Ordinanza N. 6 del 2002
Corte Costituzionale
Data generale
30/01/2002
Data deposito/pubblicazione
30/01/2002
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/01/2001
Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK;
sorto a seguito delle delibere della Camera dei deputati del
24 novembre 1999, 9 e 14 marzo 2000 e del Senato della Repubblica del
31 maggio 2000, relative alla insindacabilità delle opinioni
espresse dagli on. Marco Follini, Gianfranco Fini, Beppe Pisanu e
Tiziana Maiolo e dal sen. Marcello Pera nei confronti del dott.
Giancarlo Caselli ed altri, promosso dal giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Roma – ufficio 20 – con ricorso
depositato il 5 aprile 2001 ed iscritto al n. 187 del registro
ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 7 novembre 2001 il giudice
relatore Franco Bile.
Ritenuto che con ricorso del 5 marzo 2001, il giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Roma – nel corso di
procedimenti penali riuniti, pendenti per i delitti di cui agli
artt. 595 del codice penale e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47
(Disposizioni sulla stampa), a carico dei deputati Tiziana Maiolo,
Gianfranco Fini, Beppe Pisanu e Marco Follini, e del senatore
Marcello Pera – ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri
dello Stato nei confronti di ciascuna delle deliberazioni, con cui la
Camera di appartenenza dei parlamentari ha ritenuto insindacabili le
dichiarazioni da essi rese, per le quali sono state formulate le
imputazioni;
che – come il rimettente riferisce – i procedimenti sono
stati originati da querele proposte il 9 giugno 1999 dall’allora
Procuratore della Repubblica di Palermo, dottor Giancarlo Caselli, e
dai Sostituti, dottori Guido Lo Forte, Domenico Gozzo, Antonio
Ingroia, Mauro Terranova, Lia Sava ed Umberto De Giglio (che, in data
22 gennaio 1999, avevano formulato la richiesta di custodia cautelare
del deputato Marcello Dell’Utri, alla quale le dichiarazioni rese dai
parlamentari si riferivano), ed il pubblico ministero, riuniti i
procedimenti, ha esercitato l’azione penale, richiedendo il rinvio a
giudizio dei parlamentari stessi;
che l’imputazione formulata a carico della deputata Maiolo si
riferisce alle dichiarazioni rese nel corso dell’intervista riportata
dall’agenzia ANSA il 9 marzo 1999, con nota dal titolo “Dell’Utri:
Maiolo, candidarlo a Strasburgo come Tortora”, con le quali ella
avrebbe offeso ripetutamente la reputazione dei medesimi magistrati,
affermando precisamente: “… organizzare da Strasburgo la battaglia
contro le organizzazioni mafiose di stampo istituzionale che
ammorbano l’Italia”, “abbiamo di fronte una strategia ben congegnata
che punta alla distruzione per via giudiziaria dell’opposizione
politica … Una strategia che ricorre alla campagna acquisti di
“pentiti e di “pentituri a quali si offrono privilegi di ogni tipo in
cambio di dichiarazioni mirate”;
che l’imputazione formulata a carico del deputato Fini si
riferisce alla dichiarazione “È in atto una campagna politica”,
ritenuta offensiva della reputazione degli stessi magistrati, resa
nel corso dell’intervista pubblicata sul quotidiano “Il Messagero” il
10 marzo 1999, nell’articolo intitolato “Il verdetto di Fini e La
Russa: accuse deboli” e sottotitolato “Pera: il vero bersaglio è il
cavaliere. Ma Maroni difende Caselli: è onesto. È l’inizio della
campagna elettorale”;
che l’imputazione formulata a carico del deputato Pisanu si
riferisce alla dichiarazione “siamo di fronte a una iniziativa
giudiziaria a orologeria politica caduta puntualmente in vista di
grandi scadenze elettorali”, ritenuta offensiva della reputazione dei
menzionati magistrati e risultante da una nota ANSA del 10 marzo
1999, intitolata “Dell’Utri: Pisanu, azione giudiziaria a orologeria
politica”;
che l’imputazione formulata a carico del deputato Follini si
riferisce alla dichiarazione “La richiesta di arresto di Dell’Utri è
un’operazione politica camuffata da provvedimento giudiziario … in
questa storia c’è un amaro riassunto delle forzature di una
giustizia di parte”, ritenuta offensiva della reputazione dei
menzionati magistrati e risultante dalla nota ANSA del 9 marzo 1999
intitolata “Dell’Utri: Follini, operazione politica camuffata”;
nonché alla dichiarazione “Un’operazione politica camuffata da
provvedimento giudiziario”, resa nel corso dell’intervista pubblicata
sul quotidiano Il Messaggero il 10 marzo 1999 sotto lo stesso titolo
relativo alla dichiarazione del deputato Fini;
che l’imputazione formulata a carico del senatore Pera si
riferisce alla dichiarazione “Il vero e ultimo bersaglio di Caselli
è Berlusconi e Forza Italia … Se questo Paese deve essere
governato dal Parlamento o da qualche Stranamore in toga”, ritenuta
offensiva della reputazione dei menzionati magistrati, resa
nell’intervista pubblicata sul medesimo quotidiano il 10 marzo 1999
sotto lo stesso titolo relativo alla dichiarazione del deputato Fini;
che l’autorità giudiziaria ricorrente – ritenuta la
necessità di sottoporre alla Corte costituzionale la legittimità
delle deliberazioni con cui la Camera dei deputati ed il Senato hanno
ritenuto le dichiarazioni oggetto dei capi di imputazioni
riconducibili alla previsione dell’art. 68, primo comma, della
Costituzione – ha, all’udienza preliminare, disposto la separazione
delle posizioni dei parlamentari e sospeso il procedimento;
che le ragioni del conflitto di attribuzione tra poteri dello
Stato sono ravvisate nel rilievo che erroneamente le Camere hanno
ritenuto le dichiarazioni “direttamente connesse” all’esercizio delle
funzioni parlamentari, mentre questa Corte ha più volte affermato
che rientrano nella garanzia dell’art. 68 “solo le opinioni legate da
“nesso funzionale con le attività svolte dal dichiarante nella sua
qualità di parlamentare”, perché se così non fosse “la prerogativa
si tramuterebbe in un ingiustificato ed ingiusto privilegio
personale”;
che il suddetto nesso funzionale, secondo il rimettente, si
può ravvisare “quando le dichiarazioni corrispondono a quelle
espresse nel corso delle attività proprie del parlamentare, con
esclusione, quindi, di quelle attività che, pur connesse in senso
lato all’esercizio di dette funzioni, ne sono tuttavia estranee,
essendo riferibili, ad esempio all’attività politica espletata
all’interno dei partiti”;
che al riguardo il ricorrente riporta ampi passi delle
sentenze n. 10 e n. 56 del 2000 della Corte costituzionale, traendone
la conclusione che “poiché l’insindacabilità delle dichiarazioni
rese extra moenia può essere riconosciuta solo ove vi sia
corrispondenza sostanziale tra le dichiarazioni stesse e quelle
espresse nell’ambito dell’attività tipica del parlamentare”,
l’insindacabilità può riconoscersi “solamente se tale ultima
attività sia stata espletata, cioè nel caso in cui il parlamentare
abbia già espresso dichiarazioni od opinioni nella sede propria
parlamentare e solo successivamente o, quanto meno, contestualmente
abbia dato pubblicità esterna ad esse”;
che non potrebbe, dunque, riconoscersi alcun nesso funzionale
fra le dichiarazioni dei deputati Fini, Maiolo, Pisanu e Follini e la
loro attività parlamentare, non trovando tali dichiarazioni
corrispondenza in analoghe opinioni espresse, in precedenza o
contestualmente, in sede parlamentare;
che per il senatore Pera l’inesistenza dell’insindacabilità,
sotto il profilo del difetto di nesso funzionale, emergerebbe dal
fatto che, essendo la decisione sull’arresto dell’on. Dell’Utri di
competenza della Camera e non del Senato, non solo il senatore non
aveva ancora espresso la sua opinione in sede parlamentare, “ma mai
avrebbe potuto esprimerla in tale sede, essendo membro di una Camera
diversa da quella competente a decidere”;
che le deliberazioni della Camera e del Senato, essendosi
basate – ad avviso del ricorrente – su un’errata valutazione dei
presupposti dell’art. 68, avrebbero illegittimamente interferito
nelle attribuzioni dell’autorità giudiziaria;
che, sulla base di tali ragioni il ricorrente solleva
conflitto di attribuzioni nei confronti della Camera e del Senato e
chiede l’annullamento delle indicate deliberazioni.
Considerato che in questa fase del giudizio la Corte – come più
volte già affermato – è chiamata a deliberare, senza
contraddittorio delle parti e prima facie, in ordine
all’ammissibilità dei conflitti sotto il profilo
dell’identificazione dei poteri dello Stato, che si contrappongono, e
dell’esistenza della materia di un conflitto, la cui risoluzione
spetti alla propria competenza, restando comunque impregiudicata ogni
ulteriore decisione, anche circa l’ammissibilità, con riguardo,
altresì, alla stessa incidenza delle menzionate delibere
parlamentari sui procedimenti pendenti avanti all’autorità
giudiziaria ricorrente;
che, sotto il profilo soggettivo, i singoli organi
giurisdizionali sono – secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte – legittimati, nell’esercizio dell’attività giurisdizionale,
esercitata in piena indipendenza, ad essere parte nei conflitti di
attribuzione tra poteri dello Stato e pari legittimazione spetta alla
Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica, in quanto organi
competenti a dichiarare definitivamente la propria volontà in ordine
all’applicabilità dell’art. 68 della Costituzione alle dichiarazioni
oggetto del procedimento giurisdizionale;
che, sotto il profilo oggettivo, l’autorità giudiziaria
ricorrente lamenta la lesione della propria potestas iudicandi –
consistente in un’attribuzione costituzionalmente garantita – in
conseguenza dell’esercizio, ritenuto illegittimo, del potere,
spettante alla Camera di appartenenza del parlamentare, di dichiarare
l’insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della
Costituzione, delle opinioni espresse dai parlamentari;
che, pertanto, ricorrono i requisiti sia soggettivi che
oggettivi necessari al fine di ritenere ammissibili i conflitti di
attribuzione tra poteri dello Stato originati da ciascuna delle
deliberazioni di insindacabilità.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara ammissibili, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo
1953, n.87, i conflitti di attribuzione fra poteri dello Stato
proposti dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Roma nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato
in epigrafe, relativamente alle deliberazioni con le quali è stata
dichiarata la riconducibilità delle dichiarazioni rese dai deputati
Marco Follini, Gianfranco Fini, Beppe Pisanu e Tiziana Maiolo ad
opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni;
Dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo
1953, n.87, il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato
proposto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Roma nei confronti del Senato della Repubblica con il ricorso
indicato in epigrafe, relativamente alla deliberazione con la quale
è stata dichiarata la riconducibilità delle dichiarazioni rese dal
senatore Marcello Pera ad opinioni espresse nell’esercizio delle sue
funzioni;
Dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia comunicazione della
presente ordinanza al giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Roma, autorità giudiziaria ricorrente;
b) che, a cura dell’autorità giudiziaria ricorrente, l’atto
introduttivo dei conflitti e la presente ordinanza, siano notificati,
in relazione alla provenienza delle deliberazioni oggetto dei
conflitti, alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica
entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al
punto a) per essere successivamente depositati nella cancelleria di
questa Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, ai
sensi dell’art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i
giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2002.
Il Presidente: Ruperto
Il redattore: Bile
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 30 gennaio 2002.
Il direttore della cancelleria: Di Paola