Ordinanza N. 474 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1994
Data deposito/pubblicazione
30/12/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/12/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare
RUPERTO;
legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e
sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà),
come sostituito dall’art. 15 del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306
(Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e
provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa), convertito,
con modificazioni, nella legge 7 agosto 1992, n. 356, promosso con
ordinanza emessa il 17 marzo 1994 dal Tribunale di sorveglianza di
Bari nel procedimento di sorveglianza relativo a Colaprico Claudio,
iscritta al n. 338 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale,
dell’anno 1994;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 9 novembre 1994 il Giudice
relatore Ugo Spagnoli;
Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Bari ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell’art. 4- bis della legge
26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla
esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), come
sostituito dall’art. 15 del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306,
convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1992, n. 356,
nella parte in cui non consente di ammettere ad una misura
alternativa alla detenzione il condannato per uno dei reati
considerati dal primo comma del medesimo articolo, commesso in data
precedente all’entrata in vigore della previsione normativa in
questione, che non abbia collaborato con la giustizia a norma
dell’art. 58- ter ord. pen.;
che ad avviso del remittente tale norma contrasterebbe con
l’art. 25, secondo comma, della Costituzione, atteso che la “ratio di
garanzia sottesa al principio costituzionale di irretroattività
delle norme che disciplinano la punizione ( ..) di un soggetto
riconosciuto autore di un reato”, impedirebbe allo Stato di
“deteriorare la condizione giuridica di determinati condannati,
individuati cioè post factum”;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per la infondatezza della questione;
Considerato che il procedimento a quo concerne l’applicabilità
dell’affidamento in prova al servizio sociale di un condannato alla
pena di anni due e mesi quattro di reclusione per il delitto previsto
dall’art. 416- bis cod. pen.;
che, secondo quanto dedotto dal giudice a quo, l’istante ha
intrapreso un’onesta e apprezzata attività lavorativa e non mantiene
più contatti con la criminalità organizzata;
che questa Corte, con sentenza n. 357 del 1994, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis, primo comma, secondo
periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, come sostituito
dall’art. 15, primo comma, lettera a), del decreto-legge 8 giugno
1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, nella
parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo periodo del
medesimo comma, (tra cui l’affidamento in prova al servizio sociale)
possano essere concessi anche nel caso in cui la limitata
partecipazione al fatto criminoso, come accertata nella sentenza di
condanna, renda impossibile un’utile collaborazione con la giustizia,
sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in
maniera certa l’attualità di collegamenti con la criminalità
organizzata;
che, tenuto conto sia della accertata rottura dei collegamenti
del condannato con la criminalità organizzata sia della entità
della pena al medesimo inflitta, non è da escludere l’incidenza
della suddetta pronuncia nel procedimento pendente dinanzi al giudice
remittente;
che, pertanto, appare opportuno disporre la restituzione degli
atti al medesimo giudice, affinché, alla luce del nuovo quadro
normativo, valuti se la questione da esso sollevata sia tuttora
rilevante;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Ordina la restituzione degli atti al Tribunale di sorveglianza di
Bari.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: SPAGNOLI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA