Ordinanza N. 566 del 2000
Corte Costituzionale
Data generale
20/12/2000
Data deposito/pubblicazione
20/12/2000
Data dell'udienza in cui è stato assunto
13/12/2000
Presidente: Fernando SANTOSUOSSO;
Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK;
comma, primo periodo, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. “E”
(Legge sul contenzioso amministrativo), promosso con ordinanza emessa
il 7 luglio 1999 dal giudice istruttore presso il tribunale di Roma
nel procedimento civile vertente tra Franco Polidori e il Ministero
delle finanze ed altro, iscritta al n. 26 del registro ordinanze 2000
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, 1ª serie
speciale, dell’anno 2000.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 15 novembre 2000 il giudice
relatore Franco Bile;
Ritenuto che con ordinanza del 7 luglio 1999 il giudice
istruttore presso il tribunale di Roma – in un procedimento cautelare
promosso da un ricorrente per la sospensione (ex art. 700 del codice
di procedura civile) dell’esecutività di un avviso di mora,
notificato in data 14 novembre 1997, con cui il concessionario del
servizio della riscossione lo aveva invitato al pagamento di quanto
dovuto a titolo di imposta di fabbricazione sugli oli minerali – ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione,
questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 4,
secondo comma, della legge 20 marzo 1865, n.2248, All. E (Legge sul
contenzioso amministrativo), nella parte in cui non consente
all’autorità giudiziaria di sospendere il ruolo esattoriale emanato
per la riscossione coattiva dei tributi rientranti nella sua
giurisdizione ai sensi dell’art. 9 cod. proc. civ.,
che, secondo il giudice rimettente, pur sussistendo nella
specie i presupposti per l’emissione del provvedimento d’urgenza
richiesto, è di ostacolo alla concessione del provvedimento
cautelare il citato art. 4, secondo comma, della legge 20 marzo 1865,
n. 2248, All. E, che fa divieto al giudice ordinario di revocare o
modificare un atto amministrativo;
che tale impedimento confliggerebbe con l’art. 3 Cost., per
il trattamento ingiustificatamente differenziato tra tributi
rientranti nella competenza giurisdizionale del giudice tributario,
per i quali il potere cautelare di sospensione è previsto
espressamente dall’art. 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992,
n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della
delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre
1991, n. 413), e tributi rientranti ancora nella residuale competenza
del giudice ordinario, per i quali invece tale potere non è
previsto;
che sarebbero violati altresì l’art. 24 della Costituzione
(perché la mancanza della tutela cautelare compromette la stessa
effettività della tutela giurisdizionale) e l’art. 113 della
Costituzione (in ragione della ritenuta limitazione dei mezzi di
impugnazione degli atti di riscossione di tributi rientranti nella
giurisdizione del giudice ordinario);
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha
concluso per l’inammissibilità e comunque per l’infondatezza della
questione di costituzionalità.
Considerato che il legislatore è recentemente intervenuto
riformando la disciplina della riscossione mediante ruolo (decreto
legislativo 26 febbraio 1999, n. 46) e che in particolare all’art. 29
ha espressamente previsto – per le entrate tributarie diverse da
quelle elencate nell’art. 2 del decreto legislativo n. 546 del 1992,
ossia diverse da quelle rientranti nella giurisdizione delle
Commissioni tributarie (oltre che per le entrate non tributarie) – il
potere del giudice competente di sospendere la riscossione per gravi
motivi, che, nel caso di esecuzione già iniziata, devono concorrere
con il pericolo di grave ed irreparabile danno per il contribuente
esecutato;
che tale nuova disciplina si applica alle procedure esecutive
non ancora in corso al 1° luglio 1999, data di entrata in vigore del
medesimo decreto legislativo n. 46 del 1999 (come espressamente
contemplato dall’art. 39, comma 9, dello stesso);
che, pertanto, a partire da tale data, è previsto un
generale potere del giudice competente di sospendere la riscossione
esattoriale;
che, nella specie, il giudice rimettente non indica se e
quando l’esecuzione sia iniziata, non facendo menzione di alcun
pignoramento, quale atto successivo all’avviso di mora oggetto
dell’impugnazione, e non si pone il problema dell’applicabilità o
meno della nuova normativa (art. 29 cit.), già vigente all’epoca
dell’ordinanza di rimessione e direttamente rilevante al fine della
valutazione delle censure sollevate;
che il giudice rimettente neppure considera la circostanza
che, prima della data suddetta, era comunque ancora vigente l’art.
11, comma 5, del d.l. 13 maggio 1991, n. 151, convertito nella legge
12 luglio 1991, n. 22, che, nell’interpretazione accolta dalla
giurisprudenza di legittimità, rimetteva la cognizione dei ricorsi
avverso il ruolo e gli avvisi di mora per la riscossione dei tributi
di cui all’art. 67 del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 (Istituzione del
Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e
di altri enti pubblici, ai sensi dell’articolo 1, della legge 4
ottobre 1986, n. 657) – tra cui le imposte di fabbricazione quale
quella oggetto del giudizio a quo – alle Commissioni tributarie,
facoltizzate (ex art. 47 del d.lgs. n. 546 del 1992, cit.) a
sospendere l’esecuzione dell’atto impugnato;
che, pertanto, la questione di costituzionalità è
manifestamente inammissibile per insufficiente motivazione sulla
rilevanza, non avendo il giudice rimettente motivato in ordine alla
sussistenza o meno dei presupposti di fatto per l’applicabilità al
caso di specie della norma impugnata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 4, secondo comma, della legge
20 marzo 1865, n. 2248, All. E (Legge sul contenzioso
amministrativo), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113
della Costituzione, dal giudice istruttore presso il tribunale di
Roma, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 2000.
Il Presidente: Santosuosso
Il redattore: Bile
Il cancelliere: Fruscella
Depositata in cancelleria il 20 dicembre 2000.
Il cancelliere: Fruscella