Ordinanza N. 444 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
16/12/1993
Data deposito/pubblicazione
16/12/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
02/12/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo
CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.
Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando
SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI;
regolamento della Camera dei deputati, promosso con ordinanza emessa
il 18 maggio 1993 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile
vertente tra Borrelli Francesco Saverio ed altro e Fumagalli Carulli
Ombretta ed altri, iscritta al n. 454 del registro ordinanze 1993 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima
serie speciale, dell’anno 1993;
Visti l’atto di costituzione di Fumagalli Carulli Ombretta nonché
l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 30 novembre 1993 il Giudice
relatore Vincenzo Caianiello;
Uditi l’avv. Marcello Mole’ per Fumagalli Carulli Ombretta e
l’Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio
dei ministri;
Ritenuto che, nel corso di un giudizio civile promosso – anche –
nei confronti di un deputato per il risarcimento dei danni derivanti
da dichiarazioni da questi espresse in un’intervista rilasciata ad un
periodico, ritenute dagli attori di contenuto lesivo della loro
reputazione, il Tribunale di Roma ha sollevato questione di
legittimità costituzionale dell’art. 18 del regolamento della Camera
dei deputati, in riferimento all’art. 24 della Costituzione;
che il giudice a quo, avendo il deputato convenuto in giudizio
invocato la prerogativa dell’insindacabilità di cui all’art. 68,
primo comma, della Costituzione, ed avendo dunque il medesimo
eccepito l’improponibilità della domanda giudiziale nei suoi
confronti, muove dalle statuizioni contenute nella sentenza n. 1150
del 1988 di questa Corte, che “ha affermato inequivocabilmente che
spetta alla Camera di appartenenza il potere di valutare la condotta
addebitata ad un proprio membro” ai fini dell’applicazione della
prerogativa;
che, non essendovi stata nel caso concreto alcuna deliberazione
della Camera dei deputati in ordine alla qualificazione delle
opinioni espresse dal deputato come rientranti, o meno, nell’ambito
della funzione parlamentare, il Tribunale di Roma, reputando che
detta valutazione non possa essere effettuata dal giudice ordinario,
lamenta la mancanza di una disciplina idonea a “sollecitare” il
Parlamento, affinché si pronunci in merito all’insindacabilità;
che dalla riferita lacuna deriva, secondo il Tribunale, una
illegittima compressione del diritto di difesa del cittadino, cui
verrebbe ad essere preclusa la possibilità di adire in giudizio un
parlamentare, anche nelle ipotesi di opinioni espresse al di fuori
dell’esercizio delle funzioni, con violazione dell’art. 24 della
Costituzione;
che, in questa prospettiva, la norma denunciata deve essere, per
il rimettente, sottoposta a scrutinio di costituzionalità nella
parte in cui, limitandosi a regolare la competenza della giunta ivi
contemplata con riguardo alle richieste di autorizzazione a procedere
in materia penale, non attribuisce altresì alla citata giunta
analoga competenza in ordine alle richieste del giudice civile di
qualificare ex art. 68, primo comma, della Costituzione le opinioni
espresse dai membri della Camera dei deputati;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello
Stato, concludendo per l’inammissibilità o l’infondatezza della
questione;
che si è costituito nel giudizio dinanzi a questa Corte il
deputato convenuto nel giudizio civile, il cui patrocinio ha
formulato deduzioni a sostegno della prospettazione del Tribunale
rimettente, concludendo per una statuizione idonea a colmare la
ritenuta lacuna dell’ordinamento giuridico;
Considerato che è sottoposta al giudizio di questa Corte una
norma del regolamento della Camera dei deputati;
che, come già affermato da questa Corte nella sentenza n. 154
del 1985, il problema dell’ammissibilità del sindacato di
costituzionalità sui regolamenti parlamentari va risolto, alla
stregua dell’art. 134 della Costituzione, in senso negativo, giacché
nella competenza del giudice delle leggi, quale stabilita dal
richiamato articolo, non possono comprendersi i regolamenti
parlamentari, né espressamente né in via di interpretazione;
che, in assenza di diverse e nuove prospettazioni sul punto da
parte del giudice rimettente, si deve pertanto ribadire
l’insindacabilità dei regolamenti parlamentari, con conseguente
preliminare dichiarazione di manifesta inammissibilità della
questione proposta;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’articolo 18 del regolamento della
Camera dei deputati, sollevata, in riferimento all’articolo 24 della
Costituzione, dal Tribunale di Roma, con l’ordinanza indicata in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 2 dicembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: CAIANIELLO
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 16 dicembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA