Ordinanza N. 514 del 1991
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1991
Data deposito/pubblicazione
30/12/1991
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/12/1991
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
prof. Cesare MIRABELLI;
24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con
ordinanza emessa il 5 dicembre 1990 dal Pretore di Sassari nel
procedimento penale a carico di Valentino Saba iscritta al n. 471 del
registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 88, prima serie speciale, dell’anno 1991;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 4 dicembre il Giudice relatore
Enzo Cheli;
Ritenuto che nel procedimento penale a carico di Valentino Saba,
imputato di violazione degli artt. 16 e 17 del regio decreto 14
luglio 1898, n. 404, per aver omesso di custodire convenientemente il
bestiame bovino di sua proprietà, il Pretore di Sassari ha
dichiarato rilevante e non manifestamente infondata – in riferimento
all’art. 3 della Costituzione – la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 33 della legge 24 novembre 1981, n. 689
(Modifiche al sistema penale), nella parte in cui circoscrive la
depenalizzazione solo alla norma contenuta nell’art. 672 del codice
penale (omessa custodia e malgoverno di animali) e mantiene in vita
la sanzione penale per “la condotta sostanzialmente uguale o al
limite meno grave sotto il profilo della tutela di beni rilevanti per
l’ordinamento” contemplata negli artt. 16 e 17 del regio decreto 14
luglio 1898, n. 404 (Approvazione del regolamento per la repressione
dell’abigeato e del pascolo abusivo in Sardegna);
che nella ordinanza di rinvio si espone che, a seguito della
legge n. 689 del 1981, la contravvenzione prevista dall’art. 672 del
codice penale per l’omessa custodia ed il malgoverno di animali non
costituisce più reato ed è soggetta alla sola sanzione
amministrativa pecuniaria, mentre – in forza degli artt. 16 e 17 del
regio decreto n. 404 del 1898 – il soggetto che, nei propri fondi,
non custodisca il bestiame di sua proprietà in modo da evitare che
sia danneggiata la proprietà altrui “è punito o con l’arresto fino
a tre mesi o con l’ammenda fino a. 400.000 se si ritiene che l’art.
434 del codice penale abrogato sia stato sostituito dal vigente art.
650 del codice penale oppure fino alla pena massima dell’art. 636 del
codice penale”;
che, ad avviso del giudice a quo, tale situazione darebbe vita
ad una ingiustificata “disparità di trattamento tra i cittadini che
vivono nelle regioni ove trova applicazione il regio decreto n. 404
del 1898 e quelli che vivono altrove” giacché, per questi ultimi, la
omessa custodia di bestiame o rappresenta una condotta irrilevante
per l’ordinamento o è punita con la sola sanzione amministrativa,
mentre le fattispecie regolate dagli artt. 16 e 17 del regio decreto
n. 404 del 1898 rendono applicabile una più grave sanzione di natura
penale;
che nel giudizio dinanzi alla Corte ha spiegato intervento il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata inammissibile o infondata.
Considerato che nelle tre ipotesi di illecito contemplate
nell’art. 672 del codice penale l’oggetto della tutela penale è
costituito dalla incolumità pubblica, che può essere esposta a
pericolo dalla omessa custodia o dal malgoverno di animali o da altri
comportamenti che rendano pericolosi gli animali per le persone;
che, invece, negli artt. 16 e 17 del regio decreto 14 luglio
1898, n. 404, l’oggetto della tutela penale è rappresentato dalla
proprietà fondiaria che si intende salvaguardare da sconfinamenti e
danneggiamenti ad opera di animali privi di adeguata custodia;
che, in ragione della diversità dei beni protetti, le due
normative poste a confronto dal giudice remittente sono
insuscettibili di comparazione sotto il profilo del differente regime
sanzionatorio previsto per la loro violazione e della scelta
discrezionalmente compiuta dal legislatore di depenalizzare solo la
contravvenzione prevista dall’art. 672 del codice penale;
che, pertanto – a parte ogni considerazione sulla sopravvivenza
delle disposizioni dettate dagli artt. 16 e 17 del regio decreto n.
404 del 1898 – la questione di legittimità costituzionale dell’art.
33 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sollevata, in riferimento
all’art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Sassari va dichiarata
manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 33 della legge 24 novembre 1981, n. 689
(Modifiche al sistema penale), nella parte in cui non comprende tra i
casi di depenalizzazione le fattispecie contemplate negli artt. 16 e
17 del regio decreto 14 luglio 1898, n. 404 (Approvazione del
regolamento per la repressione dell’abigeato e del pascolo abusivo in
Sardegna), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione,
dal Pretore di Sassari con la ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1991.
Il presidente: CORASANITI
Il redattore: CHELI
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1991.
Il direttore della cancelleria: MINELLI