Ordinanza N. 80 del 2002
Corte Costituzionale
Data generale
21/03/2002
Data deposito/pubblicazione
21/03/2002
Data dell'udienza in cui è stato assunto
01/03/2002
Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Valerio ONIDA, Carlo
MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK,
Francesco AMIRANTE;
2, 3 e 4 della legge della Regione Piemonte 3 gennaio 1997, n. 4
(Regolamentazione dell’esercizio dell’attività libero-professionale
dei medici veterinari dipendenti dal servizio sanitario nazionale
(SSN), promossi con due ordinanze emesse il 10 maggio 2000 dal
Tribunale amministrativo regionale del Piemonte, rispettivamente
iscritte ai nn. 522 e 523 del registro ordinanze 2000 e pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, 1ª serie speciale,
dell’anno 2000.
Visti gli atti di costituzione di L. B. ed altri, di G. Z. e
della Regione Piemonte;
Udito nella camera di consiglio del 30 gennaio 2002 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte,
nel corso di due giudizi aventi rispettivamente ad oggetto
l’annullamento della nota con cui l’Azienda sanitaria regionale n. 16
di Mondovì ha chiesto ad alcuni medici veterinari da essa dipendenti
informazioni sulla loro attività libero-professionale, nonché
dell’atto con cui l’Azienda sanitaria regionale del Piemonte n. 8 di
Chieri ha intimato ad un medico veterinario da essa dipendente la
chiusura del suo ambulatorio privato, con due ordinanze del 10 maggio
2000, depositate il successivo 26 maggio 2000, di contenuto in larga
misura coincidente, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale: nel primo giudizio, degli articoli 1, comma 2, 2, 3 e
4 della legge della Regione Piemonte 3 gennaio 1997, n. 4
(Regolamentazione dell’esercizio dell’attività libero-professionale
dei medici veterinari dipendenti dal servizio sanitario nazionale
(SSN) e, nel secondo giudizio, dell’art. 2 della stessa legge, in
riferimento agli articoli 3, 4, 35, 117 e 120 della Costituzione;
che, secondo i rimettenti, le norme impugnate disciplinano la
libera professione dei medici veterinari del Servizio sanitario
nazionale (SSN) con modalità tali da impedirne sostanzialmente
l’esercizio, in violazione del principio di ragionevolezza, del
diritto costituzionale al lavoro, dei principi della legislazione
statale che regolano la materia e del diritto dei cittadini di
esercitare la loro professione in ogni parte del territorio
nazionale;
che, a loro avviso, l’art. 2 della legge, stabilendo il
divieto di svolgere, nel territorio dell’azienda sanitaria di
appartenenza, la libera professione relativamente agli “animali
d’affezione”, violerebbe gli articoli 4 e 35 della Costituzione, in
quanto realizza “un grave affievolimento delle facoltà professionali
del veterinario senza raccordarsi funzionalmente a specifiche
esigenze della struttura sanitaria pubblica”, sovrapponendo il
criterio territoriale a quello della potenziale situazione di
conflitto, il quale richiederebbe di “procedere alla individuazione
in concreto delle situazioni pregiudizievoli per i fini istituzionali
del Servizio sanitario nazionale”;
che l’art. 3 della legge regionale, prevedendo il divieto di
svolgere attività libero-professionale in riferimento agli “animali
da reddito”, salvo il caso di “carenza di veterinari
libero-professionisti”, determinerebbe una sostanziale soppressione
della facoltà di esercitare la libera professione, in mancanza di un
“ponderato collegamento con le esigenze del servizio sanitario
pubblico”, ed identico risultato sarebbe realizzato anche dal
successivo art. 4, il quale estende la disciplina degli artt. 2 e 3
all’attività veterinaria avente ad oggetto il “cavallo sportivo”;
che, secondo i rimettenti, l’art. 1, comma 2, della legge
regionale in oggetto sarebbe viziato a causa della sua connessione
con la disciplina stabilita dai precedenti artt. 2 e 3;
che le norme impugnate, ad avviso del Tribunale
amministrativo regionale, si porrebbero altresì in contrasto con
l’art. 3 della Costituzione, in quanto, benché riconoscano il
diritto a svolgere attività libero-professionale, recano una
disciplina che sostanzialmente lo vanifica, stabilendo altresì
l’art. 2 della legge regionale un limite territoriale al suo
esercizio che recherebbe vulnus all’art. 120 della Costituzione;
che, infine, secondo i giudici a quibus tutte le norme
censurate violerebbero l’art. 117 della Costituzione, poiché si
porrebbero in contrasto con i principi fondamentali stabiliti nella
materia dalla legislazione statale, la quale prevederebbe il diritto
dei medici veterinari a svolgere attività libero-professionale, che
risulterebbe invece compromessa dalla legge regionale, senza che le
limitazioni siano giustificate da “alcun ragionevole raccordo con le
esigenze della struttura pubblica”;
che in entrambi i giudizi si è costituita la Regione
Piemonte, in persona del Presidente della Giunta regionale, convenuta
in entrambi i processi principali, chiedendo che le questioni di
costituzionalità siano dichiarate inammissibili e comunque
infondate;
che, a suo avviso, le disposizioni impugnate mirano a
garantire la funzionalità del servizio e non violerebbero i principi
stabiliti dalla legislazione dello Stato che, per ragioni di
interesse pubblico, ha limitato la facoltà dei dirigenti sanitari
del SSN di esercitare attività libero-professionale;
che, secondo la Regione Piemonte, i limiti all’esercizio
dell’attività libero-professionale stabiliti dalle norme censurate
sarebbero ragionevolmente ispirati dall’intento di tutelare interessi
di rango costituzionale e di garantire la funzionalità del servizio
pubblico sanitario;
che nei predetti giudizi si sono costituiti i ricorrenti nei
processi principali, i quali, con argomentazioni sostanzialmente
coincidenti, hanno chiesto l’accoglimento delle questioni, sostenendo
che la legge regionale non sarebbe giustificata da “ragioni
direttamente connesse alla primaria esigenza di garantire un
efficiente servizio sanitario pubblico”;
che, a loro avviso, le disposizioni impugnate si porrebbero
in contrasto con i “principi fondamentali in materia, quali si
desumono dalla legislazione statale” e violerebbero l’art. 117 della
Costituzione anche nel testo modificato dalla legge costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3, in quanto “non sembra sostanzialmente mutata
la disciplina dei limiti della potestà legislativa” regionale.
Considerato che i giudizi hanno ad oggetto le medesime
disposizioni di legge in riferimento agli stessi parametri
costituzionali e, quindi, vanno riuniti per essere decisi
congiuntamente;
che le norme regionali impugnate sono state censurate dal
Tribunale amministrativo regionale del Piemonte in riferimento agli
artt. 3, 4, 35, 117 e 120 della Costituzione;
che, successivamente ad entrambe le ordinanze di rimessione,
è entrata in vigore la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione), che
tra l’altro, agli art. 3 e 6, ha sostituito il testo degli artt. 117
e 120 della Costituzione;
che la sopravvenuta modificazione di due delle norme invocate
come parametro di giudizio, impone la restituzione degli atti ai
giudici rimettenti, affinché essi riesaminino, sotto ogni profilo, i
termini della questione alla luce dell’intervenuto mutamento del
quadro normativo (ordinanze n. 9 del 2002, n. 416 del 2001, n. 397
del 2001).
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi,
Ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo
regionale del Piemonte.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 1 marzo 2002.
Il Presidente: Ruperto
Il redattore: Capotosti
Il cancelliere:Di Paola
Depositata in cancelleria il 21 marzo 2002.
Il direttore della cancelleria:Di Paola