarizzazione, entro il termine del 30 giugno 1996, le
omissioni contributive relative a periodi anteriori alla prima
denuncia della posizione contributiva, ovvero, per i soggetti già
iscritti, relative a periodi fino al 31 dicembre 1995, non
consentirebbe a coloro che abbiano perso la capacità patrimoniale o
la rappresentanza della persona giuridica inadempiente di sanare le
irregolarità commesse quando potevano disporre del patrimonio o
rivestivano le cariche sociali, e pertanto non consentirebbe a
costoro di estinguere i reati connessi alle predette irregolarità;
che ciò contrasterebbe, secondo i giudici a quibus da un lato
con il principio di personalità della responsabilità penale,
sancito dall’art. 27, primo comma, della Costituzione, in quanto la
possibilità di essere prosciolto verrebbe a dipendere dalla libera
determinazione di un terzo, come il curatore del fallimento o il
nuovo rappresentante della società; dall’altro lato con il principio
di eguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione, in quanto
determinerebbe una disparità di trattamento dell’imputato fallito o
non più legale rappresentante della società inadempiente rispetto
all’imputato in bonis ovvero ancora legale rappresentante della
società, disparità che sarebbe irragionevole perché collegata a
circostanze del tutto irrilevanti sotto il profilo penalistico;
che questa corte, con ordinanza n. 398 del 1997, resa nei giudizi
riuniti promossi dalle predette ordinanze, ha ordinato la
restituzione degli atti ai giudici remittenti perché valutassero
nuovamente la questione alla luce della sopravvenuta situazione
normativa creatasi per effetto della riapertura dei termini per la
regolarizzazione delle omissioni contributive, disposta prima
dall’artt. 1, comma 226, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e poi
dall’art. 4 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140;
che con due nuove identiche ordinanze, emesse rispettivamente il
19 marzo e il 21 aprile 1998, pervenute a questa Corte
rispettivamente l’11 maggio 1998 (R.O. n. 364 del 1998) e l’8 giugno
1998 (R.O. n. 458 del 1998), il pretore di Bergamo e il pretore di
Bergamo, sezione distaccata di Grumello del Monte, osservato che la
normativa sopravvenuta non innova in ordine alla titolarità del
diritto di chiedere la regolarizzazione delle omissioni contributive,
risultando pertanto irrilevante in relazione alla presente questione
di legittimità costituzionale, e richiamata integralmente la
motivazione delle precedenti ordinanze, hanno disposto la
restituzione degli atti a questa Corte per l’esame della medesima
questione di legittimità costituzionale;
che nel giudizio relativo all’ordinanza iscritta al n. 364 del
1998 è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,
chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque
non fondata, “occorrendo attraverso una pronuncia interpretativa di
rigetto”;
che, secondo l’Avvocatura, il giudice a quo non avrebbe motivato
in ordine alla interpretazione di una norma sostanzialmente neutra in
relazione alla questione di legittimità costituzionale prospettata,
la cui effettiva rilevanza avrebbe potuto essere ricostruita alla
luce della pur limitata capacità riconosciuta al fallito e del
principio generale secondo il quale il creditore non può di norma
rifiutare il pagamento del terzo; mentre dalla ordinanza non sarebbe
dato di sapere se l’eventuale limite alla esperibilità del condono
dipenda dalla norma denunciata ovvero, come appare più plausibile
alla difesa del Presidente del Consiglio, dai limiti propri del
sistema giuridico, cui l’art. 4 del decreto legge n. 79 del 1997 (che
ha riaperto i termini della regolarizzazione contributiva, già
prevista dalla disposizione impugnata) sarebbe estraneo;
che comunque, secondo l’Avvocatura, rientra nella
discrezionalità del legislatore introdurre nel sistema giuridico una
norma speciale che deroghi, in funzione di ragionevoli obiettivi, ai
suddetti limiti generali del sistema giuridico;
Considerato che i due giudizi, aventi il medesimo oggetto, possono
essere riuniti per essere decisi con unica pronunzia;
che la questione sollevata si riferisce al presunto impedimento
ad effettuare la regolarizzazione contributiva, che sussisterebbe per
l’imputato il quale, per “qualunque motivo”, abbia perduto la
capacità patrimoniale, ovvero – ipotesi ben distinta – abbia perduto
la rappresentanza legale della società tenuta ai versamenti
contributivi omessi;
che, peraltro, ancorché nell’ordinanza n. 125 R.O. del 1997,
richiamata nell’ordinanza n. 364 R.O. del 1998, si riferisca la
dichiarazione del difensore dell’imputato secondo cui questi non
avrebbe potuto effettuare il versamento prescritto in quanto
dichiarato fallito, e nell’ordinanza n. 646 R.O. del 1997, richiamata
nell’ordinanza n. 458 R.O. del 1998, nulla si dica circa i caratteri
della fattispecie, risulta dagli atti che in entrambi i casi
l’imputato non è più legale rappresentante della società di
capitali inadempiente all’obbligo contributivo, ed è quest’ultima
che è stata dichiarata fallita in un momento successivo
all’omissione contributiva contestata;
che la questione di legittimità costituzionale sollevata
riguarda dunque, più propriamente, il presunto impedimento normativo
che sussisterebbe alla regolarizzazione contributiva da parte
dell’imputato il quale non sia più rappresentante legale della
società inadempiente, successivamente fallita;
che peraltro i remittenti omettono di indicare l’iter logico e
argomentativo in base al quale essi giungono a concludere per
l’esistenza di tale impedimento;
che la norma denunciata, contenuta nell’art. 3 del decreto-legge
n. 499 del 1996, non convertito in legge, ma i cui effetti sono stati
fatti salvi dall’art. 1, comma 6, della legge 28 novembre 1996, n.
608, e riproposta, con nuovi termini, dall’art. 4 del decreto-legge
28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28
maggio 1997, n. 140, si limita a prevedere modalità, termini ed
effetti della regolarizzazione, e non enuncia né contiene affatto il
principio che i remittenti vorrebbero trarne, secondo cui non sarebbe
consentito all’imputato del reato di omissione contributiva di
effettuare la regolarizzazione da detta norma prevista, con effetto
estintivo del reato, quando egli si trovi a non essere più
rappresentante legale della società inadempiente, in particolare
quando detta società sia successivamente fallita;
che, pertanto, essendo la norma denunciata del tutto estranea al
problema cui ha riguardo la censura mossa dai giudici a quibus né
essendo dato di ricavare dalle ordinanze l’indicazione di altri
disposti legislativi ai quali la censura medesima, proposta con
esclusivo riferimento a detta norma, possa più correttamente
riferirsi, la questione deve essere dichiarata manifestamente
inammissibile;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara la manifesta inammissibilità della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 del
decreto-legge 24 settembre 1996, n. 499 (Norme in materia
previdenziale), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 della
costituzione, dal pretore di Bergamo e dal pretore di Bergamo,
sezione distaccata di Grumello del Monte, con le ordinanze in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Onida
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998
Il direttore della cancelleria: Di Paola