Ordinanza N. 569 del 1990
Corte Costituzionale
Data generale
28/12/1990
Data deposito/pubblicazione
28/12/1990
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/12/1990
Presidente: prof. Giovanni CONSO;
Giudici: prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv.
Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof. Luigi MENGONI, prof.
Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
della legge 23 marzo 1977, n. 97 (Disposizioni in materia di
riscossione dell’imposta sui redditi), promosso con ordinanza emessa
il 12 marzo 1990 dalla Commissione tributaria di primo grado di
Biella sul ricorso proposto da Cedolini Silvio, iscritta al n. 448
del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell’anno 1990;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 28 novembre 1990 il Giudice
relatore Giuseppe Borzellino;
Ritenuto che con ordinanza emessa il 12 marzo 1990 dalla
Commissione Tributaria di primo grado di Biella sul ricorso proposto
da Cedolini Silvio (reg. ord. n. 448/90) è stata sollevata questione
di legittimità costituzionale dell’art. 1, primo comma, della legge
23 marzo 1977, n. 97 (Disposizioni in materia di riscossione delle
imposte sui redditi) e successive modificazioni, “nell’ipotesi in cui
non prevede che il contribuente assoggettato all’obbligo della
ritenuta d’acconto possa effettuare la compensazione tra quanto da
lui dovuto a titolo di acconto sull’imposta IRPEF e l’eventuale
credito di imposta dallo stesso soggetto vantato in conseguenza di
versamenti di importi a titolo di ritenuta di acconto, in eccedenza
rispetto all’imposta realmente dovuta per il periodo considerato”, in
riferimento agli artt. 3 e 53 Cost.;
che l’impossibilità di compensazione contrasterebbe anche con
la più recente legislazione tributaria che tale compensazione
consente relativamente ad altri tipi di imposta (es. IVA);
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
che ha concluso per l’inammissibilità ovvero l’infondatezza della
questione;
Considerato che un sistema di “compensazione” in previsione di una
minore imposta da dichiarare nella successiva dichiarazione era
comunque previsto, entro presupposti e limiti determinati, dall’art.
2 legge 23 marzo 1977, n. 97, e successive modificazioni, sistema di
recente ampliato e modificato dall’art. 4 del decreto-legge 2 marzo
1989, n. 69, conv. in legge 27 aprile 1989, n. 154;
che pertanto la questione, incentrata su norma diversa da quelle
indicate (disciplinanti la materia) e prospettata sì da cancellare
tout court l’attuale sistema, si appalesa manifestamente infondata,
anche in considerazione della non comparabilità del tertium
comparationis indicato nell’ordinanza di rimessione (IVA);
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, primo comma, della legge 23 marzo 1977,
n. 97 (Disposizioni in materia di riscossione delle imposte sui
redditi), in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione,
sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Biella con
l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1990.
Il Presidente: CONSO
Il redattore: BORZELLINO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1990.
Il cancelliere: DI PAOLA