Sentenza N. 103 del 1981
Corte Costituzionale
Data generale
19/06/1981
Data deposito/pubblicazione
19/06/1981
Data dell'udienza in cui è stato assunto
29/04/1981
GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof.
ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN –
Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO
MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof.
VIRGILIO ANDRIOLI – Prof. GIUSEPPE FERRARI, Giudici,
della legge 11 gennaio 1943, n. 138 (Costituzione dell’Istituto
Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie – INAM), promossi con
le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 29 aprile 1976 dalla Corte di Cassazione –
Sezioni unite civili – nel procedimento civile vertente tra l’INAM e
la Federazione Associazioni Scientifiche e Tecniche – FAST, iscritta
al n. 627 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 307 del 1976.
2) ordinanza emessa il 19 gennaio 1979 dal Pretore di Genova nel
procedimento civile vertente tra il Sindacato Ligure Dirigenti Aziende
Industriali – SLDAI e l’INAM, iscritta al n. 253 del registro
ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 147 del 1979.
Visto l’atto di costituzione dell’INAM;
udito nell’udienza pubblica del 4 marzo 1981 il Giudice relatore
Virgilio Andrioli;
udito l’avv. Michele Giorgianni per l’INAM.
1. – Provvedendo sul ricorso proposto dall’INAM il Presidente del
Tribunale di Milano, con decreto 26 ottobre 1966, ingiunse alla
Federazione Associazioni Scientifiche e Tecniche (FAST), persona
giuridica privata, di pagare all’Istituto ricorrente la somma di lire
6.984.419 per contributi relativi al periodo 1 gennaio 1961 – 31
dicembre 1964, di cui la Federazione era debitrice a seguito di
iscrizione dei propri dipendenti.
Avverso il decreto, notificatole il 7 novembre 1966, la FAST
spiegò, con atto di citazione notificato il 25 novembre 1966,
opposizione che l’adito Tribunale di Milano, nel contraddittorio
dell’INAM, accolse con sentenza 21 ottobre 1970 – 8 marzo 1971, in cui
dichiarò non dovute le somme pretese dall’INAM. Dispositivo,
confermato dalla Corte d’appello di Milano, adita dall’Istituto, con
sentenza 24 novembre 1972.
Sul ricorso proposto dall’INAM, le Sezioni unite civili della
Corte di cassazione, alle quali la cognizione ne era stata rimessa per
contrasto interpretativo tra sezione II civile e sezione lavoro, con
ordinanza 29 aprile 1976, debitamente comunicata e notificata,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 307 del 17 novembre 1976, e
iscritta al n. 627 registro ordinanze 1976, hanno ritenuto rilevante e
giudicato non manifestamente infondata, per contrasto con gli artt. 3,
comma primo e 38, comma secondo della Costituzione, la questione di
legittimità dell’art. 4 della legge 11 gennaio 1943, n. 138,
istitutiva dell’INAM. Poste di fronte al dubbio interpretativo sul se
detta norma sia applicabile oppur no a tutte le categorie di
lavoratori, le Sezioni unite hanno optato per la seconda alternativa,
convalidata vuoi dalla lettera dei commi primo e secondo dell’art. 4
vuoi dalla legislazione successiva (leggi 35/1952, 25/1954 e
264/1967), ma hanno ritenuto che l’art. 4, in tal guisa inteso,
contrasti con l’art. 38, secondo comma della Costituzione, che
concepisce come oggetto di diritto del lavoratore il trattamento
assistenziale in caso di malattia, e con il principio di uguaglianza,
ancor più gravemente leso a seguito degli ampliamenti delle categorie
di lavoratori protetti e, persino, dei lavoratori pensionati, statuiti
con la legislazione successiva alla legge istitutiva dell’INAM.
Avanti la Corte si è costituito il solo INAM, rappresentato e
assistito, giusta procura per notar Franci 13 settembre 1976 rep. n.
209826, dagli avv. Salvatore Di Pasquale e Michele Giorgianni, che,
nelle deduzioni 4 dicembre 1976, depositate il successivo 9, a) ha
precisato che aa) l’art. 4, nel collegare l’assistenza malattie alla
iscrizione alle associazioni sindacali aderenti alle Confederazioni
dell’epoca, non teneva conto di categorie di lavoratori subordinati,
tra cui i dipendenti da associazioni culturali, sportive e ricreative
come la FAST, e ab) tale collegamento più non poteva operare a
seguito della caduta dell’ordinamento corporativo, e b), in aggiunta
alla legislazione successiva ricordata nell’ordinanza di rimessione,
ha fatto menzione ba) della legge 25/1954 della Regione Trentino –
Alto Adige, che devolve i compiti dell’INAM alle Casse Mutue di Trento
e Bolzano, cui sono obbligatoriamente iscritti tutti i lavoratori
subordinati, e, bb) della legge statale 1204/1971 sulla tutela delle
lavoratrici madri, che, con riguardo a tutte le lavoratrici,
contrappone la generalità di tale previsione nel campo del
trattamento della maternità alla struttura ancora categoriale del
servizio relativo alle malattie in genere. Nella memoria 18 febbraio
1981, depositata il successivo 19, l’Istituto ha richiamato la legge
833/1978, istitutiva del servizio sanitario nazionale, la quale,
peraltro, non rende irrilevante la questione per i rapporti pregressi,
ha sottolineato il carattere di “involontario residuato storico” ormai
proprio della norma impugnata ed ha richiamato la sentenza 108/1977,
con la quale la Corte ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo
unico, comma primo, della legge 392/1956, nella parte in cui esclude
dalla soggezione alle assicurazioni sociali obbligatorie per la
invalidità, vecchiaia, e per la tubercolosi, di cui al r.d. 1827/1935
e successive modificazioni e integrazioni, i religiosi e le religiose
che prestano attività di lavoro retribuita alle dipendenze di enti
ecclesiastici, associazioni e case religiose di cui all’art. 29,
lettere a) e b) del Concordato tra la Santa Sede e l’Italia.
Avanti la Corte non è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri.
Alla pubblica udienza del 4 marzo 1981, nella quale il giudice
Andrioli ha svolto la relazione, l’avv. Giorgianni nell’interesse
dell’INAM ha insistito nelle già espresse argomentazioni e
conclusioni.
2. – Provvedendo sul ricorso depositato il 28 luglio 1978, inteso
dal Sindacato Ligure Dirigenti Aziende Industriali (SLDAI) alla
declaratoria che esso Sindacato non è tenuto ad assicurare i propri
dipendenti in forma obbligatoria e non è, quindi, obbligato a versare
i relativi contributi nella misura prevista per tale forma e le
differenze contributive richieste dall’INAM, e che è valida, anche
per i periodi successivi al 1 gennaio 1975, la convenzione stipulata
tra esso Sindacato e l’Istituto in ordine alla assicurazione in regime
facoltativo dei suoi dipendenti, il Pretore di Genova, in funzione di
giudice del lavoro, con ordinanza 19 gennaio 1979, debitamente
comunicata e notificata, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 147 del
30 maggio 1979, e iscritta al n. 253 registro ordinanze 1979, ha
d’ufficio sollevato e, richiamando l’ordinanza 29 aprile 1976 della
Cassazione, giudicato non manifestamente infondata la questione di
legittimità dell’art. 4 della legge 11 gennaio 1943, n. 138 nella
parte in cui esclude dall’obbligo di assicurazione contro le malattie
alcune categorie di lavoratori in riferimento agli artt. 3, comma
primo, e 38 della Costituzione.
Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita né ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
All’udienza del 4 marzo 1981 il giudice Andrioli ha svolto la
relazione.
I due incidenti, che identità di norma di diritto impugnata e di
parametri accomunano, vanno riuniti e sono fondati.
La Cassazione, dirimendo a sezioni unite il conflitto insorto tra
le sezioni semplici sulla possibilità di sancire sul piano
interpretativo l’obbligo per le Federazioni di provvedere
all’assicurazione malattie di lavoratori federati tramite l’INAM e il
corrispondente diritto dell’Ente a percepire dalle Federazioni i
contributi necessari per praticare l’assistenza, ha negato tale
possibilità e, facendo buon viso alla seconda alternativa dall’Ente
prospettata, ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di
legittimità, in riferimento agli artt. 3, primo comma e 38, secondo
comma Cost., dell’art. 4 legge 11 gennaio 1943, n. 138 per il quale
“sono obbligatoriamente iscritti all’Ente i lavoratori rappresentati
dalle Associazioni sindacali aderenti alla Confederazione fascista dei
lavoratori dell’industria, alla Confederazione fascista dei lavoratori
del commercio, alla Confederazione fascista dei lavoratori delle
aziende di credito e della assicurazione e quelli rappresentati dalla
Confederazione fascista dei professionisti e artisti. Possono anche
essere iscritti, mediante regio decreto promosso dal Ministro per le
corporazioni, d’intesa con quello per le finanze, su proposta delle
Associazioni sindacali interessate, i rappresentanti delle
Associazioni sindacali che non siano compresi tra quelli previsti nel
precedente comma”.
Se si muove dalla qualificazione, affermata e ribadita da questa
Corte (sent. 67/1975 e, soprattutto, 91/1976), della posizione del
lavoratore malato come di diritto al trattamento assicurativo
insuscettibile di limitazioni obiettive e subiettive, suona offesa
all’art. 38, secondo comma, Cost., che tale qualificazione sancisce,
subordinare la pertinenza di tale diritto alle previsioni delineate
nell’art. 4.
Il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato vieta
alla Corte di assoggettare ad esame normative che disciplinano
meccanismi giuridico – finanziari intesi ad assicurare il trattamento
di malattia, nei quali non sia impegnato l’INAM, e di discettare sulle
conseguenze che la legislazione sopravvenuta potrà produrre sulla
pronuncia d’incostituzionalità che si va ad adottare, così come di
scrutinare sul se la eliminazione degli impedimenti soggettivi, di cui
all’art. 4, sia sufficiente a garantire agli associati di Federazioni,
per le quali non ricorrevano i requisiti elencati nell’art. 4, il
diritto al trattamento di malattia. Gli associati invero non sono
intervenuti né sono stati chiamati nelle cause di merito, e oggetto
di queste è la pretesa dell’INAM a conseguire dalle Federazioni i
contributi assicurativi.
Essendo l’art. 38 sufficiente a giustificare la declaratoria di
fondatezza della proposta questione, è superfluo indagare sul se
sussista contrasto tra l’art. 3, primo comma, e la norma di diritto
impugnata.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge
11 gennaio 1943, n. 138, nella parte in cui limita alle categorie di
lavoratori ivi indicate l’iscrizione obbligatoria all’ente.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 29 aprile 1981.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA –
MICHELE ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO
– LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO
ROEHRSSEN – ORONZO REALE – BRUNETTO
BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE – VIRGILIO ANDRIOLI –
GIUSEPPE FERRARI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere