Ordinanza N. 449 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
23/12/1994
Data deposito/pubblicazione
23/12/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/12/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle
assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le
aziende private), promosso con ordinanza emessa l’11 febbraio 1994
dalla Corte di cassazione su ricorso proposto da Cosimo Cannarile,
iscritta al n. 263 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale,
dell’anno 1994;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 9 novembre 1994 il Giudice
relatore Cesare Mirabelli;
Ritenuto che la Corte di cassazione – investita del ricorso
proposto da Cosimo Cannarile avverso la sentenza del Pretore di
Taranto che lo aveva condannato per non avere fatto richiesta di
assunzione al competente Ufficio provinciale del lavoro e della
massima occupazione di venti lavoratori appartenenti alle categorie
protette, pur essendovi tenuto in ragione del numero di dipendenti in
servizio nella propria azienda – con ordinanza emessa l’11 febbraio
1994 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 38 e 41 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 9,
11 e 23 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle
assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le
aziende private);
che le aziende private con più di 35 dipendenti sono tenute, in
base alla legge n. 482 del 1968, ad assumere lavoratori appartenenti
alle categorie protette nella misura del 15 per cento del personale
in servizio (art. 11), secondo la ripartizione tra le varie categorie
di riservatari fissata dall’art. 9, venendo penalmente sanzionata
l’omessa richiesta di assunzione di invalidi o di altri aventi
diritto (art. 23);
che il giudice rimettente, sulla base dell’interpretazione
letterale delle disposizioni denunciate, ritiene automatico l’obbligo
di assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette al
solo raggiungimento del numero minimo di trentasei dipendenti in
servizio, senza che si possa in alcun modo tener conto della
possibilità per l’azienda di fare fronte al carico di ulteriori
assunzioni, rese obbligatorie;
che, ad avviso del giudice rimettente, sarebbe irragionevole
porre sullo stesso piano soggetti diversi quanto a capacità di
assorbimento di nuove unità di lavoratori, come pure sarebbe
irragionevole differenziare la disciplina delle aziende private
rispetto a quella degli enti pubblici, per i quali l’obbligo di
assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette è
subordinato al verificarsi di vacanze nell’organico;
che, ad avviso dello stesso giudice, sarebbe anche lesa la
libertà di organizzazione e di gestione dell’impresa secondo criteri
di economicità, aspetto compreso nella libertà di iniziativa
economica privata;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, che ha concluso per la non fondatezza della questione,
affermando che è stata nuovamente proposta una questione già
esaminata e dichiarata infondata dalla Corte (sentenze n. 38 del 1960
e n. 279 del 1983; ordinanza n. 173 del 1985);
Considerato che l’ordinanza di rimessione prospetta in termini non
univoci il dubbio di legittimità costituzionale, che sembra riferito
a due situazioni diverse. Difatti non è chiaro se la questione
riguardi l’obbligo di assunzione di lavoratori appartenenti a
categorie protette in sé considerato, riproponendosi così un dubbio
già ritenuto non fondato dalla Corte in rapporto agli stessi
parametri dedotti (sentenza n. 279 del 1983; ordinanza n. 173 del
1985), o se invece la questione sia proposta per l’ipotesi, peraltro
non ricorrente nel giudizio principale, del datore di lavoro che
raggiunga il numero minimo di dipendenti previsto dalla legge,
perché scatti l’obbligo di immediata assunzione di lavoratori
appartenenti a categorie protette in numero proporzionale ai
dipendenti in servizio, venendo così aumentato il numero del
personale da assumere indipendentemente dalla necessità dell’azienda
di ampliare ulteriormente le unità dei lavoratori addetti;
che, non essendo il quesito precisato in modo tale da
individuare quale delle questioni prospettate sia sottoposta al
vaglio di legittimità costituzionale, ne deve essere dichiarata la
manifesta inammissibilità;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale degli artt. 9, 11 e 23 della legge 2
aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni
obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 38 e 41 della
Costituzione, dalla Corte di cassazione con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: MIRABELLI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA