Ordinanza N. 480 del 1991
Corte Costituzionale
Data generale
19/12/1991
Data deposito/pubblicazione
19/12/1991
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1991
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE,
prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,
prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
comma, del codice di procedura penale promosso con ordinanza emessa
il 9 gennaio 1991 dal Pretore di Cremona nel procedimento penale a
carico di Parmigiani Stefano, iscritta al n. 418 del registro
ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 24, prima serie speciale, dell’anno 1991;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1991 il Giudice
relatore Mauro Ferri;
Ritenuto che, con ordinanza del 9 gennaio 1991, il Pretore di
Cremona ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in
riferimento all’art. 24, secondo comma, Cost., dell’art. 97, primo
comma, del codice di procedura penale, “nella parte in cui consente
che, allo scopo di celebrare il dibattimento e al di fuori di
condizioni di particolare urgenza per l’acquisizione della prova,
l’imputato, rimasto privo del difensore di fiducia, che aderisca
all’astensione dalle udienze proclamata dagli avvocati e procuratori
del foro locale, sia assistito da un difensore d’ufficio”;
che il giudice remittente premette che, nel giorno fissato per
il dibattimento, i difensori di fiducia dell’imputato erano venuti in
aula e avevano comunicato di aderire all’astensione dalle udienze
proclamata dagli avvocati e procuratori del foro di Cremona e che, a
seguito della nomina, su richiesta del pubblico ministero, di un
difensore di ufficio, regolarmente presentatosi, l’imputato
dichiarava di non voler essere giudicato in mancanza dei legali di
fiducia, mentre il p.m. insisteva per la celebrazione del
dibattimento;
che, ciò posto in punto di fatto, il remittente, dopo aver
compiuto un’ampia analisi dell’attività del difensore nel nuovo
processo penale, rilevando che essa è più gravosa rispetto al
passato, osserva che la rottura ab externo del vincolo che lega
l’imputato al difensore di fiducia disperde un patrimonio di
conoscenze indispensabili alla valutazione completa dei fatti,
producendo conseguenze non rimediabili per l’accusato; né la
presenza del difensore di ufficio riesce a neutralizzare quei
risultati negativi, poiché spesso la diffidenza e la mancanza di
collaborazione del prevenuto con il suddetto legale, che è
impreparato al processo, perpetuano la crisi di effettività della
difesa, che la direttiva n. 105 della legge-delega n. 81 del 1987
imponeva di evitare;
che, d’altra parte, prosegue il giudice a quo, esistono altre
esigenze primarie da considerare, quale quella ad una corretta e
celere amministrazione della giustizia, per cui occorre, in
definitiva, individuare un criterio selettivo idoneo a contemperare
gli interessi in gioco, in quanto, da un lato, il processo penale non
può subire una stasi ingiustificata a causa dello sciopero del
legale di fiducia, e, dall’altro, la celebrazione del dibattimento
senza quel difensore (che esercita una facoltà legittima) danneggia
l’imputato, il quale risente il pregiudizio di un’assistenza tecnica
insufficiente: tale contemperamento di opposte esigenze è possibile,
conclude il remittente, sostenendo che “la celebrazione del
dibattimento in mancanza del difensore di fiducia, il quale partecipi
ad uno sciopero di categoria, non viola il diritto di difesa solo se
la sospensione o il rinvio arrecano un nocumento irreparabile alla
formazione della prova”;
che, quanto, infine, alla rilevanza della questione, il
remittente osserva che essa appare indubbia, dato che “l’assistenza
del legale di ufficio, il quale era all’oscuro degli atti di causa e
nemmeno aveva chiesto il termine a difesa (art. 108 c.p.p.), con alta
probabilità sarebbe stata ininfluente sul destino processuale
dell’imputato”;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, concludendo per l’inammissibilità o l’infondatezza della
questione;
Considerato che, come ha esattamente rilevato l’Avvocatura dello
Stato, il giudice remittente è incorso in un evidente errore nella
individuazione della norma applicabile al caso concreto, il quale
rientra chiaramente nella disciplina dettata dal quarto comma
dell’art. 97 e non in quella di cui al primo comma del medesimo
articolo;
che, invero, come emerge dal semplice raffronto tra le due
disposizioni ora citate (e ritiene anche la dottrina), l’espressione
“ne è rimasto privo” (contenuta nell’impugnato primo comma) si
riferisce esclusivamente alle ipotesi di definitivo venir meno
dell’assistenza fiduciaria (per revoca, rinuncia, morte, ecc.),
mentre in ogni altro caso opera la previsione del quarto comma,
secondo cui il giudice o il pubblico ministero designano un
“sostituto” immediatamente reperibile del difensore di fiducia,
quando questi “non è stato reperito, non è comparso o ha
abbandonato la difesa”;
che non vi è dubbio che quanto verificatosi nel giudizio a quo
rientri in tale ultima previsione, per il decisivo rilievo che nella
fattispecie il rapporto fiduciario era ancora esistente, benché il
difensore non fosse in quel momento presente al processo;
che, in conclusione, la questione va dichiarata manifestamente
inammissibile per irrilevanza;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 97, primo comma, del codice di
procedura penale, sollevata, in riferimento all’art. 24, secondo
comma, della Costituzione, dal Pretore di Cremona con l’ordinanza in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1991.
Il presidente: CORASANITI
Il redattore: FERRI
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 19 dicembre 1991.
Il direttore della cancelleria: MINELLI