Sentenza N. 107 del 1976
Corte Costituzionale
Data generale
06/05/1976
Data deposito/pubblicazione
06/05/1976
Data dell'udienza in cui è stato assunto
23/04/1976
OGGIONI – Avv. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Dott. NICOLA REALE –
Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA
– Prof. GUIDO ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE
STEFANO, Giudici,
dall’Assemblea regionale siciliana nella seduta del 21 maggio 1975,
recante “Istituzione dei consigli di quartiere nei comuni della Regione
siciliana”, promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la
Regione siciliana, notificato il 30 maggio 1975, depositato in
cancelleria il 7 giugno successivo ed iscritto al n. 15 del registro
ricorsi 1975.
Visto l’atto di costituzione del Presidente della Regione
siciliana;
udito nell’udienza pubblica del 25 febbraio 1976 il Giudice
relatore Angelo De Marco;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti,
per il ricorrente, e l’avv. Massimo Severo Giannini, per la Regione
siciliana.
Con ricorso notificato il 30 maggio 1975, il Commissario dello
Stato presso la Regione siciliana ha impugnato la legge approvata
dall’Assemblea di detta regione il 21 maggio 1975 avente per oggetto
“Istituzione dei consigli di quartiere nei comuni della Regione
siciliana”, chiedendone la dichiarazione di illegittimità
costituzionale per violazione degli artt. 14, lett. o, e 15 dello
Statuto speciale, nonché degli artt. 48, 51, 65 e 114 della
Costituzione.
A sostegno del ricorso si deducono i seguenti motivi:
1) È ben vero che per l’art. 14, lett. o, dello Statuto speciale
la Regione siciliana ha competenza esclusiva in materia di regime degli
enti locali e delle circoscrizioni relative, ma è vero altresì che
l’art. 15 precisa che “l’ordinamento degli enti locali si basa nella
Regione sui comuni e sui liberi consorzi di comuni (corrispondenti alle
province statali), dotati della più ampia autonomia amministrativa e
finanziaria”.
Ne consegue che con legge regionale non si possono istituire,
nell’ambito della circoscrizione comunale, nuove circoscrizioni
territoriali, né creare enti territoriali dotati di autarchia
amministrativa, quali si configurano i consigli di quartiere costituiti
attraverso l’elezione diretta.
Di qui la violazione dei richiamati artt. 14 e 15 dello Statuto
speciale.
2) La nomina dei consigli di quartiere, mediante elezione diretta,
determinando l’autonomia politica di tali organi, dà luogo ad una
forma di espressione comunitaria della volontà dei cittadini, in
contrasto con l’art. 114 della Costituzione che statuisce: “La
Repubblica si riparte in regioni, province e comuni”.
3) La disciplina del diritto di voto e, implicitamente, la
determinazione dei casi di consultazione del corpo elettorale in forza
dell’art. 48 della Costituzione sono riservate alla legge statale e non
esiste alcuna normativa statale che abbia sanzionato forme di elezioni
popolari comunali: pertanto la legge impugnata viola la citata norma
costituzionale.
4) Sono violati, altresì, gli artt. 51 e 65 della Costituzione che
vietano di stabilire – come fa l’art. 4 della legge impugnata – casi di
incompatibilità con gli uffici di deputato o senatore.
Si è costituita nel giudizio la Regione siciliana, il di cui
patrocinio, con memoria depositata il 20 giugno 1975 chiede che il
ricorso venga respinto, deducendo al riguardo sostanzialmente quanto
segue:
a) I consigli di quartiere non sono enti od organi di nuovi enti
autonomi, ma semplici organi decentrati delle amministrazioni comunali;
b) la Regione siciliana ha potestà legislativa in materia
elettorale e non esiste al riguardo una riserva statale (sentenza n.
108 del 1969 di questa Corte);
c) Il legislatore regionale può prevedere incompatibilità che non
costituiscano deroghe irrazionali alla legislazione statale.
Nell’udienza odierna l’Avvocatura generale dello Stato ha
dichiarato di rinunziare al primo motivo di gravame, insistendo per
l’accoglimento del ricorso per gli altri motivi sopra riassunti, mentre
il patrono della Regione siciliana ha insistito nel chiederne il
rigetto.
1. – Con la rinunzia al primo motivo di gravame da parte
dell’Avvocatura generale dello Stato, la materia del contendere si
riduce all’accertamento della natura giuridica dei consigli di
quartiere istituiti con l’impugnata legge regionale siciliana 21 maggio
1975 e, più precisamente, a stabilire se costituiscono veri e propri
nuovi enti autarchici sub-comunali, come sostiene il Commissario dello
Stato per la Regione siciliana, oppure semplici organi di decentramento
funzionale amministrativo dei comuni, come sostiene la Regione
siciliana.
2. – Precisato, così, l’oggetto del giudizio, è necessario,
anzitutto, stabilire sulla base delle norme contenute nella legge
impugnata, come siano strutturati gli istituiti consigli di quartiere e
quali ne siano le attribuzioni.
La strutturazione riproduce quasi integralmente quella del comune:
consiglio di quartiere, corrispondente al consiglio comunale (anche
nella composizione numerica di poco inferiore: 10 membri per i
quartieri con popolazione fino a 3.000 abitanti, 15 membri per i comuni
fino a 3.000 abitanti; 15 membri per i quartieri con popolazione da
3.001 a 10.000 abitanti, 20 membri per i comuni con popolazione fino a
10.000 abitanti; 20 membri per i quartieri con popolazione superiore a
10.000 abitanti, 30 membri per i comuni con popolazione superiore a
10.000 abitanti), presidente del consiglio corrispondente al sindaco,
eletto dal consiglio con le stesse modalità prevedute dalla legge
sull’ordinamento aniministrativo degi enti locali nella Regione
siciliana per la elezione del sindaco.
Manca la previsione dell’organo giunta, ma come risulta dalla
analisi delle funzioni di amministrazione attiva attribuite – per
delegazione del consiglio comunale ai sensi dell’art. 11 della legge
impugnata – al consiglio di quartiere vi è bensì una elencazione di
materie ma senza specificazione dei poteri delegati, cosicché deve
desumersi che in tali materie il consiglio di quartiere può esercitare
tutte le potestà che il sopra citato ordinamento attribuisce al
consiglio comunale, alla giunta e al sindaco.
Per quanto riguarda il presidente non sono indicate altre
attribuzioni che non siano quelle di presiedere le pubbliche adunanze
del consiglio.
Peraltro, poiché in base alla norma di rinvio contenuta nell’art.
44 della legge impugnata, per quanto non previsto nella legge stessa si
osservano, in quanto applicabili, le norme di legge concernenti il
consiglio comunale, può ben ritenersi che anche per il presidente del
consiglio di quartiere debbano osservarsi, in quanto applicabili, le
norme di legge concernenti il sindaco.
È vero che, in base all’art. 11 della legge in esame il consiglio
di quartiere ha anche funzione consultiva e di propulsione
dell’attività del comune, ma questa funzione rafforza e non esclude
quella più rilevante di amministrazione attiva, cosicché già si può
ben concludere che non ci si trova di fronte ad un semplice organo di
decentramento funzionale a carattere semplicemente burocratico.
Al riguardo basta tener presenti gli artt. 70 e 71 dell’ordinamento
amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, abrogati con
l’art. 12 della legge in esame.
Con tali articoli, infatti, si prevedevano delegati del sindaco
nelle borgate e frazioni (art. 70) o addirittura nei quartieri, nei
quali il consiglio comunale poteva ripartire il territorio dei comuni
con più di 60.000 abitanti (art. 71), delegati per mezzo dei quali si
attuava, senza che occorresse all’uopo l’istituzione di un apposito
consiglio, quello che soltanto può definirsi decentramento funzionale.
Ma l’elemento che deve togliere ogni dubbio circa la natura di vero
e proprio ente autonomo del consiglio di quartiere è la nomina del
consiglio a suffragio universale, ossia attraverso la forma più
squisitamente politica di esercizio di quella sovranità che l’art. 1
della Costituzione attribuisce al popolo.
3. – Tanto stabilito, resta da accertare se l’istituzione di un
siffatto ente rientri nella potestà di legislazione esclusiva, in
materia di regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative,
attribuita alla Regione siciliana dall’art. 14, lett. o, del relativo
Statuto speciale.
Poiché il primo comma di detto articolo 14 dispone, tra l’altro,
che tale potestà deve esercitarsi “nei limiti delle leggi
costituzionali dello Stato” il problema si sposta all’accertamento
della conformità con le leggi costituzionali dello Stato della legge
impugnata.
Intanto, già l’art. 5 della Costituzione, statuendo che la
Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi
che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo;
adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze
dell’autonomia e del decentramento, evidentemente non solo distingue
tra autonomia e decentramento, ma entrambi riserva alla legislazione
statale.
Più specificamente, poi, l’art. 128 dispone che le Province ed i
Comuni sono enti autonomi nell’ambito dei principi fissati da leggi
generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni.
Ne consegue che con la legge impugnata la Regione ha usato la
potestà di legislazione esclusiva in materia di regime degli enti
locali e delle circoscrizioni relative, conferite dall’art. 14, lett.
o, dello Statuto speciale, esorbitando dai limiti delle leggi
costituzionali dello Stato, stabiliti nel primo comma di detto art. 14,
perché ha legiferato in materia che, in forza delle norme sopra
richiamate, è riservata alle leggi generali della Repubblica.
Tanto basta perché, senza che occorre passare all’esame degli
altri motivi di gravame, che restano assorbiti, il ricorso debba essere
accolto.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale della legge regionale
siciliana approvata dall’Assemblea regionale nella seduta del 21 maggio
1975, avente ad oggetto “Istituzione dei consigli di quartiere nei
comuni della Regione siciliana”.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1976.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
ANGELO DE MARCO – ERCOLE ROCCHETTI –
ENZO CAPALOZZA – VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – NICOLA REALE – LEONETTO
AMADEI – GIULIO GIONFRIDA – EDOARDO
VOLTERRA – GUIDO ASTUTI – MICHELE
ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO.
LUIGI BROSIO – Cancelliere