Ordinanza N. 67 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
16/02/1993
Data deposito/pubblicazione
16/02/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
08/02/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.
Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato
GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
del decreto-legge 5 maggio 1957, n. 271 (Disposizioni per la
prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli oli
minerali), convertito nella legge 2 luglio 1957, n. 474, come
sostituito dall’art. 21 della legge 31 dicembre 1962, n. 1852
(Modificazioni al regime fiscale dei prodotti petroliferi), promossi
con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 4 maggio 1992 dal Tribunale di Termini
Imerese nel procedimento penale a carico di Todaro Alfredo, iscritta
al n. 392 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno
1992;
2) n. 2 ordinanze emesse il 15 aprile ed il 1° aprile 1992 dal
Pretore di Prato nei procedimenti penali a carico di Franchi Piero
Francesco e Favini Francesco ed altro, rispettivamente iscritte ai
nn. 465 e 466 del registro ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno
1992;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 1992 il Giudice
relatore Vincenzo Caianiello;
Ritenuto che, nel corso di un procedimento penale a carico di un
imputato del reato di cui all’art. 13, primo comma, del decreto-legge
5 maggio 1957, n. 271, convertito nella legge 2 luglio 1957, n. 474,
come sostituito dall’art. 21 della legge 31 dicembre 1962 n. 1852,
per aver esercitato un deposito di oli minerali senza la prescritta
denuncia all’U.T.I.F., il Tribunale di Termini Imerese, con ordinanza
del 4 maggio 1992 (reg. ord. n. 392 del 1992), ha sollevato, in
riferimento all’art. 27, terzo comma, della Costituzione, questione
di legittimità costituzionale di detta norma, “nella parte in cui
fissa la pena minima per il reato in essa previsto nel doppio
dell’imposta relativa ai ‘prodotti trovati’ nel deposito,
intendendosi per ‘prodotti trovati’ tutti i prodotti immessi nel
deposito medesimo”;
che il tribunale ha rilevato che, nel caso di specie, gli oli
minerali non denunciati corrispondevano a Kg. 350 di olio
lubrificante e di gasolio per autotrazione, con un minimo di pena
applicabile di Lire 109.010.880 di multa;
che, a suo avviso, tale sanzione è da reputarsi
irragionevolmente sproporzionata rispetto alla gravità del fatto e
quindi contrastante con l’art. 27, terzo comma della Costituzione,
tenuto anche conto di quanto affermato da questa Corte con la
sentenza n. 313 del 1990, “con particolare riguardo al principio di
proporzionalità fra qualità e quantità della pena da una parte ed
offesa dall’altra, .. senza che in tale estremo rigore sia
ravvisabile alcun segno della finalità di emenda, indefettibile ai
sensi del richiamato principio costituzionale”;
che la stessa questione è stata sollevata, nel corso di
procedimenti penali a carico di più imputati del medesimo reato, dal
Pretore di Prato con ordinanze del 15 aprile 1992 (reg. ord. n. 465
del 1992) e del 1° aprile 1992 (reg. ord. n. 466 del 1992), nelle
quali il giudice a quo ritiene che sussista il dubbio di
costituzionalità della norma denunciata in riferimento al principio
di proporzionalità tra fatto e sanzione (art. 27, terzo comma, della
Costituzione), e che tale dubbio non sia “dissipato dall’ordinanza di
questa Corte n. 427 (rectius: 497) del 1991” – non essendosi
all’epoca la Corte pronunziata, “perché non chiamata a farlo dal
giudice rimettente, sulla compatibilità fra la finalità rieducativa
della pena e la fissazione del relativo minimo edittale nel doppio
dell’imposta relativa ai prodotti immessi nel deposito” – tenuto
anche conto che la sanzione si riferisce ad “una violazione formale,
di mero pericolo, collocata, nella relazione alla legge di
conversione del decreto-legge n. 271 del 1957, fra le infrazioni meno
pericolose”;
che la Presidenza del Consiglio dei ministri, intervenuta in
tutti i giudizi, ha chiesto dichiararsi la manifesta infondatezza
delle questioni, richiamando l’ordinanza di questa Corte n. 285 del
1992;
Considerato che i giudizi debbono essere riuniti, stante
l’identità delle questioni;
che questa Corte, con la richiamata ordinanza n. 497 del 1991,
ha dichiarato la manifesta infondatezza di analoga questione
sollevata sotto il profilo della sproporzione della sanzione prevista
dalla norma denunciata rispetto alla gravità del fatto e che, con
ordinanza n. 327 del 1992 (successiva a quelle che hanno occasionato
il presente giudizio), ha ribadito la manifesta infondatezza della
questione stessa sia sotto il profilo della anzidetta asserita
sproporzione, sia sotto il profilo della inadeguatezza della sanzione
alla finalità rieducativa della pena, con considerazioni idonee a
contrastare le questioni ora all’esame della Corte;
che nel presente giudizio non vengono prospettati argomenti
nuovi che possano indurre a diverso avviso;
che pertanto le questioni devono essere dichiarate
manifestamente infondate;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara la manifesta infondatezza delle
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, primo comma,
del decreto-legge 5 maggio 1957 n. 271 (Disposizioni per la
prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli oli
minerali), convertito nella legge 2 luglio 1957 n. 474, come
sostituito dall’art. 21 della legge 31 dicembre 1962, n. 1852
(Modificazioni al regime fiscale dei prodotti petroliferi),
sollevate, in riferimento all’art. 27, terzo comma, della
Costituzione, dal Tribunale di Termini Imerese e dal Pretore di Prato
con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’8 febbraio 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: CAIANIELLO
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 16 febbraio 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA