Ordinanza N. 477 del 1989
Corte Costituzionale
Data generale
31/07/1989
Data deposito/pubblicazione
31/07/1989
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/07/1989
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
quarto comma, della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla
legge sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure
privative e limitative della libertà), che ha modificato la legge 26
luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla
esecuzione delle misure privative e limitative della libertà),
promossi con due ordinanze emesse il 17 ottobre 1988 e il 7 novembre
1988 dal Tribunale di sorveglianza di Torino nei procedimenti di
sorveglianza relativi a La Fleur Rosina e Ferraro Carlo, iscritte ai
nn. 98 e 99 del registro ordinanze 1989 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno
1989;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 5 luglio 1989 il Giudice
relatore Giovanni Conso;
Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Torino, con due
ordinanze del 17 ottobre 1988 e del 7 novembre 1988, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questione di
legittimità dell’art. 47, terzo e quarto comma, della legge 26
luglio 1975, n. 354, nel testo modificato dall’art. 11 della legge 10
ottobre 1986, n. 663, “nella parte in cui consente ai condannati che
siano stati ristretti in stato di custodia cautelare (e che abbiano
goduto un periodo di libertà serbando comportamento tale da
consentire un giudizio positivo circa l’affidamento in prova al
servizio sociale) di essere affidati al servizio sociale fuori
dell’istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare
senza il previo inizio di esecuzione della sentenza di condanna”;
che il giudice a quo “intende denunciare l’ingiustificato
privilegio introdotto a favore dei condannati a pena detentiva sino a
tre anni che, avendo sofferto un periodo di custodia cautelare,
possono accedere all’affidamento in prova al servizio sociale senza
rientrare in carcere”;
che in entrambi i giudizi è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
Generale dello Stato, riportandosi all’atto difensivo prodotto nel
giudizio instaurato dallo stesso Tribunale con ordinanza del 18
maggio 1987 e definito da questa Corte con ordinanza di manifesta
inammissibilità n. 1091 del 1988;
Considerato che i giudizi riguardano identiche questioni e vanno,
pertanto, riuniti;
che, quanto alla dedotta violazione dell’art. 3 della
Costituzione, la diversa posizione dei condannati già assoggettati a
custodia cautelare rispetto a quella dei condannati rimasti sempre in
libertà durante il processo di cognizione vale ad escludere che sia
palesemente irrazionale (e, quindi, fonte di “ingiustificato
privilegio”) la previsione di una disciplina diversificata che
ammette solo gli uni e non anche gli altri all’affidamento in prova
al servizio sociale senza osservazione in istituto, misura che, ai
sensi dell’art. 47, terzo e quarto comma, della legge 26 luglio 1975,
n. 354, quale modificato dall’art. 11 della legge 10 ottobre 1986, n.
663, richiede, appunto, la precedente privazione – sia pure a diverso
titolo – della libertà personale, dovendo il tribunale di
sorveglianza verificare se il condannato abbia successivamente tenuto
durante il periodo di libertà un comportamento positivo tale “da
consentire il giudizio di cui al precedente comma 2”;
che risulta rispettato anche il precetto dell’art. 27 della
Costituzione, in quanto la finalità rieducativa della pena potrebbe,
invece, essere ostacolata proprio da una nuova sottoposizione al
regime carcerario del condannato già in custodia cautelare;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 47, terzo e quarto comma, della legge 26
luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla
esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), quale
modificato dall’art. 11 della legge 10 ottobre 1986, n. 663
(Modifiche alla legge sull’ordinamento penitenziario e sulla
esecuzione delle misure privative e limitative della libertà),
sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal
Tribunale di sorveglianza di Torino con due ordinanze del 17 ottobre
1988 e del 7 novembre 1988.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 luglio 1989.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: CONSO
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 31 luglio 1989.
Il cancelliere: DI PAOLA