Sentenza N. 101 del 1964
Corte Costituzionale
Data generale
07/12/1964
Data deposito/pubblicazione
07/12/1964
Data dell'udienza in cui è stato assunto
03/12/1964
GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO – Prof. ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA
JAEGER – Prof. GIOVANNI CASSANDRO – Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott.
ANTONIO MANCA – Prof. ALDO SANDULLI – Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof.
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Giudici,
Bolzano con ricorso notificato il 10 aprile 1964, depositato nella
cancelleria della Corte costituzionale il 23 successivo ed iscritto al
n. 5 del Registro ricorsi 1964, per conflitto di attribuzione tra la
Provincia di Bolzano e la Regione Trentino-Alto Adige sorto a seguito
del decreto 28 gennaio 1964, n. 7, del Presidente della Giunta
regionale del Trentino Alto Adige, con il quale si è proceduto alla
costituzione per il triennio 1964-1966 del Comitato provinciale della
caccia per la Provincia di Bolzano.
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione
Trentino-Alto Adige;
udita nell’udienza pubblica del 21 ottobre 1964 la relazione del
Giudice Costantino Mortati;
uditi l’avv. Giuseppe Guarino, per la Provincia di Bolzano, e il
sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per la
Regione Trentino-Alto Adige.
Con decreto 28 gennaio 1964, n. 7, il Presidente della Giunta
regionale Trentino-Alto Adige ha proceduto alla costituzione per il
triennio 1964-1966 del Comitato provinciale della caccia per la
Provincia di Bolzano, con riferimento all’art. 82 del T. U. sulla
caccia n. 1016 del 1939, nonché alle norme statutarie attributive alla
Regione stessa della competenza in materia. La Giunta provinciale di
Bolzano ha sollevato, nei confronti di detto provvedimento, conflitto
di attribuzione mediante ricorso depositato il 23 aprile 1964, con la
rappresentanza in giudizio dell’avvocato Giuseppe Guarino, allegando
come unico motivo di impugnativa la violazione dell’art. 13 dello
Statuto regionale, in relazione all’art. 37 del D.P.R. 10 giugno 1955,
n. 987.
A sostegno deduce che la Regione, pur essendo titolare (a tenore
dell’art. 4, n. 11, dello Statuto) della competenza legislativa
primaria in materia di caccia, non l’ha ancora esercitata, sicché sono
tuttavia in vigore nel suo territorio le leggi statali, secondo dispone
l’art. 92. E poiché il decreto delegato del Presidente della
Repubblica del 10 giugno 1955, n. 987, all’art. 37, in applicazione del
principio del decentramento, ha trasferito la competenza della
formazione dei Comitati provinciali per la caccia dal Ministro
dell’agricoltura (al quale era assegnata in virtù del citato art. 82)
ai presidenti delle giunte provinciali, è da ritenersi che tale
trasferimento debba trovare applicazione anche nei confronti delle
Provincie con ordinamento speciale, come quella di Bolzano. Per essa
anzi la competenza in parola trova uno specifico fondamento
costituzionale nell’art. 13, secondo comma, dello Statuto, secondo cui
restano ferme le attribuzioni delle Provincie che siano loro
riconosciute dalle “leggi in vigore”. Espressione quest’ultima da
intendere riferita alla vigenza delle leggi stesse, non già al momento
in cui lo Statuto è divenuto operante, bensì a quello nel quale si è
reso possibile l’esercizio delle attribuzioni dalle medesime previste.
Pertanto, dovendosi il provvedimento impugnato ritenere
esplicazione di un potere del quale la Regione non era più titolare,
perché passato alla competenza propria ed esclusiva della Provincia,
se ne chiede l’annullamento.
Si è costituito in giudizio il Presidente della Giunta regionale,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e questa,
con deduzioni depositate il 30 aprile 1964, resiste al ricorso,
sostenendo in via preliminare, la sua inammissibilità in quanto il
vizio che si imputa al provvedimento impugnato si concreta, ove
sussista, nella violazione di una legge ordinaria, qual’è il decreto
delegato n. 987 del 1955. Né diversamente può ritenersi sulla base
dell’invocato art. 13 in quanto questo non trova alcuna applicazione
alla fattispecie. Ciò perché, alla stregua del suo primo comma, la
competenza in materia di caccia non è compresa fra quelle assegnate
alla Provincia, e nessuna deviazione a tale ripartizione di competenze
può argomentarsi dal secondo comma, anzitutto per la considerazione
che l’eccezionale mantenimento che esso dispone delle attribuzioni
prima spettanti alle Provincie è limitato a quelle fra esse previste
dalle leggi in vigore alla data di emanazione dello Statuto, e
secondariamente per effetto del limite che lo stesso comma pone al
mantenimento predetto, consistente nella sua compatibilità con le
norme statutarie, che è invece da escludere per effetto del citato
art. 4, n. 11.
Né infine potrebbe farsi ricorso all’ultimo comma perché la
delega alla Provincia ivi prevista riguarda funzioni proprie dello
Stato, di cui questo liberamente dispone, sicché nessuna
legittimazione la Provincia avrebbe per validamente impugnare un atto,
che, se mai, invaderebbe non già la propria sfera di competenza bensì
quella statale.
Nel merito deduce l’infondatezza del ricorso e richiama all’uopo la
sentenza di questa Corte n. 11 del 1959, che ebbe ad affermare
l’inapplicabilità al territorio delle Regioni a statuto speciale delle
leggi sul decentramento delle funzioni statali di interesse locale:
principio che del resto risulta chiaramente affermato dagli artt. 4 e 5
della legge delega n. 150 del 1953, nonché dell’art. 73 del decreto
delegato. Aggiunge che all’epoca della emanazione della predetta
legge-delega erano state già emanate le norme di attuazione delle
disposizioni statutarie in materia di caccia, e pertanto, essendo
all’atto della sua entrata in vigore già passate alla Regione le
funzioni in detta materia, non potevano più essere oggetto del
decentramento provinciale previsto per le altre rimaste allo Stato.
Infine fa rilevare che la Provincia di Bolzano gode di competenze
costituzionalmente determinate, sicché si rende possibile nei suoi
confronti non già un decentramento delle funzioni stesse, ma
eventualmente solo una loro delega da parte della Regione.
Con memoria depositata l’8 ottobre la difesa della Provincia
precisa che la norma dell’art. 13 invocata è solo quella del secondo
comma, e svolge le considerazioni già enunciate nel ricorso circa la
interpretazione da dare alla formula “leggi in vigore”; interpretazione
che troverebbe sostegno nel suo coordinamento con l’art. 92, secondo
cui si applicano tutte le leggi statali emanate nelle materie
considerate nello Statuto fino a quando la Regione o le Provincie non
abbiano altrimenti disposto. Pertanto, finché la Regione non avrà
emanato proprie leggi nella materia de qua, non può considerarsi
abilitata ad esercitare le corrispondenti funzioni amministrative;
tenuto anche conto che, contrariamente a quanto assume l’Avvocatura, le
norme di attuazione emanate nel 1951 non hanno operato il trasferimento
degli organi e delle competenze dallo Stato alla Regione, ma hanno solo
fissato criteri e disposto limiti all’esercizio della potestà
legislativa in materia di caccia, senza assumere quel contenuto
“puntuale” che, secondo le statuizioni della sentenza n. 45 del 1961 di
questa Corte, si rende necessario per effettuare il passaggio delle
competenze.
Ugualmente infondate le deduzioni che l’Avvocatura trae dalla
sentenza n. 11 del 1959, perché non tengono conto della differenza
esistente fra lo Statuto della Sardegna, alla cui interpretazione detta
pronuncia si riferiva, e lo Statuto del Trentino-Alto Adige, costituita
dalla presenza solo in questo ultimo della specifica disposizione del
citato art. 13. Sicché non è esatto conferire carattere di
assolutezza al principio della limitazione dell’efficacia delle norme
sul decentramento alle sole Regioni a statuto ordinario, dovendosi
invece aver riguardo alla particolarità della disciplina dettata per
ciascuna delle Regioni a statuto speciale. Nulla in contrario può
ricavarsi dall’art. 73 del decreto delegato n. 987, che fa salvezza
della competenza attribuita nella materia in discorso alle Regioni a
statuto speciale, perché, fino a quando questa competenza non sia
stata esercitata, rimane il potere di intervento della Provincia di
Bolzano, sulla base del già invocato art. 13, destinato ad esplicare i
suoi effetti durante tutto il periodo di inerzia del legislatore
regionale. Si osserva poi come, così prospettato il fondamento
giuridico del conflitto sollevato, viene a cadere l’eccezione di
inammissibilità che si fa derivare dal presunto carattere ordinario e
non costituzionale della violazione dell’art. 37 del decreto
presidenziale n. 987. Si aggiunge che, ad escludere la riferita
eccezione, vale anche la considerazione della differenza da porre fra
la nozione di conflitto di attribuzione valevole nel campo del diritto
amministrativo e quella che ricorre nei confronti del diritto
costituzionale. In questo ultimo infatti rientrano non solo i conflitti
sorgenti nel caso di manifesto dissenso sull’applicazione delle norme
di competenza, ma anche gli altri risultanti implicitamente dalla
interpretazione che si dia in ordine all’ampiezza delle rispettive
sfere delle attribuzioni di organi o enti.
Pertanto, ammesso pure, ciò che non è, che, allo stato della
legislazione, la Regione fosse ritenuta competente ad esercitare poteri
amministrativi in materia di caccia, illegittimo apparirebbe
l’esercizio stesso in quanto volto ad impedire quello di altro
soggetto, fornito di garanzia costituzionale, qual’è la Provincia
ricorrente.
Anche l’Avvocatura dello Stato ha depositato in termine una
memoria, nella quale insiste nella sollevata eccezione di
inammissibilità. Ciò nella considerazione che, a differenza di quanto
avviene per i ricorsi promossi dalle Provincie contro leggi della
Regione, ammissibili, secondo la giurisprudenza di questa Corte, anche
se non denunciano una violazione della sfera della loro competenza
costituzionale, i conflitti di attribuzione possono essere promossi
solo per quest’ultimo motivo.
Nella specie ciò non si verifica perché la invasione di
competenza denunciata riguarderebbe, se pur sussistesse, una sfera di
competenza che né è costituzionale, né è stata costituzionalizzata
dall’art. 13, come risulta dalle considerazioni già enunciate nelle
deduzioni. Vengono poi ribaditi i motivi che conducono a ritenere
infondato il ricorso e si contesta l’esattezza di quanto affermato
dalla difesa della Provincia facendo rilevare, in contrario, come il
trasferimento alla Regione delle funzioni e degli uffici che
appartenevano al Ministero dell’agricoltura sia già avvenuto. Ed
infine si riafferma l’inapplicabilità alle Regioni a statuto speciale
delle norme sul decentramento delle funzioni statali, come risulta dai
lavori preparatori della legge delegante e come è stato riconosciuto
da questa Corte con le sentenze nn. 19 del 1956 e 11 del 1959. Conclude
richiamandosi alle conclusioni enunciate nelle deduzioni.
1. – L’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Avvocatura
dello Stato non è da accogliere. Non è infatti esatto che il ricorso
della Provincia di Bolzano deduca un vizio di illegittimità ordinaria
anziché costituzionale; ciò perché la pretesa fatta valere al
riconoscimento della competenza all’esercizio della potestà
amministrativa nella materia che è stata oggetto del provvedimento
impugnato non è, come si afferma, fondata sull’art. 37 della legge
delegata 10 giugno 1955, n. 987 (che, in applicazione del principio
di decentramento, trasferisce dal Ministero dell’agricoltura ai
Presidenti provinciali la funzione della formazione dei Comitati
provinciali per la caccia), bensì sull’art. 13, comma terzo, della
legge costituzionale n. 5 del 1948 di approvazione dello Statuto
Trentino-Alto Adige, secondo il quale sono mantenute alle due Provincie
di Trento e Bolzano le attribuzioni loro conferite dalle leggi in
vigore: articolo che viene dalla Provincia interpretato nel senso di
comprendere fra quelle conservate anche le attribuzioni per le quali il
conferimento sia avvenuto successivamente all’emanazione dello Statuto.
Sicché, alla stregua di tale interpretazione, il citato art. 37 deve
considerarsi non già fonte del potere rivendicato, ma solo norma
integrativa del contenuto dell’art. 13, venendo esso ad aggiungere una
nuova competenza alle altre, genericamente indicate da quest’ultimo con
riferimento alla loro vigenza in un determinato momento, e che erano
state anch’esse assegnate con leggi ordinarie.
Nulla può dedursi in contrario da quest’ultima circostanza, che
cioè i poteri in parola siano derivati da norme non fornite di rango
costituzionale, poiché funzione dell’art. 13 è stata appunto, sempre
sulla base dell’interpretazione fatta valere, di conferire tale rango
alle medesime.
Ricorrono pertanto i requisiti necessari all’insorgere di un
conflitto di attribuzione, che, rivolto com’è a tutela della sfera di
competenza che si asserisce discendente da una legge costituzionale,
deve trovare in questa Corte l’organo di decisione.
2. – Nel merito il ricorso è da ritenere infondato.
Essendo pacifico che la Regione non aveva ancora, all’atto
dell’emanazione del provvedimento impugnato, emesso proprie norme nella
materia della caccia, affidata alla competenza esclusiva sua propria
dall’art. 4, n. 11, dello Statuto, si tratta di accertare se fosse a
quell’epoca avvenuto il passaggio ad essa delle attribuzioni di
carattere amministrativo, il cui esercizio rimane condizionato solo
alla emanazione di apposite norme di attuazione. La difesa della
Provincia non contesta il fatto che norme di tal genere siano venute in
vita con il D.P.R. 30 giugno 1951, n. 574, ma sostiene che gli artt. 20
e 21 di tale decreto, i soli che sarebbero stati dedicati alla materia
della caccia, difettano di quel sufficiente grado di
“puntualizzazione”, che, secondo è stato ritenuto dalla Corte con la
sentenza n. 45 del 1961, deve essere richiesto affinché si renda
possibile in concreto l’effettivo svolgimento delle competenze
amministrative da trasferire. A parte la considerazione che l’esigenza
fatta valere dalla Corte con la invocata pronuncia riguardava il
coordinamento dei poteri regionali con quelli statali, necessario a
disporsi tutte le volte che la materia trasferita alla Regione lo
richieda, è da rilevare che il citato decreto presidenziale n. 574 non
si è limitato a porre, con gli artt. 20-22, i criteri ed i limiti per
l’esercizio della potestà normativa regionale in ordine alla caccia,
ma ha anche dettato, sotto il titolo XVI, le norme sul passaggio degli
uffici, dei servizi e del personale dallo Stato alla Regione ed alle
Provincie, e particolarmente all’art. 86 ha stabilito che, con
decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata in
vigore del decreto stesso, venivano trasferite alla Regione, per
l’esercizio delle potestà amministrative previste dal primo comma
dell’art. 13 dello Statuto, gli ispettorati provinciali
dell’agricoltura nonché gli altri uffici ivi elencati, e
contemporaneamente veniva a cessare la competenza nel territorio della
Regione stessa dell’Ispettorato compartimentale dell’agricoltura per le
Venezie.
Pertanto, non sorgendo dubbi né sull’abilitazione acquisita dalla
Regione all’effettiva esplicazione dell’attività amministrativa nel
campo coperto dall’esclusività della competenza legislativa ad essa
conferita dall’art. 4, n. 11 (caccia e pesca), né sull’appartenenza a
tale attività del provvedimento denunciato, viene a cadere ogni valido
fondamento alla pretesa della Provincia.
Quale che sia l’interpretazione da dare all’art. 13, nella parte in
cui fa riferimento alle “leggi vigenti”, ed anche ammesso che in tale
categoria debbano farsi rientrare le norme statali sopravvenute, rimane
insuperabile l’ostacolo alla pretesa stessa proveniente dalla
condizione posta dall’articolo predetto per rendere possibile il
mantenimento di attribuzioni provinciali, consistente nella
“compatibilità” delle medesime con le norme statutarie. Condizione che
deve farsi valere indipendentemente dal tempo del conferimento delle
attribuzioni stesse, essendo chiaro che essa operi tanto riguardo a
quelle anteriori all’entrata in vigore dello Statuto, nel senso di
determinare l’estinzione, quanto alle altre che leggi ordinarie
sopravvenute avessero genericamente attribuito alle amministrazioni
provinciali, nel senso di precludere ogni loro efficacia nell’ambito
della Regione Trentino-Alto Adige. Sicché, se si riconoscesse
l’invocata estensione alla Provincia di Bolzano del decentramento
attuato con l’art. 37 del D.P.R. n. 987 del 1955, si verrebbe a
sottrarre alla Regione una parte delle funzioni amministrative ad essa
spettanti a tenore dello Statuto.
Una volta precisato l’esatto significato dell’art. 13, secondo
comma, la controversia in esame appare prospettabile negli stessi
termini di quella decisa da questa Corte con la sentenza n. 11 del
1959, nella quale venne messo in rilievo come le norme sul
decentramento (secondo si desume anche dagli artt. 4 e 5 della legge
delega n. 150 del 1953, e 73 del decreto delegato n. 987 del 1955)
dovessero trovare applicazione solo nelle Regioni a statuto ordinario.
LA CORTE COSTITUZIONALE
rigetta l’eccezione pregiudiziale sollevata dall’Avvocatura
generale dello Stato; respinge il ricorso proposto dalla Provincia di
Bolzano contro il provvedimento con cui il Presidente della Giunta
regionale del Trentino-Alto Adige ha costituito il Comitato per la
caccia nella Provincia stessa;
dichiara che i poteri relativi alla nomina di tale Comitato sono di
spettanza del Presidente regionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 1964.
GASPARE AMBROSINI – GIUSEPPE CASTELLI
AVOLIO – ANTONINO PAPALDO – NICOLA
JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO – BIAGIO
PETROCELLI – ANTONIO MANCA – ALDO
SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA – MICHELE
FRAGALI – COSTANTINO MORTATI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO.