Ordinanza N. 492 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1994
Data deposito/pubblicazione
30/12/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/12/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando
SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
9 marzo 1989, n. 88 (Ristrutturazione dell’Istituto nazionale della
previdenza sociale e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro), promosso con ordinanza emessa il 9
maggio 1994 dal Pretore di Viterbo nel procedimento civile vertente
tra Marco Cencioni ed il Ministero dell’interno, iscritta al n. 438
del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell’anno 1994;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 14 dicembre 1994 il Giudice
relatore Cesare Mirabelli;
Ritenuto che nel corso di un procedimento promosso da Marco
Cencioni nei confronti del Ministero dell’interno, il Pretore di
Viterbo, con ordinanza emessa il 9 maggio 1994, ha sollevato, in
riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 52 della legge 9 marzo 1989, n. 88
(Ristrutturazione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale e
dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro), nella parte in cui, per le prestazioni erogate indebitamente
prima del 31 dicembre 1991, non estende a quelle di natura
assistenziale la regola dell’irripetibilità, tranne in caso di dolo,
dettata per quelle previdenziali;
che la disposizione censurata dispone non si faccia luogo a
recupero delle somme corrisposte dall’INPS ai propri assicurati, se
sono state riscosse rate di pensione risultate non dovute a seguito
della modifica del provvedimento di attribuzione, erogazione o
riliquidazione della prestazione, salvo che l’indebita percezione
dipenda da dolo dell’interessato;
che questa disposizione limitativa della ripetibilità
dell’indebito in materia previdenziale, per effetto della sentenza di
questa Corte n. 39 del 1993, continua ad essere applicabile anche ai
rapporti sorti precedentemente (o comunque pendenti) alla data
dell’entrata in vigore dell’art. 13, primo comma, della legge 30
dicembre 1991, n. 412, che ha introdotto elementi nuovi, e più
restrittivi, per la irripetibilità delle prestazioni pensionistiche
indebitamente corrisposte agli assicurati (corresponsione di esse con
provvedimento definitivo; comunicazione di quest’ultimo
all’interessato; esclusione di omessa o incompleta segnalazione del
pensionato di fatti incidenti sulla pensione, sconosciuti all’ente
erogatore);
che il caso esaminato dal giudice rimettente riguarda un
invalido civile totale, dal 1984 titolare di pensione di inabilità a
carico del Ministero dell’interno, il quale, essendo stato assunto
nel settembre 1989 presso una pubblica amministrazione, aveva
superato, dall’anno successivo, i limiti di reddito per la permanenza
del diritto a pensione. Con provvedimento del 27 aprile 1993 la
Commissione provinciale per l’assistenza e la beneficenza aveva
revocato la pensione con decorrenza dal 1 gennaio 1990, ed il
Prefetto di Viterbo aveva chiesto il rimborso delle somme percepite
dall’invalido da quella data al 28 febbraio 1993;
che, ad avviso del giudice rimettente, non vi sarebbe alcun
motivo razionale di differenziazione, ai fini della restituzione di
somme indebitamente percepite, tra la posizione del titolare di
prestazione previdenziale e quella del titolare di pensione
assistenziale;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, che ha concluso per la non fondatezza della questione;
Considerato che il giudice rimettente, nel prospettare la
questione di legittimità costituzionale, muove dal presupposto che
per le prestazioni assistenziali in favore degli invalidi civili a
carico del Ministero dell’interno viga il principio di incondizionata
ripetibilità dell’indebito. Chiede pertanto una pronuncia che
estenda per tali prestazioni la diversa regola, propria del sistema
INPS, che esclude viceversa la ripetizione in presenza di una
situazione di fatto caratterizzata dalla non addebitabilità al
percipiente della erogazione non dovuta;
che il giudice a quo non tiene conto della norma contenuta
nell’art. 3- ter del decreto-legge 23 dicembre 1976, n. 850,
convertito in legge, con modificazioni, con la legge 21 febbraio
1977, n. 29, che, disponendo che la revoca della concessione dei
benifici economici corrisposti agli invalidi civili, ciechi civili e
sordomuti ha effetto dal primo giorno del mese successivo alla data
del relativo provvedimento, non consente il recupero delle somme
anteriormente corrisposte;
che, d’altra parte, solo a partire dal 1 gennaio 1994, nel caso
di accertata insussistenza dei requisiti prescritti per il godimento
della pensione di invalidità civile, l’art. 11 della legge 24
dicembre 1993, n. 537 prevede la ripetizione di tutti i ratei
percepiti nell’ultimo anno che precede la revisione; ripetizione che
tuttavia continua a non essere consentita quando l’interessato
rinunci a godere delle provvidenze economiche dalla data
dell’accertamento stesso;
che l’ordinanza di rimessione individua erroneamente la
disposizione applicabile e pertanto la questione di legittimità
costituzionale deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 52 della legge 9 marzo 1989, n.
88 (Ristrutturazione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale
e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione,
dal Pretore di Viterbo con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: MIRABELLI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA