Ordinanza N. 56 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
04/03/1999
Data deposito/pubblicazione
04/03/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
24/02/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
e 514, del codice di procedura penale, come modificati dalla legge 7
agosto 1997, n. 267 (Modifica delle disposizioni del codice di
procedura penale in tema di valutazione delle prove), promossi con
ordinanze emesse il 19 dicembre 1997 dal Tribunale di Milano, il 6
febbraio 1998 dal Tribunale di Torino, il 22 ed il 21 aprile 1998 dal
Tribunale di Udine, il 22 aprile 1998 dal Tribunale di Roma, il 7
maggio 1998 dal Tribunale di Avezzano, il 20 maggio 1998, dal
Tribunale di Pescara e l’11 giugno 1998 dal pretore di Pescara,
rispettivamente iscritte ai nn. 93, 265, 428, 429, 461, 494, 602 e
630 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica nn. 9, 16, 25, 26, 28, 37, 38, prima serie speciale,
dell’anno 1998.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1999 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che il Tribunale di Milano (r.o. n. 93 del 1998), il
Tribunale militare di Torino (r.o. n. 265 del 1998), il Tribunale di
Udine (r.o. nn. 428 e 429 del 1998), il Tribunale per i minorenni di
Roma (r.o. n. 461 del 1998), il Tribunale di Avezzano (r.o. n. 494
del 1998), il Tribunale di Pescara (r.o. n. 602 del 1998) e il
pretore di Pescara (r.o. n. 630 del 1998) hanno sollevato, in
riferimento agli artt. 3, 24, 25, 97, 101, 102, 111 e 112 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 513,
comma 2, del codice di procedura penale, come modificato dalla legge
7 agosto 1997, n. 267 (Modifica delle disposizioni del codice di
procedura penale in tema di valutazione delle prove), nella parte in
cui subordina all’accordo delle parti l’utilizzabilità ai fini della
decisione delle dichiarazioni rese nella fase delle indagini
preliminari dall’imputato in procedimento connesso che si avvalga in
dibattimento della facoltà di non rispondere;
che, in particolare, il Tribunale di Avezzano impugna, unitamente
all’art. 513, comma 2, cod. proc. pen., anche l’art. 514 dello stesso
codice;
che tutte le questioni sono state sollevate nel corso di
dibattimenti nei quali alcuni imputati in procedimenti connessi,
citati per la prima volta dopo l’entrata in vigore della legge n. 267
del 1997, si erano avvalsi della facoltà di non rispondere, e le
parti non avevano prestato il consenso alla utilizzazione delle
dichiarazioni rese in precedenza;
che, secondo i rimettenti, l’art. 513, comma 2, cod. proc. pen.
sarebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione per la
irragionevole diversità della disciplina riservata alle
dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dall’imputato
in procedimento connesso che in dibattimento si avvalga della
facoltà di non rispondere rispetto: a quella dettata per le stesse
dichiarazioni quando per fatti o circostanze imprevedibili non sia
possibile ottenere la presenza del soggetto citato ai sensi dell’art.
210 cod. proc. pen. (r.o. n. 265 del 1998, r.o. n. 461 del 1998, r.o.
n. 602 del 1998); alla disciplina riservata alle dichiarazioni
testimoniali rese nel corso delle indagini preliminari (r.o. n. 494
del 1998; r.o. n. 602 del 1998); alla disciplina dettata nel comma 1
dell’art. 513 cod. proc. pen., secondo cui le dichiarazioni del
coimputato che rifiuta in dibattimento di sottoporsi all’esame sono
utilizzabili nei confronti dell’imputato consenziente (r.o. n. 494
del 1998);
che, secondo i giudici a quibus l’art. 513, comma 2, cod. proc.
pen. determina altresì disparità di trattamento tra l’imputato
raggiunto da dichiarazioni accusatorie rese da un imputato in
procedimento connesso divenute irripetibili ai sensi dell’art. 512
cod. proc. pen., come tali utilizzabili per la decisione, e
l’imputato attinto dalle dichiarazioni di un imputato in procedimento
connesso, irripetibili a seguito dell’esercizio della facoltà di non
rispondere e quindi inutilizzabili ai fini della decisione (r.o. nn.
428 e 429 del 1998);
che i rimettenti lamentano inoltre che l’art. 513, comma 2, cod.
proc. pen., vietando in mancanza dell’accordo delle parti
l’acquisizione delle dichiarazioni legittimamente assunte prima del
dibattimento, deroghi irragionevolmente al principio di non
dispersione della prova e impedisca al giudice la piena conoscenza
dei fatti del giudizio, così sacrificando l’esercizio della funzione
giurisdizionale, il cui fine è quello della ricerca della verità,
con conseguente lesione anche del principio dell’obbligatorietà
dell’azione penale, in contrasto con gli artt. 3, 25, 101, secondo
comma, della Costituzione (r.o. n. 93 del 1998), con gli artt. 3,
24, secondo comma, 25, secondo comma, 101, secondo comma, 102, primo
comma, e 111 della Costituzione (r.o. n. 265 del 1998), con gli artt.
