Ordinanza N. 480 del 1989
Corte Costituzionale
Data generale
31/07/1989
Data deposito/pubblicazione
31/07/1989
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/07/1989
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
codice di procedura penale, anche nel testo modificato della legge 23
gennaio 1989, n. 22 (Nuova disciplina della contumacia), promosso con
ordinanza emessa il 2 marzo 1989 dal Tribunale di Torino nel
procedimento penale a carico di Vittorio Emanuele di Savoia, iscritta
al n. 224 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno
1989;
Visti l’atto di costituzione di Vittorio Emanuele di Savoia,
nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 5 luglio 1989 il Giudice
relatore Giovanni Conso;
Ritenuto che il Tribunale di Torino, con ordinanza del 2 marzo
1989, emessa nel procedimento penale a carico di Vittorio Emanuele di
Savoia, imputato del reato di diffamazione a mezzo stampa, ha
sollevato questione di legittimità costituzionale “degli artt. 497,
498 del codice di procedura penale (anche nel testo modificato dalla
legge 23 gennaio 1989, n. 22), per violazione degli artt. 3, 24, 112,
139, XIII Disposizione transitoria della Costituzione, nella parte in
cui tali disposizioni processuali non prevedono (e in quanto non
prevedono) che sia superabile la indefinita stasi del giudizio penale
nei confronti dei discendenti maschi di Casa Savoia (quale è
l’attuale imputato Vittorio Emanuele di Savoia), determinata
dall’obbligo del giudice penale italiano di ordinare, a pena di
nullità assoluta, il rinvio a tempo indeterminato del dibattimento a
loro carico, in presenza del legittimo e assoluto impedimento di
comparire e di difendersi in cui versano in forza del divieto loro
imposto dalla XIII Disposizione transitoria (secondo comma) della
Costituzione”;
e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata, prima ancora che
manifestamente infondata, inammissibile, perché “rivolta, nella
sostanza, a conseguire una pronunzia additiva che esorbiterebbe dai
poteri della Corte”, un'”addizione”, oltretutto, “assolutamente
indefinita nei contenuti”;
Considerato che il giudice a quo addebita, in particolare, all’art.
497 del codice di procedura penale di non prevedere, nemmeno nel
testo novellato dalla legge 23 gennaio 1989, n. 22 (che è, poi, il
solo ad essere rilevante nella specie), “il caso in cui un
discendente maschio di Casa Savoia, imputato in un procedimento
penale da celebrarsi in Italia, sia legittimamente e in perpetuo
impedito dal comparire in giudizio per difendersi”, così costituendo
“in suo favore” – per l’impossibilità di procedere in contumacia, a
causa del legittimo impedimento a presenziare al giudizio derivante
dal secondo comma della XIII Disposizione transitoria e finale della
Costituzione – una “immunità di fatto” non prevista né prevedibile
dal nostro attuale ordinamento, in quanto contrastante “con lo scopo
della XIII Disp. trans. della Costituzione che non ha perseguito nei
confronti dei discendenti maschi di Casa Savoia (e delle loro
consorti) un trattamento processuale di favore rispetto alla
giurisdizione penale”, “contraddicendo contemporaneamente sia
all’esigenza dello Stato di realizzare la sua pretesa punitiva (art.
112 Cost.) sia all’interesse dell’imputato accusato di un reato di
fruire di un regolare processo (art. 24 Cost.)”, oltreché “al
principio fondamentale di uguaglianza”;
che, in tal modo, il giudice a quo, come eccepisce l’Avvocatura
dello Stato, richiede a questa Corte un intervento “additivo” di
contenuto assolutamente indeterminato, pur di colmare comunque il
lamentato vuoto di disciplina dovuto alla mancanza di un precetto in
grado di superare “l’indefinita stasi del giudizio penale nei
confronti dei discendenti maschi di casa Savoia”, allorché questi
non chiedano o non consentano che il dibattimento abbia luogo in loro
assenza (art. 497, secondo comma, del codice di procedura penale);
che, d’altra parte, lo stesso giudice a quo implicitamente
riconosce che un tale petitum non potrebbe essere conseguito
attraverso l’intervento di questa Corte, dato l’ostacolo “alla
celebrazione del giudizio nei confronti di Vittorio Emanuele di
Savoia” derivante proprio dal secondo comma della XIII Disposizione
transitoria e finale della Costituzione, ispirata, stando all’avviso
espresso nella parte iniziale dell’ordinanza di rimessione, ad una
“ratio che… si propone – in stretta connessione con l’art. 139
Cost., che sancisce la non modificabilità in perpetuo del nuovo
ordine repubblicano – di precludere senza limiti di tempo l’ingresso
e la permanenza nel territorio italiano di soggetti che il
costituente ha considerato particolarmente capaci, in quanto
possibili pretendenti al trono, di divenire punto di riferimento di
temute iniziative restauratrici”;
che, di conseguenza, la questione prospettata risulta
manifestamente inammissibile;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale degli artt. 497 e 498 del codice di
procedura penale, anche nei testi modificati dagli artt. 3 e 4 della
legge 23 gennaio 1989, n. 22 (Nuova disciplina della contumacia),
sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 112, 139 ed alla XIII
Disposizione transitoria e finale della Costituzione, dal Tribunale
di Torino con ordinanza del 2 marzo 1989.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 luglio 1989.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: CONSO
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 31 luglio 1989.
Il cancelliere: DI PAOLA