Ordinanza N. 638 del 1987
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1987
Data deposito/pubblicazione
30/12/1987
Data dell'udienza in cui è stato assunto
17/12/1987
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI; prof. Enzo CHELI;
comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in
materia di accertamento delle imposte sui redditi), promosso con
ordinanza emessa il 9 maggio 1986 dal Tribunale di Verbania nel
procedimento penale a carico di Rodà Carmelo, iscritta al n. 645 del
registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 54, prima serie speciale, dell’anno 1986;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 25 novembre 1987 il Giudice
relatore Ugo Spagnoli;
Ritenuto, che il Tribunale di Verbania, nel corso di un
procedimento penale a carico di Rodà Carmelo per il reato di
infedele dichiarazione dei redditi di cui al primo comma dell’art. 56
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, solleva questione di legittimità
costituzionale del sesto comma di detto articolo, il quale dispone
che “L’azione penale per i reati di cui ai commi precedenti non può
essere iniziata o proseguita prima che l’accertamento dell’imposta
sia divenuto definitivo. La prescrizione del reato è sospesa fino
alla stessa data”;
che, a parere del giudice a quo, tale disposizione implica che
l’accertamento divenuto definitivo in via amministrativa faccia stato
nel giudizio penale;
che, lo stesso giudice, osservato che nella specie
l’accertamento dell’amministrazione finanziaria gli impedisce di
verificare la asserita falsità di un documento, sul quale esso
accertamento è fondato, prospetta il dubbio che la norma impugnata –
peraltro non coinvolta nella dichiarazione di illegittimità
costituzionale della sentenza n. 88 del 1982 di questa Corte – violi:
a) l’art. 101, secondo comma, Cost., perché contrasta con il
principio del libero convincimento del giudice; b) l’art. 3, primo
comma, Cost., perché introduce una irrazionale differenziazione
degli imputati a seconda che l’imputazione sia relativa a imposte
dirette o indirette; c) l’art. 24, secondo comma, Cost., perché
impedisce l’effettivo esercizio del diritto di difesa;
che, la parte privata non si è costituita;
che, ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei
ministri, chiedendo il rigetto della questione sia per la
possibilità – aperta, a suo avviso, dalla menzionata sentenza
costituzionale n. 88 del 1982 – di dare una interpretazione
adeguatrice alla disposizione censurata, sia perché il principio del
libero convincimento del giudice non dovrebbe in ogni caso, in
presenza di un illecito penale, prevalere sui regimi probatori
diversi previsti dalle norme tributarie;
Considerato che la decisione della controversia sull’eventuale
falsità di documenti posti a fondamento di accertamenti tributari
rientra – secondo i principi generali dell’ordinamento – nella
competenza del giudice ordinario, civile o penale, e che
l’accertamento amministrativo che ne presupponga la veridicità non
è idoneo a far stato nel processo a quo.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 56, sesto comma, d.P.R. 29 settembre 1973,
n. 600, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma,
101, secondo comma Cost., sollevata dal Tribunale di Verbania con
ordinanza del 9 maggio 1986 (r.o. n. 645/1986).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 1987.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: SPAGNOLI
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1987.
Il direttore della cancelleria: MINELLI