3, 101 e 112 della Costituzione (r.o. nn. 428 e 429 del 1998, nelle
quali il principio di non dispersione viene ricondotto agli artt. 2,
3 e 25, secondo comma, Cost.), con gli artt. 3 e 25 della
Costituzione (r.o. n. 461 del 1998), con gli artt. 101, secondo
comma, e 111 della Costituzione (r.o. n. 494 del 1998, che evoca
anche l’art. 24 della Costituzione per violazione del diritto di
difesa della parte civile e del coimputato che abbiano in ipotesi
interesse alla utilizzazione di dichiarazioni favorevoli) e con
l’art. 3 della Costituzione (r.o. n. 630 del 1998);
che, infine, a giudizio dei rimettenti l’art. 513, comma 2, cod.
proc. pen., subordinando alla volontà delle parti l’ingresso delle
dichiarazioni rese in precedenza da imputati in procedimenti connessi
fra il materiale probatorio sottoposto alla valutazione del giudice,
introduce un principio dispositivo in materia probatoria, in
contrasto con i principi di uguaglianza, legalità, esercizio
dell’azione penale, funzione conoscitiva del processo e
indefettibilità della giurisdizione, con violazione degli artt. 101,
secondo comma, e 112 della Costituzione (r.o. n. 93 del 1998, r.o.
nn. 428 e 429 del 1998; r.o. n. 461 del 1998; r.o. n. 602 del 1998,
secondo cui sarebbe violato anche l’art. 97 Cost.), degli artt. 3,
25, secondo comma, 102 e 112 della Costituzione (r.o. n. 265 del
1998);
che nei giudizi promossi con le ordinanze iscritte ai nn. 93,
265, 428, 429, 461, 494 e 630 del r.o. del 1998 è intervenuto il
Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, riportandosi integralmente,
stante l’analogia delle questioni, al contenuto dell’atto di
intervento relativo ai giudizi di costituzionalità promossi con le
ordinanze iscritte ai nn. 776 e 787 del r.o. del 1997, già decisi
con sentenza n. 361 del 1998, nonché, per i giudizi promossi con
ordinanze iscritte ai nn. 265 e 494 del r.o. del 1998, all’atto di
intervento relativo alla questione sollevata con ordinanza del 1
dicembre 1997 dal Tribunale di Lecco, fissata per la camera di
consiglio del 10 febbraio 1999, (r.o. n. 112 del 1998).
Considerato che tutte le ordinanze di rimessione, muovendo dal
quadro normativo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 7
agosto 1997, n. 267, sottopongono a censura il regime di
inutilizzabilità ai fini della decisione, in mancanza dell’accordo
delle parti, delle dichiarazioni rese nella fase delle indagini
preliminari dall’imputato in procedimento connesso che si avvalga in
dibattimento della facoltà di non rispondere;
che i giudizi, attesa la sostanziale identità delle questioni,
vanno riuniti;
che, successivamente alla emissione delle ordinanze, questa
Corte, con sentenza n. 361 del 1998, ha inciso sul predetto quadro
normativo, dichiarando la illegittimità costituzionale, tra l’altro,
dell’art. 513, comma 2, ultimo periodo, del codice di procedura
penale “nella parte in cui non prevede che, qualora il dichiarante
rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su fatti
concernenti la responsabilità di altri già oggetto delle sue
precedenti dichiarazioni, in mancanza dell’accordo delle parti alla
lettura si applica l’art. 500, commi 2-bis e 4, del codice di
procedura penale”;
che pertanto occorre restituire gli atti ai giudici rimettenti
affinché verifichino se, alla luce della nuova disciplina
applicabile a seguito della sentenza n. 361 del 1998, le questioni
sollevate siano tuttora rilevanti;
che per quanto concerne la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 514 cod. proc. pen. sollevata, in
riferimento agli artt. 3, 24, 101, secondo comma, e 111, primo
comma, della Costituzione dal Tribunale di Avezzano, con la sentenza
richiamata questa Corte ha dichiarato l’inammissibilità di analoga
questione sul presupposto che “l’art. 514 non ha autonomo contenuto
normativo rispetto alle regole di utilizzazione probatoria delle
dichiarazioni rese in precedenza”;
che pertanto la questione va dichiarata manifestamente
inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi:
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 514 del codice di procedura
penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, secondo
comma, e 111, primo comma, della Costituzione dal Tribunale di
Avezzano con l’ordinanza in epigrafe;
ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Milano, al
Tribunale militare di Torino, al Tribunale di Udine, al Tribunale per
i minorenni di Roma, al Tribunale di Avezzano, al Tribunale di
Pescara e al pretore di Pescara in relazione alla questione di
legittimità costituzionale dell’art. 513, comma 2, del codice di
procedura penale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Neppi Modona
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 4 marzo 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola