Ordinanza N. 482 del 1992
Corte Costituzionale
Data generale
22/12/1992
Data deposito/pubblicazione
22/12/1992
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/12/1992
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Cesare
GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
degli artt. 453, 456 e 458 del codice di procedura penale promosso
con ordinanza emessa il 19 marzo 1992 dal Tribunale di Ancona nel
procedimento penale a carico di Massimo Cingolani iscritta al n. 257
del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 20, prima serie speciale dell’anno 1992;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 19 novembre 1992 il Giudice
relatore Enzo Cheli;
Ritenuto che nel corso del procedimento penale a carico di
Cingolani Massimo, il Tribunale di Ancona, con ordinanza del 19 marzo
1992 (R.O. n. 257 del 1992), ha sollevato, in riferimento all’art. 24
della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale nei
confronti:
a) degli artt. 453, 456 e 458 c.p.p., nella parte in cui non
prevedono che il giudice del dibattimento possa dichiarare
l’inammissibilità del giudizio immediato, quando manchi il requisito
dell’evidenza della prova a causa della carenza di indagini
preliminari, nell’ipotesi in cui dall’erronea valutazione di evidenza
della prova discenda la reiezione dell’istanza di giudizio
abbreviato, non essendo il processo definibile allo stato degli atti;
b) degli artt. 453 e 456 c.p.p., nella parte in cui non
prevedono che il giudice del dibattimento possa dichiarare
l’inammissibilità del giudizio immediato, quando la mancanza del
requisito dell’evidenza della prova, a causa della carenza di
indagini preliminari, influenzi l’ammissibilità dell’applicazione
della pena ex art. 444 c.p.p.;
che il giudice a quo rileva che, nel caso di specie, il giudice
per le indagini preliminari ha disposto nei confronti dell’imputato
il giudizio immediato malgrado la prova non fosse evidente per
carenza di indagini, e che – costituendo tale difetto di presupposto
per il giudizio medesimo la ragione per la successiva pronuncia di
non decidibilità allo stato degli atti con la quale è stata
rigettata l’istanza di giudizio abbreviato – il giudice del
dibattimento non potrebbe, di conseguenza, effettuare alcuna seria
valutazione ai fini della applicazione della riduzione di pena ex
art. 442, secondo comma, c.p.p.;
che, sempre ad avviso del giudice remittente, nella situazione
processuale descritta, la proposizione del giudizio immediato
svuoterebbe di contenuto l’avviso all’imputato, previsto dall’art.
456, secondo comma, c.p.p., e la sua facoltà di richiedere il
patteggiamento o l’adozione del rito abbreviato, con violazione del
suo diritto di difesa;
che nel giudizio ha spiegato intervento il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, per chiedere che le questioni sollevate siano
dichiarate inammissibili e comunque infondate.
Considerato che, per quanto attiene alla questione indicata sub
a), il Tribunale remittente ritiene che dalla erronea decisione del
giudice per le indagini preliminari in ordine alla evidenza della
prova sia conseguita la reiezione dell’istanza di giudizio abbreviato
per l’assenza del requisito della decidibilità del processo allo
stato degli atti;
che il requisito probatorio necessario per l’instaurazione del
giudizio immediato e quello richiesto per il giudizio abbreviato sono
tra loro distinti, dal momento che la prova evidente, idonea
all’accoglimento da parte del giudice della richiesta di giudizio
immediato, è quella che, per la sua sufficienza ai fini del rinvio a
giudizio, rende superflua l’effettuazione dell’udienza preliminare,
mentre la definibilità del processo allo stato degli atti richiesta
per disporre il giudizio abbreviato si fonda sulla completezza
dell’intero quadro probatorio e sulla previsione della sua non
modificabilità anche ai fini della individuazione delle circostanze
del reato e della commisurazione della pena (v. Cass. Sez. unite
penali, 21 aprile 1992, n. 22);
che nessuna disposizione del codice di procedura penale consente
al giudice del dibattimento di sindacare la valutazione del giudice
per le indagini preliminari circa l’evidenza della prova che
giustifica il giudizio immediato, mentre le scelte relative
all’eventuale introduzione di tale sindacato non potrebbero non
rientrare nella discrezionalità del legislatore (v. sent. n. 92 del
1992);
che questa Corte con la sentenza n. 23 del 1992 ha già
dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 458, primo e
secondo comma, c.p.p. nella parte in cui non prevede che il giudice,
all’esito del dibattimento, ove ritenga che il processo poteva essere
definito allo stato degli atti dal giudice per le indagini
preliminari, possa applicare la riduzione di pena prevista dall’art.
442, secondo comma, dello stesso codice;
che, pertanto, anche nel giudizio a quo, va riconosciuto al
Tribunale il potere di valutare, all’esito del dibattimento, se il
giudice per le indagini preliminari abbia fondatamente ritenuto non
definibile il processo allo stato degli atti e rigettato la richiesta
di giudizio abbreviato, disponendo, nell’ipotesi di valutazione
negativa, la prevista riduzione di pena;
che, pertanto, la questione indicata sub a) deve essere
dichiarata manifestamente infondata;
che, per quanto concerne la questione sub b), va rilevato che
l’ammissibilità del patteggiamento non dipende da una particolare
situazione probatoria (evidenza della prova o decidibilità allo
stato degli atti), ma da una valutazione di opportunità affidata
alle parti e soggetta alla verifica del giudice, con la conseguenza
che l’eventuale carenza di indagini non interferisce necessariamente
sul controllo che il giudice è chiamato a compiere circa
l’ammissibilità della specifica domanda che le parti gli hanno
concordemente rivolto;
che, pertanto, anche la questione indicata sub b) deve essere
dichiarata manifestamente infondata.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità
costituzionale degli artt. 453, 456 e 458 c.p.p., sollevate, con
riferimento all’art. 24 della Costituzione, dal Tribunale di Ancona
con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1992.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: CHELI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 22 dicembre 1992.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA