Sentenza N. 103 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
26/06/1969
Data deposito/pubblicazione
26/06/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/06/1969
MICHELE FRAGALI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ –
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO –
Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI –
Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VEZIO CRISAFULLI, Giudici,
14 novembre 1962, n. 1610 (provvidenze per la regolarizzazione del
titolo di proprietà in favore della piccola proprietà rurale),
promosso con ordinanza emessa il 31 maggio 1967 dal pretore di Ischia
nel procedimento civile vertente tra Luongo Loreta e Regine Michele,
iscritta al n. 244 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 307 del 9 dicembre 1967.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 23 aprile 1969 la relazione del
Giudice Giuseppe Verzì;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giovanni
Albissini, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Con istanza presentata il 20 novembre 1963 al pretore di Ischia,
Regine Giuseppe chiedeva che a termini della legge 14 novembre 1962, n.
1610, contenente provvidenze per la regolarizzazione del titolo di
proprietà in favore della piccola proprietà rurale gli fosse
riconosciuto il diritto di proprietà di un piccolo fondo intestato in
catasto a Regine Michele, ma da esso istante pacificamente posseduto da
oltre un trentennio.
Il pretore disponeva che fossero espletati gli adempimenti di
pubblicità di cui all’art. 4 di detta legge, che si esaurivano nella
affissione del ricorso negli albi pretorio e comunale, e nella
pubblicazione nel foglio degli annunzi legali della provincia. Il
ricorso non veniva notificato ad alcuno, non essendovi interessati che
avessero trascritto domanda giudiziale – non perenta – di rivendica
della proprietà, per i quali la legge dispone l’obbligo della
notifica.
Dopo avere assunto le prove testimoniali intese a dimostrare il
suddetto possesso, e dopo che, per la morte del richiedente, l’istanza
era stata riassunta da Luongo Loreta, nell’interesse della figlia
minore Regine Lucia, il pretore, con ordinanza del 31 maggio 1967,
sollevava di ufficio questione di legittimità costituzionale dell’art.
4 della suindicata legge, in riferimento agli artt. 3, 24, seconda
comma, e 111 della Costituzione.
Secondo questa ordinanza, la disciplina delle forme di pubblicità
sancite dal secondo comma dell’art. 4 non consentirebbe ad eventuali
controinteressati di avere cognizione della procedura instauratasi; dal
che deriverebbe una disparità di trattamento – con violazione
dell’art. 3 della Costituzione – fra coloro che abbiano trascritto una
domanda giudiziale di rivendica e coloro che, pur non avendo provveduto
a tale trascrizione, possono avere interesse a contraddire la domanda
attrice, atteso che il provvedimento che chiude la speciale procedura,
esplica identica efficacia nei confronti di tutti.
Inoltre, l’adozione di forme di pubblicità inidonee ad assicurare
una effettiva conoscenza del ricorso, e la previsione del termine
perentorio di novanta giorni dalla scadenza del termine di affissione
per fare opposizione, comporterebbe, per gli interessati per i quali
non è prescritta la notifica del ricorso, un pregiudizio del diritto
di difesa, garantito dall’art. 24, secondo comma, della Costituzione.
E per ultimo, tanto il procedimento previsto dall’art. 4, quanto il
provvedimento con il quale il medesimo può essere definito (il decreto
non opposto) hanno naturale giurisdizione contenziosa.
Ma, per tale decreto, la legge non prescrive l’obbligo della
motivazione, onde sarebbe violato anche l’art. 111 della Costituzione.
L’ordinanza è stata regolarmente comunicata, notificata e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 307 del 9
dicembre 1967. Non vi è stata costituzione di parti, ma è intervenuto
il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato.
Secondo l’Avvocatura non sussiste alcuna violazione di principi
costituzionali. La disciplina delle forme di pubblicità sancita dalla
norma impugnata non contrasta con l’art. 3 della Costituzione. Ed
invero, la posizione di coloro i quali abbiano trascritto una domanda
giudiziale di rivendica della proprietà è ben diversa da quella di
coloro che tale trascrizione non hanno eseguito. Occorre tener presente
la finalità della legge in esame: eliminare le numerose irregolari
intestazioni di proprietà mediante una procedura semplice, meno
costosa e più sollecita di quella ordinaria, al fine di rendere
possibile il ricorso al credito agrario da parte di piccoli operatori
agricoli. Tenendo conto della specialità del procedimento, le cui
caratteristiche risultano stabilite in funzione dei sopracennati fini
particolari che la legge si propone, la possibilità del diritto di
difesa non è compromessa né dal sistema di pubblicità, né dal
termine per le opposizioni. Infatti la legge può adeguare le modalità
dell’esercizio di difesa alle speciali caratteristiche di struttura del
singolo procedimento, essendo sufficiente che della difesa vengano
realizzati lo scopo e le funzioni. Né, infine, sussiste violazione
dell’art. 111 della Costituzione, dal momento che il silenzio della
norma sull’obbligo di motivazione del decreto di accoglimento del
ricorso non può essere considerato come espressa previsione di un
divieto contrastante con un principio costituzionale.
Pertanto l’Avvocatura dello Stato chiede che la questione venga
dichiarata infondata.
1. – Secondo l’ordinanza di rimessione, la pubblicità del ricorso
al pretore, disciplinata dall’art. 4 delal legge 14 novembre 1962, n.
1610, (Provvidenze per la regolarizzazione del titolo di proprietà in
favore della piccola proprietà rurale) non sarebbe sufficiente a
portare a conoscenza di eventuali controinteressati la procedura
instaurata per l’accertamento del diritto di proprietà del ricorrente.
E ciò perché la norma suindicata impone l’obbligo di notifica
soltanto a coloro che nel ventennio antecedente alla presentazione
della domanda abbiano trascritto contro l’istante o suoi danti causa
domanda giudiziale non perenta diretta a rivendicare la proprietà od
altri diritti reali di godimento sui fondi medesimi. Dal fatto che il
ricorso non venga notificato a tutti gli interessati, ed in modo
particolare a coloro che dal catasto risultano proprietari del fondo,
deriverebbe la violazione dell’art. 3 della Costituzione per differente
trattamento fra coloro che abbiano trascritto e altri che non abbiano
trascritto una domanda di rivendica, mentre nei confronti di tutti il
provvedimento che chiude la speciale procedura esplica identica
efficacia; e deriverebbe altresì la violazione degli artt. 24 e 111
della Costituzione, perché sarebbe preclusa l’azione giudiziaria agli
interessati che non abbiano avuto conoscenza del ricorso; e perché su
questo la decisione viene presa con decreto, per il quale la legge non
prescrive la motivazione, che invece è imposta dall’art. 111 della
Costituzione per tutti i provvedimenti giurisdizionali.
2. – La questione non è fondata.
La legge in esame reca provvidenze per sanare le irregolarità del
titolo di proprietà di fondi rustici classificati in catasto con
reddito dominicale non superiore a lire trentaseimila, oppure di fondi
di qualsiasi estensione situati in comuni montani. Poiché a causa di
siffatte irregolarità, molti piccoli proprietari non potevano
usufruire del credito agrario, né avevano i mezzi per far fronte alla
lunga e dispendiosa procedura ordinaria necessaria per ottenere le
variazioni catastali, il legislatore ha voluto instaurare una procedura
breve, di facile attuazione, e poco costosa, che – affiancata da
agevolazioni fiscali – consente di ottenere in breve tempo il
riconoscimento del diritto di proprietà, acquistato in forza di un
titolo idoneo, oppure per usucapione a sensi dell’art. 1158 del Codice
civile.
Tenendo nel debito conto siffatte finalità della legge,
l’eccezionalità della stessa, che, fra l’altto, ha efficacia limitata
a cinque anni (art. 6) e la necessità di rimediare – anche in via di
sanatoria – a situazioni confuse rispetto a intestazioni catastali di
antichissima data, e non facilmente regolarizzabili con le ordinarie
procedure, deve riconoscersi che la disciplina adottata è razionale e
sufficiente. La affissione del ricorso negli albi del comune e della
pretura, la pubblicazione nel Foglio degli annunzi legali della
provincia, l’assunzione delle prove addotte dal ricorrente, le
informazioni richieste dallo stesso pretore, che possono avere per
oggetto anche l’accertamento dell’esistenza di altri soggetti che
vantino diritti reali sul fondo e le successive ripetute forme di
pubblicità del decreto pronunziato dal pretore, costituiscono un
complesso di mezzi che ben garantiscono eventuali diritti di terzi.
3. – Non sussistono pertanto le denunziate violazioni di precetti
costituzionali.
La possibilità del diritto di difesa non è compromessa né dal
sistema di pubblicità del procedimento né dal termine perentorio
stabilito per la opposizione al decreto del pretore: è consentito
infatti al legislatore di regolare il modo di esercizio di tale diritto
con norme particolari che rispondano alla specialità del procedimento
ed alle finalità che con esso, come si è sopra esposto, si vogliono
raggiungere. È certo, poi, che l’obbligo di motivazione del decreto
non opposto, con cui il pretore accoglie l’istanza, deriva dal fatto
che trattasi di provvedimento giurisdizionale. Pertanto, nel silenzio
della legge, la norma deve essere interpretata nel senso conforme ai
principi generali dell’ordinamento giuridico e conforme al precetto
dell’art. 111 della Costituzione.
Non sussiste infine la violazione del principio di eguaglianza.
La notifica del ricorso a coloro che nel ventennio antecedente
abbiano trascritto domanda giudiziale di rivendica della proprietà
trova fondamento e logica spiegazione nel fatto che costoro hanno già
manifestato nel tempo passato volontà di contrastare il diritto di chi
vuole acquistare la proprietà per usucapione; ma ciò non può dirsi
per quelle persone, di cui siano ignote l’esistenza e la pretesa,
sicché la notifica del ricorso, resa difficile, complessa e costosa,
costituirebbe un inutile intralcio, tale da compromettere gli scopi che
il legislatore si è proposto di raggiungere. Pertanto la trascrizione
dell’atto di rivendica della proprietà dà luogo ad una diversità di
situazione, atta a giustificare razionalmente il trattamento
differenziato. Per di più, non appare esatta la considerazione del
pretore che il provvedimento che conclude la speciale procedura esplica
identica efficacia nei confronti di tutti, perché, al contrario, il
decreto, con cui, in caso di mancata opposizione, il pretore accoglie
la istanza, nonché la sentenza definitiva passata in giudicato, ove
contenga il riconoscimento della proprietà, hanno effetti limitati.
Essi costituiscono titolo per la trascrizione a sensi dell’art. 2643
del Codice civile, ma essendo provvedimenti di mero accertamento, fanno
stato soltanto nei confronti di coloro che sono intervenuti come parti
nel giudizio, mentre la trascrizione non esercita alcuna influenza
sulla sostanza del negozio e non crea diritti.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 4 della legge 14 novembre 1962, n. 1610 (Provvidenze per la
regolarizzazione del titolo di proprietà in favore della piccola
proprietà rurale) sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111
della Costituzione con ordinanza del 31 maggio 1967 del pretore di
Ischia.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 giugno 1969.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VEZIO
CRISAFULLI.