Ordinanza N. 491 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1993
Data deposito/pubblicazione
30/12/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/12/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI; dott. Cesare
RUPERTO;
20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità
sanitarie locali), 1, comma 4-quinquies, del decreto-legge 27
dicembre 1989, n. 413 (Disposizioni urgenti in materia di trattamento
economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi
equiparate, nonché in materia di pubblico impiego), convertito, con
modificazioni, con legge 28 febbraio 1990, n. 37, e 3 della legge 19
febbraio 1991, n. 50 (Disposizioni sul collocamento a riposo del
personale medico dipendente), promossi con n. 2 ordinanze emesse l’11
luglio 1991 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia –
sezione di Lecce – sui ricorsi proposti da Buonsanto Annibale e
Peluso Ermanno contro la U.S.L. BR/4 di Brindisi, iscritte ai nn. 360
e 361 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno
1993;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 15 dicembre 1993 il Giudice
relatore Mauro Ferri;
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale della Puglia –
sezione di Lecce -, con due ordinanze di identico contenuto emesse
l’11 luglio 1991 e pervenute a questa Corte il 12 giugno 1993, ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 53
del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, 1, comma 4-quinquies, del
decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413 – convertito, con
modificazioni, con legge 28 febbraio 1990, n. 37 -, e 3 della legge
19 febbraio 1991, n. 50, “in quanto non vengono estesi i benefici
contenuti nelle predette disposizioni al personale con qualifica di
primario ospedaliero collocato a riposo prima del 21 febbraio 1991”;
che il remittente osserva che il decreto-legge n. 413 del 1989 –
convertito con legge n. 37 del 1990 – ha esteso ai soli dirigenti
civili dello Stato il beneficio della proroga dell’età pensionabile
a settant’anni (già accordato agli insegnanti), al fine di
consentire loro l’incremento della base stipendiale pensionabile;
che ciò determinerebbe la violazione degli indicati parametri
costituzionali, per la palese ed ingiustificata disparità di
trattamento in danno dei sanitari delle uu.ss.ll. e, in particolare,
dei primari, i quali, oltre alla responsabilità organizzativa di una
complessa unità divisionale, svolgono anche una elevata funzione
didattica e di promozione di iniziative di ricerca scientifica;
che, inoltre – prosegue il remittente – l’art. 3 della legge n.
50 del 1991 ha ancor più accentuato la discriminazione a danno dei
primari collocati a riposo prima del 21 febbraio 1991, in quanto ha
elevato l’età pensionabile a settant’anni per i soli primari
collocati a riposo dopo detta data, senza neanche far salve le
situazioni per le quali esistevano giudizi pendenti;
che è intervenuto in entrambi i giudizi il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
Generale dello Stato, il quale ha concluso per la manifesta
infondatezza delle questioni.
Considerato che i giudizi, concernendo identiche questioni, vanno
riuniti e decisi congiuntamente;
che le medesime questioni sono state già dichiarate non
fondate, sotto tutti i profili, con sentenza n. 440 del 1991;
che in detta pronuncia si è in sintesi affermato che nel
vigente quadro normativo non è ravvisabile una regola generale, per
tutti i pubblici dipendenti, di collocamento a riposo al settantesimo
anno di età, bensì soltanto la sussistenza di deroghe a favore di
determinate categorie, disposte dal legislatore in virtù del
discrezionale e non arbitrario apprezzamento delle ragioni di volta
in volta poste a loro fondamento, e che, d’altra parte, la garanzia
del conseguimento del massimo trattamento pensionistico non è
oggetto di tutela costituzionale come lo è, invece, quella del
raggiungimento del minimo pensionabile;
che detti principi sono stati costantemente ribaditi in
successive pronunce (cfr. sentt. nn. 491 del 1991, 374 del 1992, 459
e 460 del 1993; ordd. nn. 98, 170, 193, 212, 320, 349 e 362 del
1992);
che in ordine, poi, alla censura relativa all’art. 3 della legge
n. 50 del 1991, nella medesima sopra citata sentenza n. 440 del 1991
si è ribadito che rientra nella discrezionalità del legislatore la
fissazione della data di entrata in vigore delle leggi, essendo,
peraltro, connaturale alla generalità delle medesime la demarcazione
temporale (cfr. anche ord. n. 397 del 1992);
che, non essendo dedotti, negli attuali giudizi, motivi nuovi o
diversi rispetto a quelli già esaminati nelle richiamate decisioni,
le questioni vanno dichiarate manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara la manifesta infondatezza delle
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 53 del d.P.R. 20
dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità
sanitarie locali), 1, comma 4-quinquies, del decreto-legge 27
dicembre 1989, n. 413 (Disposizioni urgenti in materia di trattamento
economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi
equiparate, nonché in materia di pubblico impiego), convertito, con
modificazioni, con legge 28 febbraio 1990, n. 37, e 3 della legge 19
febbraio 1991, n. 50 (Disposizioni sul collocamento a riposo del
personale medico dipendente), sollevate, in riferimento agli artt. 3
e 38, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
regionale della Puglia, sezione di Lecce, con le ordinanze in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 dicembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: FERRI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA