Ordinanza N. 467 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
28/12/1993
Data deposito/pubblicazione
28/12/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
17/12/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof. Luigi MENGONI, prof.
Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.
Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI;
quinto comma, del regio decreto 16 luglio 1905, n. 646 (Testo unico
delle leggi sul credito fondiario), promosso con ordinanza emessa il
16 marzo 1993 dal Giudice dell’esecuzione presso il Tribunale di
Ivrea nella procedura esecutiva promossa dal Credito fondiario s.p.a.
ed altra nei confronti del fallimento della “Società Immobiliari
riunite s.r.l.”, iscritta al n. 253 del registro ordinanze 1993 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima
serie speciale, dell’anno 1993;
Visto l’atto di costituzione del Credito fondiario e industriale –
FONSPA;
Udito nella camera di consiglio del 20 ottobre 1993 il Giudice
relatore Vincenzo Caianiello;
Ritenuto che nel corso di una procedura esecutiva immobiliare,
promossa dal Credito fondiario s.p.a. nei confronti del fallimento
della “Società immobiliari riunite s.r.l.”, il giudice
dell’esecuzione presso il Tribunale di Ivrea, con ordinanza del 16
marzo 1993, ha sollevato, in riferimento all’art. 24, secondo comma,
della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale:
a) dell’art. 20, quarto comma, del regio decreto 16 luglio 1905
n. 646 (Testo unico delle leggi sul credito fondiario) nella parte in
cui non prevede che l’istituto di credito fondiario procedente debba
notificare, agli aventi causa del mutuatario originario, l’avviso di
cui all’art. 498 c.p.c. (anche se essi non abbiano “notificato
giudizialmente” il titolo di acquisto all’istituto predetto secondo
la previsione dello stesso art. 20, primo comma);
b) dell’art. 20, quinto comma, del medesimo testo normativo,
nella parte in cui non prevede che gli aventi causa intervenuti nella
procedura espropriativa possano chiedere la liberazione degli
immobili di loro proprietà dall’ipoteca e che, a tal fine, il
giudice dell’esecuzione ordini all’istituto procedente di depositare
schema di frazionamento del mutuo, consentendo il frazionamento
medesimo;
che, con la questione indicata sub a) – con la quale si
prospetta nella sostanza quella già disattesa da precedenti pronunce
di questa Corte (ordinanze nn. 496 e 184 del 1991, 125 del 1987 e
sentenze nn. 249 del 1984, 61 del 1968) – il giudice a quo propone
“una riconsiderazione della materia alla luce di profili di
costituzionalità ulteriori”, specialmente riferiti all’art. 24 della
Costituzione;
che, a questi fini, egli contesta, in primo luogo, che possa
ritenersi soddisfatto il diritto di difesa alla luce di una
disciplina la quale prevede che il contraddittorio nel processo
esecutivo sia legittimamente instaurato dall’istituto mutuante nei
soli confronti del mutuatario originario, senza che ne sia dato alcun
avviso all’avente causa, quando quest’ultimo non abbia notificato
all’istituto l’atto di acquisto del bene ipotecato a garanzia del
mutuo, essendo “perlomeno dubbio che si possa condizionare
l’esercizio del diritto di difesa agganciandolo ad un comportamento
positivo del soggetto passivo”, quale appunto l’onere di notifica
all’istituto dell’atto di acquisto;
che, inoltre, il giudice rimettente – ancorché consapevole che
il profilo che verrà di seguito illustrato non è direttamente
rilevante nel giudizio a quo, dichiarando tuttavia di prospettarlo
affinché la Corte “non possa non tenerne conto onde valutare la
congruità complessiva del sistema” – osserva che neppure il terzo
acquirente che abbia adempiuto all’onere della notifica dell’atto di
acquisto, se non informato della procedura in corso, è posto in
grado di far valere le proprie ragioni;
che, difatti, non sarebbe sufficiente che tale soggetto, ove
ingiustamente subisca gli effetti dell’espropriazione diretta solo
contro il dante causa, possa proporre l’opposizione di cui all’art.
619 c.p.c. o convenire in giudizio per danni l’istituto di credito,
una volta che il principio costituzionale di cui all’art. 24 impone
che la tutela sia “immediata ed effettiva”;
che il diritto di difesa sarebbe rispettato, ad avviso del
giudice a quo, soltanto se “tutti gli aventi causa siano in ogni caso
notiziati tempestivamente della pendenza della procedura esecutiva”,
alla pari di quanto previsto dall’art. 498 c.p.c. per i creditori
iscritti, anche per garantire “la celerità dell’esercizio del
diritto di intervento”;
che dovrebbe, infine, essere considerato il caso degli aventi
causa successivi sui quali andrebbero a ricadere “gli effetti del
mancato adempimento dell’onere” da parte del primo avente causa
dall’originario acquirente, anche se, come dichiara lo stesso
rimettente, è questo un profilo non direttamente rilevante in questa
sede;
che, con la seconda questione (sopra indicata sub b) concernente
il quinto comma dell’art. 20 cit., il giudice a quo sostiene che
problemi di costituzionalità si pongono “anche in relazione al
‘contenuto’ dell’intervento dei terzi aventi causa nella procedura
esecutiva speciale”;
che, difatti, si osserva che con l’ultima norma citata – la
quale prevede che “i successori, gli aventi causa o i terzi potranno
intervenire nel giudizio, senza obbligo dell’istituto di citare in
causa gli altri interessati e non intervenuti per integrare il
giudizio” – il legislatore avrebbe “avuto di mira solo la tutela del
diritto degli aventi causa a partecipare alla distribuzione del
ricavato dalla vendita”;
che, invece, tale partecipazione non può esaurire gli interessi
che determinano gli aventi causa ad intervenire, poiché il loro vero
interesse è quello di ottenere la liberazione dall’ipoteca
dell’unità immobiliare di loro proprietà, liberazione impedita dal
mancato frazionamento del mutuo e dalla mancanza del diritto, per il
terzo acquirente di immobile ipotecato a garanzia del mutuo, di
ottenerne il frazionamento per costringere l’istituto alla rinuncia
al diritto all’indivisibilità dell’ipoteca;
che, inoltre, si sostiene che “appare inutile e privo di senso”
l’intervento previsto dall’art. 20, quinto comma, cit., nel caso
particolare di fallimento del mutuatario originario, dovendo
l’aggiudicatario della vendita pagare il prezzo direttamente
all’istituto di credito e versare nella cancelleria delle esecuzioni
solo il prezzo residuo, da attribuirsi da parte del giudice
dell’esecuzione al curatore del fallimento del mutuatario;
che tale assetto normativo, ad avviso del giudice a quo, lede il
diritto di difesa posto a tutela, non solo delle “ragioni della
piccola proprietà (art. 44 Cost.) ma più specificamente le ragioni
abitative dei proprietari”, cioè “il diritto alla casa seppur
indirettamente . .. tutelato dalla Costituzione”;
che il giudice a quo reputa perciò necessaria una pronuncia
della Corte che riconduca il sistema a razionalità e congruenza con
i principi costituzionali, nel senso che nell’ipotesi disciplinata
dalla norma impugnata si dovrebbe consentire al giudice
dell’esecuzione di ordinare all’istituto procedente di depositare lo
schema di frazionamento del mutuo e di consentire, sull’accordo delle
parti, il frazionamento, le cui condizioni non dovrebbero essere
lasciate al mero arbitrio dell’istituto stesso;
che gli aspetti posti in evidenza ai fini della questione
prospettata sub b) renderebbero, secondo l’ordinanza di rinvio,
chiara l’ulteriore ragione della questione indicata sub a),
evidenziando l’esigenza di un meccanismo, quale l’avviso previsto
dall’art. 498 c.p.c., che provochi rapidamente l’intervento degli
aventi causa “allo scopo di non procrastinare indefinitamente la
vendita delle unità immobiliari componenti il compendio pignorato,
rispetto alle quali non siano intervenuti i soggetti interessati a
promuovere il frazionamento del mutuo”;
che si è costituito in giudizio il Credito fondiario e
industriale FONSPA – Istituto per i finanziamenti a medio e lungo
termine s.p.a., che, in via preliminare, ha eccepito la carenza di
legittimazione del giudice a quo a sollevare le dedotte questioni,
dal momento che l’intervento nella procedura in atto di alcuni
soggetti aventi causa del mutuatario originario ha realizzato una
forma di opposizione che comporta la prosecuzione del processo
dinanzi ad altro giudice diverso da quello dell’esecuzione, il quale
non dovrebbe fare applicazione delle norme impugnate;
che lo stesso istituto in due memorie difensive, richiamando la
precedente giurisprudenza della Corte, conclude per
l’inammissibilità e comunque per l’infondatezza delle questioni;
Considerato che l’eccezione di inammissibilità formulata dal
Credito fondiario deve essere disattesa, in quanto con l’ordinanza si
sollevano testualmente due questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 20 del r.d. 16 luglio 1905 n. 646, rispettivamente riferite
al quarto e al quinto comma che disciplinano il procedimento
esecutivo nella specifica materia e che sono perciò le norme di cui
deve fare applicazione il giudice a quo, cui spetta, in quanto
giudice dell’esecuzione, la verifica, ai sensi delle norme stesse,
della regolare instaurazione del processo innanzi a lui pendente:
che nel merito, per quel che concerne la questione indicata sub
a), relativa all’art. 20, quarto comma, cit. e sollevata in
riferimento all’art. 24, secondo comma, della Costituzione, essa è
stata già più volte disattesa da questa Corte nell’assunto che il
quarto comma vada letto congiuntamente con i tre commi che lo
precedono, i quali prevedono che gli aventi causa debbano notificare
all’istituto di credito che procede all’esecuzione il loro atto di
acquisto, per cui “basta assolvere tempestivamente questo non pesante
onere per vedere prevenuti in partenza gli inconvenienti lamentati”
(v. per tutte sent. n. 249 del 1984) e per ottenere quindi l’avviso
del procedimento di esecuzione relativo all’immobile ipotecato a
garanzia del mutuo fondiario;
che, quanto agli illustrati “profili di costituzionalità
ulteriori” che l’ordinanza di rinvio propone ai fini di “una
riconsiderazione della materia”, si è in realtà in presenza di
argomenti già tenuti presenti nelle precedenti pronuncie di
infondatezza e quindi inidonei a far mutare indirizzo alla Corte;
che, inoltre, per quanto riguarda altre situazioni prospettate
nell’ordinanza di rinvio – come il caso del terzo acquirente che, pur
avendo notificato l’atto di acquisto all’istituto, possa non essere
avvertito della procedura esecutiva a carico del primo mutuatario e
quindi ugualmente impedito dal poter far valere le sue ragioni, o il
caso dei subacquirenti successivi che verrebbero a subire le
conseguenze negative del mancato adempimento dell’onere da parte del
primo subacquirente – devesi rilevare che si è in presenza di
ipotesi estranee al giudizio a quo, come si riconosce dallo stesso
organo rimettente, e quindi ininfluenti ai fini della questione
circoscritta al caso di colui che, avendo acquistato l’immobile dal
primo mutuatario, abbia omesso di darne notizia all’istituto;
che, per quel che concerne la questione indicata sub b) ed
avente per oggetto il comma quinto dell’art. 20 cit., ancorché
sollevata, come precisa il rimettente, quale “ulteriore ragione
(oltreché rilevanza) della questione . .in rapporto al quarto comma
dell’art. 20”, va osservato che il profilo che costituisce il nucleo
della questione sub b) – relativo all’esigenza di una previsione
normativa che consenta di obbligare l’istituto di credito fondiario
al deposito in giudizio del piano di frazionamento del mutuo ed a
dare il consenso al conseguente frazionamento dell’ipoteca – è
manifestamente inammissibile sotto più aspetti;
che, difatti, nel prospettarsi l’esigenza di una norma sul
frazionamento del mutuo fondiario e dell’ipoteca si tende ad una
modifica della disciplina sostanziale dei due istituti, estranea
perciò alle norme denunciate (comma quarto e quinto dell’art. 20
cit.) aventi natura processuale, il che rende anche inconferente il
riferimento all’art. 24 della Costituzione, che riguarda appunto la
difesa in giudizio e non la configurazione di situazioni di diritto
sostanziale;
che, in ogni caso, un intervento diretto alla modifica del
regime dei mutui fondiari e delle ipoteche esula dai poteri della
Corte, perché implica una serie di scelte discrezionali di
competenza del legislatore, come dimostra il decreto legislativo 1
settembre 1993, n. 385, emanato nelle more del presente giudizio e
che contempla all’art. 39, sesto comma, il diritto al detto
frazionamento escludendo, fra l’altro, i procedimenti esecutivi in
corso ai quali continuano ad applicarsi le norme precedenti.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara:
1) la manifesta inammissibilità della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 20, quinto comma, del regio decreto 16
luglio 1905 n. 646 (Testo unico delle leggi sul credito fondiario)
sollevata, in riferimento all’art. 24, secondo comma, della
Costituzione, dal giudice dell’esecuzione presso il Tribunale di
Ivrea con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 20, quarto comma, del medesimo testo unico,
sollevata, in riferimento all’art. 24, secondo comma, della
Costituzione, dallo stesso giudice con la medesima ordinanza.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: CAIANIELLO
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA