Ordinanza N. 520 del 1989
Corte Costituzionale
Data generale
30/11/1989
Data deposito/pubblicazione
30/11/1989
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/11/1989
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425 (Disposizioni relative al
trattamento economico dei magistrati) e dell’art. 9, secondo comma,
della legge 2 aprile 1979, n. 97 (Norme sullo stato giuridico dei
magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e
amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli
avvocati dello Stato), in relazione all’art. 5, ultimo comma, del
d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, all’art. 2, lett. d), della legge
16 dicembre 1961, n. 1308, ed all’art. 10, ultimo comma, della legge
20 dicembre 1961, n. 1345, così come interpretati dall’art. 1,
secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, promossi con tre
ordinanze emesse il 14 dicembre 1988 dal Consiglio di giustizia
amministrativa per la Regione siciliana, iscritte rispettivamente ai
nn. 300, 301 e 302 del registro ordinanze 1989 e pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale,
dell’anno 1989;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 1989 il Giudice
relatore Francesco Paolo Casavola;
Ritenuto che nel corso di alcuni giudizi in cui gli appellanti,
già magistrati ordinari, avevano ricorso avverso il mancato
riconoscimento, da parte delle sentenze di primo grado, del loro
diritto a percepire una serie di emolumenti, il Consiglio di
giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con tre ordinanze
d’identico contenuto emesse in data 14 dicembre 1988, ha sollevato
questioni di legittimità costituzionale: a) dell’art. 1, secondo
comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, in riferimento agli artt.
24, 102 e 103 della Costituzione; b) dell’art. 9, secondo comma,
della legge 2 aprile 1979, n. 97, in relazione all’art. 5, ultimo
comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, all’art. 2, lett. d),
della legge 16 dicembre 1961, n. 1308 ed all’art. 10, ultimo comma,
della legge 20 dicembre 1961, n. 1345 (così come interpretati
dall’art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425),
nonché, per quanto di ragione del medesimo art. 1, secondo comma,
della legge 6 agosto 1984, n. 425, in riferimento agli artt. 3 e 36
della Costituzione;
che il giudice a quo rileva come il legislatore abbia imposto
una soluzione contraria alle pronunce giurisdizionali sino a quel
momento intervenute, rilevando inoltre che i ricorrenti, in quanto
cessati dal servizio anteriormente al 1° gennaio 1983, hanno subito
soltanto gli effetti sfavorevoli e non anche quelli positivi della
legge
6 agosto 1984, n. 425;
che il giudice rimettente, nel segnalare l’irrazionalità insita
nella differenziazione di trattamento tra le varie categorie di
magistrati e, nel richiamare analoghe ordinanze di rimessione del
Consiglio di Stato sollecita il riesame, da parte di questa Corte,
delle questioni già dichiarate infondate con la sentenza n. 413 del
1988;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, il quale ha
chiesto la declaratoria d’infondatezza;
Considerato che i giudizi possono essere riuniti e decisi con
un’unica ordinanza;
che questa Corte, con la sentenza n. 413 del 1988, ha già
dichiarato l’infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984,
n. 425, escludendo, in particolare, la lesione degli artt. 24, 102 e
103 della Costituzione sulla base della ratio della norma impugnata,
la quale, oltre ad eliminare incertezze interpretative, è volta a
costituire “l’indispensabile presupposto logico e organizzatorio
della ristrutturazione del trattamento economico per tutte le
categorie dei magistrati”;
che tale principio è stato altresì ribadito nelle ordinanze n.
1047 del 1988, n. 48 del 1989 e, soprattutto, n. 1083 del 1988;
che in quest’ultima decisione la Corte ha dichiarato
manifestamente infondata anche la questione di legittimità
costituzionale concernente l’art. 9, secondo comma, della legge n. 97
del 1979, sollevata dal Consiglio di Stato con le ordinanze
richiamate dal giudice a quo;
che tale conclusione è stata raggiunta in quanto nel complesso
della normativa si è ravvisato l’esercizio di discrezionalità
legislativa finalizzata alla realizzazione del principio di
eguaglianza o di ragionevolezza;
che il rimettente Consiglio non prospetta argomenti ulteriori o
diversi rispetto a quelli a suo tempo esaminati, limitandosi in
sostanza a richiedere un riesame delle suddette affermazioni;
che le questioni sono pertanto manifestamente infondate;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi,
1) dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, secondo comma, della legge 6
agosto 1984, n. 425 (Disposizioni relative al trattamento economico
dei magistrati), sollevata, in riferimento agli artt. 24, 102 e 103
della Costituzione, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la
Regione siciliana con le ordinanze di cui in epigrafe;
2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 9, secondo comma, della legge 2
aprile 1979, n. 97 (Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul
trattamento economico dei magistrati ordinari e amministrativi, dei
magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato), in
relazione all’art. 5, ultimo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n.
1080, all’art. 2, lett. d), della legge 16 dicembre 1961, n. 1308 ed
all’art. 10, ultimo comma, della legge 20 dicembre 1961, n. 1345
(così come interpretati dall’art. 1, secondo comma, della legge 6
agosto 1984, n. 425), nonché, “per quanto di ragione”, del medesimo
art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, sollevata,
in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dal Consiglio di
giustizia amministrativa per la Regione siciliana con le ordinanze di
cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 novembre 1989.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: CASAVOLA
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 30 novembre 1989.
Il direttore della cancelleria: MINELLI