Ordinanza N. 470 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
28/12/1993
Data deposito/pubblicazione
28/12/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
17/12/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI;
gennaio 1993, n. 7, recante la “disciplina della proroga degli organi
amministrativi”, promosso con ricorso della Regione Calabria
notificato l’11 febbraio 1993, depositato in cancelleria il 16
successivo ed iscritto al n. 17 del registro ricorsi 1993;
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 1 dicembre 1993 il Giudice
relatore Vincenzo Caianiello;
Ritenuto che con il ricorso indicato in epigrafe la Regione
Calabria ha impugnato il decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 7, recante
la “disciplina della proroga degli organi amministrativi”, in
riferimento agli articoli 77, 117, 118, 121, 122 e 123 della
Costituzione;
che, in particolare, la regione ricorrente, richiamati i
precedenti decreti-legge adottati in materia (nn. 381 e 439 del 1992)
nonché gli enunciati della sentenza n. 208 del 1992 di questa Corte,
sottopone a verifica di costituzionalità, in primo luogo, l’articolo
9 del decreto-legge impugnato; questa previsione, che statuisce
l’adeguamento degli ordinamenti regionali – ordinari e speciali – e
delle province autonome di Trento e di Bolzano
alle disposizioni del medesimo decreto, si porrebbe – se
interpretata come statuizione idonea a vincolare in dettaglio la
competenza legislativa ripartita, con effetto immediatamente
abrogativo delle preesistenti normative regionali difformi – in
contrasto con l’art. 117 della Costituzione, in quanto esorbitante
rispetto all’esigenza generale di rigore in tema di proroga degli
organi amministrativi, e dunque sarebbe lesiva della potestà
legislativa regionale (e delle province autonome);
che, sempre sul detto presupposto interpretativo della
vincolatività in dettaglio della normativa statale impugnata, anche
altre norme del decreto-legge n. 7 del 1993 sarebbero in contrasto
con precetti costituzionali:
a) l’articolo 4, comma 2, che trasferisce la competenza alle
designazioni o alle nomine, per gli organi amministrativi scaduti, in
caso di inerzia degli organi collegiali (già) competenti, ai
rispettivi presidenti, violerebbe sia la competenza regionale in
materia di ordinamento degli uffici ed enti dipendenti dalla regione
(art. 117 della Costituzione), sia la competenza statutaria (art. 123
della Costituzione), incidendo sulle norme, legislative e statutarie,
che regolano le competenze degli organi collegiali e creando una
nuova competenza dei presidenti in danno dei rispettivi collegi;
questa disposizione, inoltre, si porrebbe in contrasto con gli
articoli 121 e 122 della Costituzione se riferita a nomine di
competenza del Consiglio regionale, attesa la configurazione
costituzionale del presidente del Consiglio regionale quale soggetto
privo di rilevanza esterna;
b) l’art. 3, relativo al regime di proroga degli organi
amministrativi scaduti e degli atti da questi emanati, nel limitare
la competenza degli organi prorogati ai soli atti urgenti e
indifferibili, inciderebbe sulla competenza regionale in materia,
violando l’art. 117 della Costituzione; questa censura sarebbe da
estendere al successivo art. 6 del decreto-legge, che prevede la
nullità di diritto degli atti compiuti dagli organi scaduti;
c) l’art. 8, che convalida e mantiene fermi gli atti di
ricostituzione di organi scaduti adottati da presidenti di organi
collegiali, in sostituzione dei collegi, anteriormente all’entrata in
vigore del decreto, sarebbe lesivo sia dell’art. 77, ultimo comma,
della Costituzione – in relazione anche all’art. 15, comma 2, lett.
d) della legge n. 400 del 1988 – sia delle competenze legislative e
statutarie delle regioni (articoli 117 e 123 della Costituzione) sia
infine delle competenze amministrative degli organi collegiali: il
decreto-legge non può – afferma la Regione Calabria – “convalidare
ciò che in base alla Costituzione è invalido” e non può dunque
“sottrarre al legislatore né all’amministrazione regionale il potere
di qualificare come invalidi atti applicativi di decreti-legge non
convertiti”, così impedendo agli organi collegiali di “revocare gli
illegittimi atti dei loro presidenti e di provvedere diversamente in
ordine agli organi scaduti”;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso
per l’inammissibilità e l’infondatezza della questione;
Considerato che il decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 7 non è
stato convertito in legge entro il termine prescritto, come risulta
dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20 marzo
1993;
che, pertanto, in conformità alla giurisprudenza di questa
Corte (v., da ultimo, le ordinanze nn. 389 e 351 del 1993 nonché le
altre in quest’ultima richiamate), la questione deve essere
dichiarata manifestamente inammissibile;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale degli articoli 3, 4, secondo comma, 6, 8
e 9 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 7 (Disciplina della proroga
degli organi amministrativi), sollevata, in riferimento agli articoli
77, ultimo comma, 117, 118, 121, 122 e 123 della Costituzione, dalla
Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: CAIANIELLO
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA