Ordinanza N. 512 del 1991
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1991
Data deposito/pubblicazione
30/12/1991
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/12/1991
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI;
8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali), promosso
con ordinanza emessa il 3 giugno 1991 dal pretore di Padova nel
procedimento civile vertente tra Ciesa Paolo ed altra e comune di
Padova, iscritta al n. 480 del registro ordinanze 1991 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie
speciale, dell’anno 1991;
Visto l’atto di intervento del Presidente del consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 1991 il Giudice
relatore Vincenzo Caianiello;
Ritenuto che, nel corso di un giudizio civile in cui il convenuto
comune di Padova si era costituito in persona del sindaco,
autorizzato con delibera di giunta non sottoposta a controllo, il
pretore di Padova ha sollevato questione di legittimità
costituzionale, in riferimento all’art. 130 della Costituzione,
dell’art. 45 della legge 8 giugno 1990 n. 142 (Ordinamento delle
autonomie locali), in quanto non prevede che le deliberazioni della
giunta comunale siano sottoposte a controllo di legittimità da parte
del comitato regionale di controllo, se non a seguito di iniziativa
discrezionale della giunta medesima;
che il giudice a quo, dopo aver affermato che il provvedimento
di autorizzazione al sindaco a stare in giudizio rientra tra quelli
affidati alla competenza residuale della giunta ai sensi dell’art. 35
della citata legge n. 142 del 1990, reputa rilevante la questione
proposta dal momento che, ai sensi dell’art. 182 c.p.c., egli ha il
dovere d’ufficio di verificare la regolarità della costituzione in
giudizio delle parti nella prospettiva dell’esercizio dei suoi
poteri, previsti nel secondo comma della stessa disposizione del
codice di rito, in ordine all’eventuale regolarizzazione degli atti
di costituzione viziati;
che, nel merito, lo stesso giudice a quo, sospetta di
incostituzionalita’la norma impugnata perché il riferimento,
contenuto nell’art. 130 della Costituzione agli “atti dei comuni” da
sottoporre al controllo, non può essere inteso come limitato alle
sole deliberazioni del consiglio comunale e non anche comprensivo dei
provvedimenti della giunta, tranne il caso di discrezionale richiesta
di controllo da parte di quest’ultima;
che è intervenuto nel presente giudizio il Presidente del
consiglio dei ministri, per il tramite dell’Avvocatura generale dello
Stato, per sostenere l’infondatezza della questione, perché il
parametro costituzionale invocato, nel disporre il controllo di
legittimità sugli atti degli enti locali e nel prevederne
l’esercizio ad opera di un organo della regione, non pone vincoli
alla discrezionalità del legislatore circa l’estensione del
controllo medesimo, e la nuova disciplina giuridica risulta conforme
a criteri di ragionevolezza ed efficienza istituzionale, in relazione
alla fondamentale distinzione di competenze tra consiglio e giunta;
Considerato che, ai sensi dell’art. 128 della Costituzione, le
province e i comuni sono enti autonomi nell’ambito dei principi
fissati da leggi generali della Repubblica e che, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, l’entità dei controlli cui un ente
è sottoposto contribuisce in modo determinante a definire la portata
della sua autonomia (ord. 654 del 1988);
che l’art. 130 della Costituzione, per quanto attiene
all’estensione dei controlli ivi disposti, non pone limiti al
legislatore ordinario, rientrando nella sua discrezionalità
l’indicazione degli atti da sottoporre al controllo del comitato
regionale;
che il sistema dei controlli dettato dalla legge n. 142 del
1990, innovando radicalmente la disciplina precedente, è
strettamente correlato alle competenze degli organi, sicché nel
nuovo ordinamento delle autonomie locali, una volta rimarcata la
centralità del consiglio comunale, i cui atti non sfuggono al
controllo di legittimità, e considerato il rapporto di fiducia che
lega la giunta al consiglio comunale, è assicurata la verifica
esterna della legittimità delle deliberazioni assunte dalla giunta,
riconoscendosi ad un terzo dei consiglieri comunali (ovvero ad un
quinto, nei comuni nei quali si vota col sistema maggioritario) il
potere di assoggettarle al controllo preventivo del Co.Re.Co nei casi
e nelle forme previsti dai commi secondo e terzo del censurato art.
45; e ciò, a prescindere dalla possibilità per la giunta stessa di
sottoporre di propria iniziativa i suoi atti al controllo del
comitato (art. 45, primo comma);
che pertanto la questione è manifestamente infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 45 della legge 8 giugno 1990 n. 142
(Ordinamento delle autonomie locali) sollevata, in riferimento
all’art. 130 della Costituzione, dal pretore di Padova con
l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1991.
Il presidente: CORASANITI
Il redattore: CAIANIELLO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1991.
Il direttore della cancelleria: MINELLI