Ordinanza N. 493 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1993
Data deposito/pubblicazione
30/12/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/12/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI; dott. Cesare
RUPERTO;
legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre
1983, n. 638 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e
per il contenimento della spesa pubblica) promosso con ordinanza
emessa il 21 dicembre 1991 dal Pretore di Alessandria nel
procedimento penale a carico di Uboldi Angelino, iscritta al n. 413
del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 1993;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 15 dicembre 1993 il Giudice
relatore Renato Granata;
Ritenuto che nel corso del procedimento penale a carico di Uboldi
Angelino, imputato del reato previsto dall’art. 2 del decreto legge
12 settembre 1983 n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983 n.
638, per aver omesso di versare le ritenute previdenziali ed
assistenziali operate quale datore di lavoro sulle retribuzioni dei
lavoratori dipendenti per il periodo dal maggio 1989 al febbraio
1990, il Pretore di Alessandria con ordinanza del 21 dicembre 1991 ha
sollevato – in riferimento agli artt. 3, 24 e 27 Cost. – questione di
legittimità costituzionale in via incidentale dell’art. 2 citato che
prevede l’estinzione del reato ove il versamento delle ritenute venga
effettuato entro sei mesi dalla scadenza della data stabilita per lo
stesso e, comunque, ove sia fissato il dibattimento prima di tale
termine, non oltre le formalità di apertura del dibattimento stesso;
che nella specie di tale disposizione di favore l’imputato non
può beneficiare in quanto, essendo stato dichiarato fallito quando
non era ancora scaduto il termine suddetto si trova nella condizione
di non poter più effettuare il pagamento delle ritenute, avendo
perso la disponibilità dei beni;
che in tal modo – ritiene il pretore rimettente – da una parte
la posizione del fallito è ingiustamente discriminata, dipendendo la
responsabilità penale dal momento in cui viene dichiarato il
fallimento, nel senso che il beneficio del termine di grazia può
essere fruito, o meno, secondo che la dichiarazione di fallimento
intervenga prima o dopo il suo decorso; d’altra parte risulta
compresso il diritto di difesa (art. 24 Cost.), nonché leso il
principio della personalità della responsabilità penale (art. 27
Cost.), in ragione dell’impossibilità di porre in essere il
comportamento avente effetti estintivi del reato;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale di Stato, sostenendo
la non fondatezza della questione;
Considerato che a seguito di analoga ordinanza del medesimo
pretore rimettente questa Corte con sentenza n. 267 del 1992 ha già
dichiarato inammissibile la stessa questione di costituzionalità in
relazione agli stessi parametri, atteso che la soluzione additiva
prospettata dal giudice rimettente (che ritiene che il lamentato
vizio di incostituzionalità della norma possa essere rimosso ove il
decorso del termine di grazia sia sospeso dalla sentenza dichiarativa
di fallimento fino alla conclusione della procedura fallimentare) non
si presenta come l’unica obbligata, ma è soltanto una delle
possibili sicché essa attiene all’area della discrezionalità del
legislatore;
che nessun argomento nuovo e diverso viene prospettato dal
giudice rimettente rispetto a quelli già scrutinati dalla Corte
nella citata pronuncia;
che pertanto la questione deve essere dichiarata manifestamente
inammissibile;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87
e 29, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto legge
12 settembre 1983 n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983 n.
638 (misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il
contenimento della spesa pubblica) sollevata, in riferimento agli
artt. 3, 24 e 27 della Costituzione, dal Pretore di Alessandria con
l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 dicembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: GRANATA
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA