Ordinanza N. 484 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1993
Data deposito/pubblicazione
30/12/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/12/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo
CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare
MIRABELLI, avv. Massimo VARI;
r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), promosso con
ordinanza emessa il 18 marzo 1993 dal Tribunale di Vicenza
sull’istanza proposta da Parise Francesco, nella qualità, iscritta
al n. 205 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno
1993;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 17 novembre 1993 il Giudice
relatore Renato Granata;
Ritenuto che il Tribunale di Vicenza – al quale il Commissario
liquidatore della società Inteltrade S.a.s. aveva chiesto la
liquidazione del compenso per l’opera svolta quale commissario
giudiziale in una procedura di concordato preventivo – ha sollevato
(con ordinanza del 18 aprile 1993) questione incidentale di
legittimità costituzionale degli artt. 39 e 165 del R.D. 16 marzo
1942 n. 267 (legge fallimentare) nella parte in cui, prevedendo che
il compenso al commissario giudiziale preposto al concordato
preventivo sia liquidato secondo le norme stabilite con decreto del
Ministro per la grazia e giustizia, recepiscono (da ultimo) l’art. 5
d.m. 28 luglio 1992 n. 570;
che sarebbe stato violato il principio della parità di
trattamento (art. 3 Cost.) per la ingiustificata disciplina
differenziata posta rispettivamente per il commissario giudiziale
preposto al concordato preventivo e per il curatore fallimentare,
atteso che i criteri di determinazione del compenso spettante al
primo sono ingiustificatamente più favorevoli rispetti a quelli
previsti per il secondo, ancorché quest’ultimo svolga un’attività
più impegnativa, o comunque assimilabile, a quella del commissario
giudiziale;
che altresì vi sarebbe ingiustificata disparità nell’ambito
della stessa categoria dei commissari giudiziali secondo che si
tratti di concordato con garanzia o con cessione dei beni essendo di
fatto più favorevoli i criteri di calcolo del compenso per il
commissario giudiziale preposto ad un concordato con garanzia anche
se questo svolge un’attività meno impegnativa di quella del
commissario giudiziale preposto ad un concordato con cessione dei
beni;
che la censura può – secondo il giudice rimettente – investire
il decreto ministeriale perché questo, in forza del rinvio operato
dalle citate norme della legge fallimentare, acquista forza di legge;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato chiedendo
che la questione sia dichiarata inammissibile (giacché l’ordinanza
di rimessione investe un decreto ministeriale che non è suscettibile
di sindacato da parte della Corte) e comunque non fondata (perché la
procedura del concordato preventivo e quella del fallimento hanno
caratteristiche e disciplina diverse, che giustificano la diversità
dei criteri adottati per la liquidazione del compenso del curatore e
del commissario giudiziale);
Considerato che le censure del giudice rimettente investono
esclusivamente il contenuto precettivo del cit. art. 5 d.m. 28 luglio
1992 n. 570 sull’asserito presupposto che la norma abbia acquistato
forza di legge per effetto del rinvio ad essa operato dall’art. 39 (e
per esso anche dall’art. 165) del R.D. 16 marzo 1942 n. 267;
che si tratta invece di un rinvio formale in quanto l’art. 39
rimette in generale alla normativa sub-primaria la quantificazione
della liquidazione del compenso al curatore fallimentare (e al
commissario giudiziale) senza richiamare alcuna specifica
(pre-esistente) disciplina, mentre il rinvio materiale richiede che
“il richiamo sia indirizzato a norme determinate ed esattamente
individuate dalla stessa norma che lo effettua” (sent. n. 311 del
1993); né l’interpretazione dell’art. 39 cit. esibisce alcuna
integrazione della fattispecie legale mediante recezione del
contenuto normativo di precedenti disposizioni regolamentari,
integrazione che altrimenti avrebbe consentito l’impugnazione della
norma primaria nelle specificazioni contenute nella fonte secondaria
(sent. n. 1104 del 1988);
che conseguentemente non è stata modificata la natura
(regolamentare) della fonte richiamata, né alle sue disposizioni è
stata conferita forza di legge;
che pertanto la disciplina denunciata come ingiustificatamente
discriminatoria è contenuta in un atto che, in quanto sprovvisto di
forza di legge, non è suscettibile di essere oggetto di giudizio
incidentale di costituzionalità sicché – secondo la giurisprudenza
di questa Corte ( ord. n. 352/93, sent. n. 311/93 cit., sent. n.
199/93, sent. n. 454/91, sent. n. 23/89, ord. n. 255/88, ord. n.
121/88) – la questione sollevata è manifestamente inammissibile,
mentre l’assunta violazione del parametro costituzionale evocato può
essere sempre accertata incidentalmente dal giudice ordinario al fine
della disapplicazione della norma regolamentare (sent. n. 199/93
cit., sent. n. 333/91);
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87
e 29, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 5 del decreto del Ministro per
la grazia e giustizia 28 luglio 1992 n. 570, richiamato dagli artt.
39 e 165 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (Disciplina del fallimento,
del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della
liquidazione coatta amministrativa), sollevata, in riferimento
all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Vicenza con
l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 dicembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: GRANATA
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA