Ordinanza N. 491 del 2000
Corte Costituzionale
Data generale
14/11/2000
Data deposito/pubblicazione
14/11/2000
Data dell'udienza in cui è stato assunto
27/10/2000
Presidente: Fernando SANTOSUOSSO;
Giudici: Massimo VARI, Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo
ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Giovanni
Maria FLICK;
della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di
scioglimento del matrimonio), come sostituito dall’art. 13 della
legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di
scioglimento di matrimonio), promosso con Ordinanza emessa il
11 giugno 1999 dalla Corte di appello di Genova nel procedimento
civile vertente tra Bonanese Giuseppina e giudicelli Nelia ed altro,
iscritta al n. 282 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, 1ª serie speciale,
dell’anno 2000.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2000 il giudice
relatore Annibale Marini.
Ritenuto che nel corso di un procedimento avente ad oggetto la
determinazione delle quote della pensione di reversibilità di
spettanza del coniuge divorziato e del coniuge superstite la Corte di
appello di Genova, con Ordinanza emessa il 11 giugno 1999, ha
sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 9, terzo comma, della legge
1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del
matrimonio), come sostituito dall’art. 13 della legge 6 marzo 1987,
n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di
matrimonio), nella parte in cui, ai fini della determinazione delle
quote anzidette, non esclude dal computo della durata del rapporto
matrimoniale il periodo di separazione personale e non include il
periodo di convivenza more uxorio precedente la celebrazione del
secondo matrimonio;
che, ad avviso del giudice rimettente, la durata del
matrimonio, fissata dalla norma impugnata quale criterio
determinativo delle quote della pensione di reversibilità, dovrebbe
essere intesa, in conformità del resto al significato proprio del
termine e alla giurisprudenza della Corte di cassazione, quale durata
legale del rapporto matrimoniale e, quindi, verrebbe da un lato ad
includere lo stato di separazione antecedente il divorzio e
dall’altro ad escludere l’eventuale convivenza more uxorio precedente
la celebrazione del secondo matrimonio;
che così interpretata la norma impugnata risulterebbe,
tuttavia, lesiva dell’art. 3 della Costituzione in quanto
disciplinerebbe allo stesso modo situazioni differenti (convivenza
matrimoniale e stato di separazione) e in modo diverso situazioni tra
loro assimilabili (quali la famiglia di fatto e la famiglia fondata
sul matrimonio);
che nel giudizio davanti alla Corte è intervenuto il
Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata inammissibile e comunque manifestamente infondata;
che, in particolare, secondo l’Avvocatura, deve escludersi
nella specie, in relazione al profilo riguardante la convivenza more
uxorio la violazione dell’art. 3 della Costituzione poiché il
giudice a quo pone come termini di paragone situazioni non omogenee
tra loro;
che in proposito l’Avvocatura richiama la giurisprudenza di
questa Corte nella quale sarebbe affermata la diversità tra famiglia
legittima e famiglia di fatto e la non estensione alla seconda,
proprio sulla base della libera determinazione delle parti, delle
regole che il legislatore ha fissato in dipendenza del matrimonio.
Considerato che la questione di costituzionalità risulta
sollevata sulla base di una asserita diversità tra convivenza
matrimoniale e stato di separazione e di una egualmente asserita
omogeneità tra famiglia di fatto e famiglia fondata sul matrimonio;
che in relazione al primo assunto quel che si tratta di
valutare è se, sotto il profilo della durata del rapporto coniugale,
sia costituzionalmente legittima l’assimilazione che la norma
impugnata fa del periodo di separazione alla convivenza coniugale;
che, sotto tale aspetto, costituendo la separazione, in
conformità alla sua natura ed alle sue origini storiche, una
semplice fase del rapporto coniugale, non può certo ritenersi
manifestamente irragionevole una disciplina, come quella impugnata,
che accomuna convivenza coniugale e stato di separazione;
che, contrariamente a quanto affermato dal rimettente, la
diversità tra famiglia di fatto e famiglia fondata sul matrimonio
rappresenta, poi, un punto fermo di tutta la giurisprudenza
costituzionale in materia ed è basata sull’ovvia constatazione che
la prima è un rapporto di fatto, privo dei caratteri di stabilità e
certezza e della reciprocità e corrispettività dei diritti e dei
doveri che nascono soltanto dal matrimonio e sono propri della
seconda (ex plurimis sentenza n. 127 del 1997);
che, pertanto, in relazione ad entrambi i profili presi in
considerazione dal rimettente, la questione sollevata deve essere
dichiarata manifestamente infondata;
che, infine, è appena il caso di rilevare come gli eventuali
riflessi negativi del criterio della durata del matrimonio possano e
debbano essere superati mediante l’applicazione di altri e differenti
criteri concorrenti, ed in primis di quello relativo allo stato di
bisogno degli aventi titolo alla pensione di reversibilità,
realizzandosi in tal modo la giusta esigenza, richiamata dal
rimettente, di tutelare tra le due posizioni confliggenti quella del
soggetto economicamente più debole (sentenza n. 419 del 1999).
Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
innanzi la Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 9, terzo comma, della legge
1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del
matrimonio), come sostituito dall’art. 13 della legge 6 marzo 1987,
n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di
matrimonio), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione,
dalla Corte di appello di Genova, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 2000.
Il Presidente: Santosuosso
Il redattore: Marini
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 14 novembre 2000.
Il direttore della cancelleria: Di Paola