Ordinanza N. 58 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
04/03/1999
Data deposito/pubblicazione
04/03/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
24/02/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA,
prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
lettera a), 19 e 22 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285
(Nuovo codice della strada), promossi con ordinanze emesse il 6
aprile 1998 dal pretore di Genova nel procedimento penale a carico di
Ravaglia Marco, iscritta al n. 392 del registro ordinanze 1998 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima
serie speciale, dell’anno 1998 ed il 15 luglio 1998 dal pretore di
Genova, sezione staccata di Recco, nel procedimento penale a carico
di Pipitone Giovanni, iscritta al n. 690 del registro ordinanze 1998
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima
serie speciale, dell’anno 1998.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1999 il giudice
relatore Cesare Ruperto.
Ritenuto che – nel corso di un procedimento instaurato a séguito
di opposizione a decreto penale di condanna proposta da un
automobilista, imputato del reato di inversione di marcia del veicolo
in area autostradale – il pretore di Genova, con ordinanza emessa il
6 aprile 1998, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 176,
commi 1, lettera a), 19 e 22, del decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui assoggetta al
medesimo trattamento sanzionatorio penale e amministrativo le
condotte in esso descritte, commesse in qualsiasi tratto di
autostrada e, quindi, anche sugli svincoli, in particolare – come
nella fattispecie oggetto del giudizio principale – nei piazzali
antistanti i caselli di ingresso;
che, a giudizio del rimettente, la norma impugnata sarebbe lesiva
del principio di uguaglianza, poiché: a) accomuna in un analogo
trattamento condotte che possono assumere eccezionale gravità, in
quanto atte a creare gravissimo pericolo alla circolazione (quali le
inversioni di marcia attraverso i by pass esistenti lungo il
tracciato autostradale), ed altre condotte (come quella ascritta
all’imputato) che non possono in alcun modo connotarsi per analoghi
caratteri di pericolosità; b) tratta in maniera più severa la
fattispecie de qua rispetto ad altre analoghe condotte, contrarie a
norme di comportamento dettate dal codice della strada, altrettanto
se non addirittura più gravi sul piano della pericolosità (tra le
quali il rimettente cita, in particolare: l’inversione di marcia
nello svincolo autostradale, prima del cartello d’inizio
dell’autostrada; la retromarcia in autostrada; l’inversione di marcia
nelle strade urbane ed extraurbane in corrispondenza di intersezioni,
curve o dossi; il sorpasso in caso di scarsa visibilità o in
corrispondenza di intersezioni; la circolazione contromano in
generale e quella in corrispondenza di curve, in casi di scarsa
visibilità o in strade con carreggiate separate);
che, sempre secondo il rimettente, la norma censurata
contrasterebbe anche col principio di ragionevolezza, in quanto la
disparità di trattamento evidenziata sub a) non può essere
attenuata dalla possibilità per il giudice di graduare in concreto
la pena, prevista in maniera assai severa e sproporzionata rispetto
al fatto commesso;
che, nel corso di altro analogo procedimento penale, con
ordinanza emessa il 15 luglio 1998, il pretore di Genova, sezione
distaccata di Recco, ha sollevato con identiche motivazioni la
medesima questione di legittimità costituzionale delle menzionate
disposizioni dell’art. 176 del codice della strada;
che in entrambi i giudizi è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di
inammissibilità o di infondatezza delle sollevate questioni.
Considerato che i dubbi di legittimità costituzionale investono la
medesima norma e sono prospettati con identiche motivazioni, per cui
i relativi giudizi possono essere riuniti e congiuntamente decisi;
che, in generale, secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte, uno scrutinio che direttamente investa il merito delle scelte
sanzionatorie del legislatore, è possibile soltanto ove “l’opzione
normativa contrasti in modo manifesto con il canone della
ragionevolezza, vale a dire si appalesi, in concreto, come
espressione di un uso distorto della discrezionalità, che raggiunga
una soglia di evidenza tale da atteggiarsi alla stregua di una
figura, per così dire, sintomatica di eccesso di potere e, dunque,
di sviamento rispetto alle attribuzioni che l’ordinamento assegna
alla funzione legislativa” (sentenza n. 313 del 1995; nello stesso
senso, da ultimo, ordinanza n. 297 del 1998);
che, in particolare per quanto riguarda le disposizioni come
sopra denunciate, questa Corte ha già dichiarato la non fondatezza
(con la sentenza n. 373 del 1996) e successivamente la manifesta
infondatezza (con le ordinanze nn. 89, 190 e 422 del 1997 e n. 235
del 1998, tutte ignorate dai rimettenti) di analoghe questioni,
sempre ribadendo che non spetta ad essa di rimodulare le scelte
punitive adottate dal legislatore nella sua sfera discrezionale, né
di stabilire la quantificazione delle sanzioni, e rilevando che il
lamentato trattamento punitivo non può essere comparato con quello
non omogeneo previsto dallo stesso codice della strada per la
violazione di altre diverse condotte;
che, tanto premesso, per superare i dubbi prospettati dal
rimettente basta ora osservare come la censurata norma coerentemente
sanzioni (peraltro consentendo una congrua graduabilità, tra un
minimo ed un massimo) condotte ritenute dal legislatore idonee a
determinare situazioni di gravissimo pericolo (cfr. la citata
sentenza n. 373 del 1996), ad evitare le quali egli ha previsto un
divieto assoluto che appare correlato alla regola della
unidirezionalità obbligatoria della circolazione, non certo
irragionevolmente imposta in qualunque punto dei tratti autostradali,
proprio per le evidenti caratteristiche di questi rispetto alle
strade comuni;
che, pertanto, le questioni sono manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara la manifesta infondatezza delle
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 176, commi 1,
lettera a), 19 e 22, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285
(Nuovo codice della strada), sollevate, in riferimento all’art. 3
della Costituzione, dal pretore di Genova e dal pretore di Genova,
sezione distaccata di Recco, rispettivamente con le ordinanze
indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Ruperto
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 4 marzo 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola