Ordinanza N. 481 del 1991
Corte Costituzionale
Data generale
19/12/1991
Data deposito/pubblicazione
19/12/1991
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1991
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE,
prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,
prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
n. 25 della legge 11 aprile 1990 n. 73 (Delega al Presidente della
Repubblica per la concessione di amnistia) e art. 3, primo comma, n.
25 del d.P.R. 12 aprile 1990 n. 75 (Concessione di amnistia),
promosso con ordinanza emessa il 30 novembre 1990 dal Tribunale di
Reggio Emilia nel procedimento penale a carico di Ricco’ Gianfranco
Giuseppe ed altri, iscritta al n. 435 del registro ordinanze 1991 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima
serie speciale, dell’anno 1991;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1991 il Giudice
relatore Mauro Ferri;
Ritenuto che con ordinanza del 30 novembre 1990 (pervenuta alla
Corte il 14 giugno 1991) il Tribunale di Reggio Emilia ha sollevato,
in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di
legittimità dell’art. 3, primo comma, n. 25, della legge n. 73 del
1990, e dell’art. 3, primo comma, n. 25, del d.P.R. n. 75 del 1990,
nella parte in cui dette norme escludono dall’amnistia il reato di
violenza privata aggravato dal numero delle persone, commesso a causa
e in occasione di manifestazioni sindacali;
che il Tribunale remittente, premesso che l’esclusione riguarda
il reato ascritto agli imputati nel caso sottoposto al suo esame,
anche se commesso – secondo la contestazione – per l’attuazione di
uno sciopero, osserva che il d.P.R. n. 75 del 1990, con l’art. 1,
primo comma, lett. f), ha invece incluso nell’amnistia un reato che
non vi sarebbe rientrato in base alla pena edittale, cioè quello di
“blocco stradale” previsto dall’art. 1 del decreto legislativo 22
gennaio 1948, n. 66, quando tale reato sia stato commesso “a causa e
in occasione di manifestazioni sindacali o in conseguenza di gravi
disagi dovuti a disfunzioni di pubblici servizi o a problemi
abitativi”; il che concretizzerebbe una irragionevole disparità di
trattamento tra reati che, ad avviso del giudice a quo, devono
ritenersi intrinsecamente omogenei;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato,
concludendo per l’infondatezza della sollevata questione;
Considerato che, per costante giurisprudenza, questa Corte
nell’esaminare analoghe censure ha sempre riconosciuto la competenza
esclusiva del legislatore nella scelta del criterio di
discriminazione tra reati amnistiabili e non, e la impossibilità di
sindacare le relative valutazioni di politica criminale salvo che
ricorrano casi in cui la sperequazione normativa tra figure omogenee
di reati assuma aspetti tali da non potersi considerare sorretta da
alcuna ragionevole giustificazione (cfr.: sentt. nn. 4 del 1974, 214
del 1975, e 59 del 1980); specificando che la diversità del bene
giuridico tutelato consente sempre una diversa valutazione politicosociale ed un differente trattamento ai fini dell’amnistia (cfr.
sent. n. 175 del 1971, ordd. nn. 441 e 628 del 1987);
che, nel caso in esame, è evidente la diversità del bene
giuridico tutelato dalle due fattispecie in raffronto: interesse alla
libera circolazione in un caso e libertà di autodeterminazione della
persona nell’altro; sicché la dedotta disparità di trattamento non
risulta priva di giustificazioni e non può conseguentemente
ritenersi arbitraria;
che comunque l’art. 1, lett. f), del d.P.R. n. 75 del 1990 concede amnistia per il reato di blocco stradale: “anche se il suddetto
reato è aggravato dal numero o dalla riunione delle persone ..
sempre che non ricorrano altre aggravanti” ; di tal ché l’amnistia
non è concessa ove il reato sia commesso usando violenza o minacce
alle persone o violenza sulle cose, aggravanti, queste ultime,
previste al terzo comma dell’art. 1 del citato decreto legislativo n.
66 del 1948;
che pertanto anche la fattispecie di reato assunta dal Tribunale
di Reggio Emilia quale tertium comparationis riceve, ai fini
dell’applicazione dell’amnistia, il medesimo trattamento del reato
ascritto agli imputati del giudizio a quo, allorquando sia contestato
l’uso di violenze o minacce;
che di conseguenza la questione va dichiarata manifestamente
infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 3, primo comma, n. 25 della legge 11 aprile
1990 n. 73 (Delega al Presidente della Repubblica per la concessione
di amnistia), e dell’art. 3, primo comma, n. 25 del d.P.R. 12 aprile
1990 n. 75 (Concessione di amnistia), sollevata, in riferimento
all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Reggio Emilia con
l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1991.
Il presidente: CORASANITI
Il redattore: FERRI
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 19 dicembre 1991.
Il direttore della cancelleria: MINELLI