Ordinanza N. 485 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1993
Data deposito/pubblicazione
30/12/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/12/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI;
di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 4 dicembre 1992
dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano
nel procedimento penale a carico di Carollo Antonino ed altro,
iscritta al n. 271 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale,
dell’anno 1993;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 17 novembre 1993 il Giudice
relatore Giuliano Vassalli;
Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Milano ha sollevato questione di legittimità dell’art.
407 del codice di procedura penale, denunciando la violazione degli
artt. 25 e 112 della Costituzione in quanto la disciplina denunciata
costringe il pubblico ministero a formulare una richiesta di
archiviazione motivata non dalla infondatezza della notizia di reato
né dalla superfluità del processo, ma esclusivamente dalla non
completezza delle indagini per la scadenza dei termini massimi;
e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
Considerato che questa Corte, chiamata a pronunciarsi sulla
medesima questione, ha avuto modo di affermare la piena
compatibilità tra la previsione di un termine entro il quale
l’attività di indagine deve essere portata a compimento ed il
precetto sancito dall’art. 112 della Costituzione, osservando in
proposito che quel termine non costituisce di per sé “un fattore che
sempre e comunque è astrattamente idoneo a turbare le determinazioni
che il pubblico ministero è chiamato ad assumere al suo spirare,
cosicché l’eventuale necessità di svolgere ulteriori atti di
investigazione viene a profilarsi unicamente come ipotesi di mero
fatto”, in ordine alla quale, peraltro, non mancano adeguati
correttivi all’interno del sistema, mentre “va riservata alle
discrezionali scelte del legislatore l’individuazione degli opportuni
strumenti processuali in base ai quali consentire la prosecuzione
delle indagini, nelle eccezionali ipotesi in cui sia risultato
impossibile portarle a compimento entro il termine massimo previsto
dalla legge” (v. ordinanza n. 48 del 1993);
e che, pertanto, non prospettando il giudice a quo argomenti
nuovi o diversi da quelli allora esaminati, la questione ora proposta
deve essere dichiarata manifestamente infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 407 del codice di procedura penale,
sollevata, in riferimento agli artt. 25 e 112 della Costituzione, dal
Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano con
l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 dicembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: VASSALLI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA