Sentenza N. 110 del 1980
Corte Costituzionale
Data generale
16/07/1980
Data deposito/pubblicazione
16/07/1980
Data dell'udienza in cui è stato assunto
10/07/1980
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott.
MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA –
Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO
BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN –
Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO
ANDRIOLI, Giudici,
comma, della legge 22 dicembre 1973, n. 841 (proroga dei contratti di
locazione e di sublocazione degli immobili urbani e degli immobili
destinati ad uso di albergo, pensione e locanda), promosso con
ordinanza emessa il 6 maggio 1977 dal tribunale di Padova, nel
procedimento civile vertente tra Tomea Giovanni ed altra e Cavallini
Gastone, iscritta al n. 522 del registro ordinanze 1977 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25 del 25 gennaio 1978.
Visti l’atto di costituzione di Tomea Giovanni ed altra e l’atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri:
udito nell’udienza pubblica del 7 novembre 1979 il Giudice relatore
Antonino De Stefano;
udito l’avvocato dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Con ordinanza emessa il 6 maggio 1977 nel procedimento civile, in
grado di appello, vertente tra Tomea Giovanni ed altra e Cavallini
Gastone, ed avente ad oggetto l’applicabilità o meno della proroga
prevista dall’art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n. 841, ad un
rapporto di locazione con scadenza contrattuale al 31 maggio 1974, il
tribunale di Padova ha sollevato d’ufficio, ritenendola rilevante e non
manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale,
in riferimento all’art. 3 della Costituzione, di detta norma, “per aver
concesso la proroga ai soli contratti di locazione già prorogati con
il decreto legge 24 luglio 1973, n. 426, convertito nella legge 4
agosto 1973, n. 495, e non anche ai contratti, concernenti situazioni
identiche a quelle considerate dal decreto legge 24 luglio 1973, n.
426, che venissero a scadere entro il periodo di proroga previsto dalla
legge 22 dicembre 1973, n. 841”.
Osserva il tribunale di Padova che al contratto di locazione di
immobile urbano portato al suo esame, avente durata novennale con
scadenza contrattuale al 31 maggio 1974, non poteva applicarsi il primo
comma dell’art. 1 del d.l. 24 luglio 1973, n. 426, convertito nella
legge 4 agosto 1973, n. 495, con il quale si disponeva la proroga dei
contratti di locazione sino alla data del 31 gennaio 1974, in quanto la
scadenza naturale del contratto in parola era fissata a una data
successiva. Né poteva conseguentemente applicarsi l’art. 1 della
successiva legge 22 dicembre 1973, n. 841, atteso che questa, come
chiaramente emerge dalla sua espressione letterale, disponeva la
ulteriore proroga, fino al 30 giugno 1974, dei soli contratti di
locazione che erano stati “già prorogati” con il citato d.l. n. 426
del 1973, e non anche dei contratti che, pur essendo “in corso” alla
data di entrata in vigore del ripetuto decreto legge, o della stessa
legge n. 841 del 1973, non avevano beneficiato della proroga anzidetta.
Né può condividersi, secondo il giudice a quo, la diversa
interpretazione data all’art. 1 della legge n. 841 del 1973 dal pretore
di Padova, con la sentenza appellata, secondo la quale “l’infelice
espressione” usata dal legislatore (contratti “già prorogati”) andava
rettamente intesa – per evitare un inspiegabile e immotivato vuoto nel
continuum delle proroghe legali ed essere così immune da vizio di
incostituzionalità ex art. 3 della Costituzione – nel senso che la
proroga fosse concessa, oltre che ai contratti “già prorogati”, anche
ai contratti per i quali il conduttore fosse in possesso dei requisiti
previsti dallo stesso d.l. n. 426 del 1973 per ottenerne la proroga
(reddito complessivo netto non superiore ai 4 milioni di lire). Il
raffronto tra l’espressione adoperata nell’art. 1 della legge n. 841
del 1973, e quelle corrispondenti contenute negli altri testi
legislativi, precedenti e successivi, appalesa in maniera evidente la
diversa volontà del legislatore, diretta talora a concedere una
ulteriore proroga (“sono ulteriormente prorogati”) a contratti che già
ne avevano beneficiato in precedenza, ed altre volte, invece, a
concederla a tutti quelli “in corso”, che riguardassero determinate
categorie di conduttori, avessero o no beneficiato di precedenti
proroghe.
Ritenendo, pertanto, che la norma denunciata non possa essere
interpretata in modo diverso da quello risultante dalla sua letterale
espressione, il tribunale di Padova ne ha denunciato l’illegittimità
costituzionale, in quanto non è dato spiegare perché il legislatore
si sia preoccupato di accordare la proroga soltanto ai contratti già
prorogati con il d.l. n. 426 del 1973, e non anche a quelli che, pur
riguardando situazioni soggettivamente ed oggettivamente identiche a
quelle considerate nel d.l. n. 426 del 1973, sarebbero venuti a scadere
entro il periodo di proroga previsto dalla legge n. 841 del 1973.
Nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocato generale
dello Stato, il quale ha concluso per l’infondatezza della proposta
questione, rilevando che l’unica interpretazione corretta della norma
denunciata, siccome conforme ai principi fissati dalla Costituzione, è
quella data dal pretore di Padova con l’appellata sentenza. A non
diversa conclusione di infondatezza, secondo l’Avvocatura dello Stato,
si perviene anche seguendo l’interpretazione data dal giudice a quo, in
quanto l’ipotizzata esclusione dalla proroga di contratti non prorogati
da precedenti leggi, non confliggerebbe con il principio di
eguaglianza, una volta che il legislatore, nella sua discrezionalità,
avesse ritenuto di non ricomprendere nella proroga i contratti “non
prorogati” e scadenti, in base ad una espressa previsione contrattuale,
nel periodo in questione.
Nel giudizio si sono costituiti anche gli appellanti Tomea Giovanni
e Seresin Luigina, rappresentati e difesi dagli avvocati Luciano
Salmazo e Achille Pietrantoni, i quali hanno concluso per
l’infondatezza della questione, sostenendo che con la legge n. 841 del
1973 il legislatore ha inteso prendere in considerazione soltanto i
contratti prorogati con il d.l. n. 426 del 1973, spostandone la
scadenza, in origine stabilita al 31 gennaio 1974, al 30 giugno dello
stesso anno. Il legislatore avrebbe potuto prendere in considerazione
anche gli altri contratti con scadenza successiva al 31 gennaio 1974,
ma ciò non ha fatto, e a nulla rileva stabilire se siasi trattato di
precisa scelta legislativa o di mera dimenticanza, dal momento che
nella differenziazione venutasi a creare non sussiste violazione di
principi costituzionali.
1. Con l’ordinanza del tribunale di Padova la Corte è chiamata ad
accertare se sia costituzionalmente illegittimo – per contrasto con
l’art. 3 della Costituzione – l’art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n.
841, nella parte in cui avrebbe disposto la proroga fino al 30 giugno
1974 soltanto dei contratti di locazione di immobili urbani “già
prorogati” fino al 31 gennaio 1974 con il d.l. 24 luglio 1973, n. 426,
convertito in legge 4 agosto 1973, n. 495, e non anche dei contratti –
concernenti situazioni soggettivamente ed oggettivamente identiche a
quelle considerate dal d.l. n. 426 del 1973 – che venissero a scadere
dopo la data del 31 gennaio 1974 ed entro il periodo di proroga
previsto dalla denunciata norma.
2. L’ordinanza è stata emessa anteriormente all’entrata in vigore
(30 luglio 1978) della legge 27 luglio 1978, n. 392, che ha dettato
nuova disciplina delle locazioni di immobili urbani. Peraltro, la Corte
rileva che, in virtù dell’art. 82 della sopravvenuta legge, ai giudizi
in corso alla data anzidetta continuano ad applicarsi ad ogni effetto
le norme precedenti, come quella denunciata, sulla quale, quindi,
ritiene di portare il suo esame, senza richiedere al giudice a quo
conferma della rilevanza della sollevata questione.
3. La Corte, disattendendo la opposta interpretazione, cui si
richiamano, come accennato in narrativa, sia l’Avvocatura dello Stato
che la parte privata, si attiene alla lettura della impugnata norma,
quale motivatamente proposta, con il sostegno dei comuni canoni
ermeneutici, nella ordinanza di rimessione. Ad essa conforta tanto il
significato proprio delle espressioni adoperate, quanto l’uso che il
legislatore ne ha fatto nei vari provvedimenti emanati in materia. Di
particolare rilievo, in proposito, la contrapposizione che è dato
riscontrare tra l’analoga dizione (“i contratti… già prorogati a
norma dell’art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n. 841, sono
ulteriormente prorogati fino alla data del 31 dicembre 1974”) adoperata
nell’art. 1, comma primo, del d.l. 19 giugno 1974, n. 236,
immediatamente successivo alla norma impugnata, e quella ad essa
sostituita in sede di conversione di tale decreto legge con la legge 12
agosto 1974, n. 351, (“i contratti in corso alla data di entrata in
vigore della presente legge, sono prorogati fino alla data del 30
giugno 1975”). Non si tratta, evidentemente, di espressioni
equipollenti, e non può, dunque, ritenersi che la denunciata norma,
con il riferirsi ai contratti “già prorogati” con il d.l. n. 426 del
1973, comprenda anche quelli “in corso”, che per identità di
situazioni avrebbero potuto essere prorogati per effetto dello stesso
decreto, ma che in fatto non lo erano stati, essendo la loro scadenza
posteriore al dies ad quem della disposta proroga.
4. La questione è fondata.
La norma denunciata comporta, nell’accolta interpretazione, una
diversità di disciplina, nei sensi sopra indicati, a giustificar la
quale non vale far appello alla discrezionalità del legislatore. Ben
vero che, sempre in materia di proroga dei contratti di locazione di
immobili urbani, in una questione sotto alcuni aspetti similare la
Corte ha ritenuto che il legislatore avesse operato non
irrazionalmente, nell’ambito della sua discrezionalità. Infatti, con
la sentenza n. 4 del 1976, nella quale si richiamavano anche le
precedenti n. 132 del 1972 e n. 29 dei 1975, venne dichiarata non
fondata la questione di legittimità dell’art. 1, comma secondo, della
legge 26 novembre 1969, n. 833, e dell’art. 56 del d.l. 26 ottobre
1970, n. 745 (convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034),
denunciati, nel loro combinato contesto, in riferimento al precetto
costituzionale dell’eguaglianza, per aver prorogato i contratti di
locazione “in corso” alla data (1 dicembre 1969) di entrata in vigore
della legge n. 833 del 1969, escludendo dal regime di proroga i
contratti stipulati successivamente a tale data e “in corso” al momento
dell’entrata in vigore del sopravvenuto d.l. n. 745 del 1970. Ma in
quell’occasione la Corte considerò che il legislatore si era a ciò
determinato, ritenendo che la congiuntura economica a lui sottoposta
consentisse, in materia di locazioni, una risposta articolata,
tradottasi, per un verso, nel prolungamento di durata della proroga per
i contratti che a questa già fossero soggetti per effetto della legge
n. 833 del 1969, e, per altro verso, nel mantenimento del regime libero
per le locazioni stipulate successivamente all’entrata in vigore della
predetta legge.
Invece, nella questione che viene adesso all’esame della Corte (e
che non concerne, oltre tutto, contratti stipulati in epoche diverse,
bensì contratti stipulati tutti prima dell’entrata in vigore del d.l.
n. 426 del 1973, ma con scadenze diverse), non è dato desumere, né
dai lavori parlamentari, né dalla stessa mens legis, alcun argomento a
sostegno della esposta diversità di regime. Ché anzi la norma, come
ben sottolinea il giudice a quo, esplicitamente enuncia il proposito
del legislatore di pervenire entro breve termine ad una “disciplina
organica delle locazioni”, a ciò preordinando il perdurare, nel
frattempo “e comunque non oltre il 30 giugno 1974”, del regime
vincolistico in atto. Se in tale prospettiva agevolmente si colloca la
proroga dei contratti di locazione in favore dei conduttori con reddito
annuo fino a quattro milioni di lire, allo scopo di far coincidere il
venir meno del vecchio regime con il subentrare della imminente (nel
disegno del legislatore) nuova disciplina, palesemente irrazionale, per
converso, appare la limitazione della proroga stessa ai soli contratti
già prorogati fino al 31 gennaio 1974 per effetto del precedente d.l.
n. 426 del 1973, restandone esclusi quelli che, pur sussistendo i
medesimi presupposti ed essendo egualmente in corso alla data di
entrata in vigore del ripetuto decreto, nella proroga da quest’ultimo
concessa non erano rientrati unicamente perché in scadenza dopo la
indicata data del 31 gennaio 1974. Si configura così una indubbia
disparità di trattamento tra i conduttori beneficiari e della
precedente e dell’ulteriore proroga, e i conduttori che, pur versando
nelle medesime condizioni, dal beneficio della proroga disposta
dall’art. 1 della legge n. 841 del 1973 rimangono esclusi per motivi
puramente temporali, dovendo perciò attendere la instauranda
disciplina organica in una posizione ingiustificatamente diversa. Viene
con ciò ad essere vulnerato il principio di eguaglianza, dalla cui
osservanza, nell’ambito del regime vincolistico, ovviamente non
dispensano i riconosciuti caratteri di straordinarietà e temporaneità
della relativa normativa.
Per le suesposte ragioni va dichiarata la illegittimità, per
contrasto con l’art. 3 della Costituzione, dell’art. 1, primo comma,
della legge n. 841 del 1973, nella parte in cui non assoggetta alla
medesima proroga ivi prevista per i contratti di locazione e di
sublocazione di immobili urbani già prorogati con il d.l. n. 426 del
1973, i contratti aventi gli stessi requisiti ed egualmente in corso
alla data di entrata in vigore di tale decreto, ma non prorogati per
suo effetto in ragione della loro scadenza successiva al 31 gennaio
1974.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, primo comma,
della legge 22 dicembre 1973, n. 841 (proroga dei contratti di
locazione e di sublocazione degli immobili urbani e degli immobili
destinati ad uso di albergo, pensione e locanda), nella parte in cui
non assoggetta alla medesima proroga ivi prevista per i contratti già
prorogati con il decreto legge 24 luglio 1973, n. 426, convertito nella
legge 4 agosto 1973, n. 495, i contratti aventi gli stessi requisiti ed
egualmente in corso alla data di entrata in vigore di tale decreto, ma
non prorogati per suo effetto in ragione della loro scadenza successiva
al 31 gennaio 1974.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI – MICHELE ROSSANO – ANTONINO
DE STEFANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROEHRRSSEN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE – ANTONIO LA PERGOLA –
VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere