Sentenza N. 1107 del 1988
Corte Costituzionale
Data generale
20/12/1988
Data deposito/pubblicazione
20/12/1988
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/12/1988
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
della Provincia di Trento 30 settembre 1974, n. 26 (“Modifiche al
trattamento economico del personale provinciale”), dell’art. 7 della
legge della Provincia di Trento 23 novembre 1983, n. 41 (“Nuovo
assetto retributivo del personale dirigente e miglioramenti economici
al personale collocato nei livelli funzionali e retributivi”),
promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 15 novembre 1985 dal Consiglio di Stato –
Sez. V giurisd.le sul ricorso proposto da Casagrande Sergio ed altri
contro la Provincia Autonoma di Trento ed altri, iscritta al n. 305
del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 35, prima serie speciale dell’anno 1986;
2) ordinanza emessa il 27 novembre 1986 dal Tribunale Regionale
di Giustizia Amministrativa della Provincia di Trento nel
procedimento civile vertente tra Seppi Antonio ed altri e Provincia
Autonoma di Trento ed altri, iscritta al n. 90 del registro ordinanze
1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14,
prima serie speciale dell’anno 1987;
Visti gli atti di costituzione di Casagrande Sergio ed altri,
della Provincia Autonoma di Trento e di Seppi Antonio ed altri;
Udito nell’udienza pubblica del 10 maggio 1988 il Giudice relatore
Antonio Baldassarre;
Uditi l’Avvocato Sergio Dragogna per Casagrande Sergio ed altri e
l’Avvocato Sergio Panunzio per la Provincia Autonoma di Trento;
novembre 1986 ha sollevato questione di legittimità costituzionale
dell’art. 8, della legge della Provincia di Trento 30 settembre 1974,
n. 26, e dell’art. 7 della legge della stessa Provincia 23 novembre
1983, n. 41, nella parte in cui tali disposizioni non estendono al
personale chimico dipendente dal laboratorio di igiene e profilassi
il trattamento economico da esse previsto a favore del personale
medico dipendente dallo stesso laboratorio.
Sollevata nel corso di un giudizio promosso per l’annullamento
delle delibere della Giunta della Provincia di Trento emanate il 22
dicembre 1983 con i nn. 15187, 15192, 15200, 15201, 15293, nonché
per l’accertamento in sede di giurisdizione esclusiva del diritto dei
lavoratori chimici ricorrenti a un trattamento economico equiparabile
a quello del personale medico, la censura muove dalla esplicita
premessa della piena equiparazione del personale chimico con quello
medico, sul presupposto che ambedue operano all’interno della
medesima struttura svolgendovi compiti simili e godendo di uno status
giuridico analogo (v. art. 32, primo comma, della legge della
Provincia di Trento n. 33 del 1980, nonché gli artt. 82 e segg. del
t.u. delle leggi sanitarie approvato con r.d. n. 1265 del 1934, gli
artt. 67 e segg. del r.d. n. 281 del 1935, il d.m. 15 aprile 1935, il
r.d. n. 155 del 1927, gli artt. 15 e segg. del d.P.R. 10 giugno 1955,
n. 854).
Su tali basi, il giudice a quo prospetta il contrasto delle
disposizioni impugnate con le seguenti norme costituzionali: a)
l’art. 3 Cost., per disparità di trattamento tra soggetti posti in
identiche condizioni giuridiche; b) l’art. 36 Cost., per violazione
del principio della proporzionalità della retribuzione a danno del
personale chimico, il quale, come s’è ricordato, svolge prestazioni
supposte come identiche a quelle dei medici; c) l’art. 97 Cost., in
quanto la suddetta sperequazione nuocerebbe all’efficienza di un
ufficio pubblico, qual’è il laboratorio di igiene e profilassi; d)
gli artt. 4 e 8 St. T.-A.A., poiché le disposizioni impugnate
contrasterebbero con il limite dei principi generali dell’ordinamento
e con quello delle riforme economico-sociali, dato che, mentre l’art.
47 della legge n. 833 del 1978 richiede un unico ordinamento del
personale suddiviso in quattro ruoli (sanitario, professionale,
tecnico e amministrativo), l’art. 2 del d.P.R. n. 761 del 1979, che
ha attuato la delega prevista dallo stesso art. 47, ha disposto che
nel ruolo sanitario siano iscritti, oltre ai medici, anche i chimici,
con classificazione di tutto il personale del ruolo in identiche
posizioni funzionali.
Da ultimo, il giudice a quo osserva che, poiché la giustizia
amministrativa ha già dato ragione al personale sanitario chimico
che invocava l’equiparazione economica rispetto ai medici, le norme
impugnate introdurrebbero diversità di trattamento economico del
personale sanitario operante nella medesima provincia a seconda che
questo sia previsto da leggi provinciali o da leggi nazionali.
1.2. – I ricorrenti del giudizio principale sono intervenuti nel
presente giudizio con memorie di costituzione del 28 febbraio 1986
aderendo alle motivazioni formulate nell’ordinanza di rimessione.
1.3. – Si è costituita la Provincia di Trento chiedendo che la
questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
Dopo aver rilevato che l’inammissibilità deriverebbe dal fatto
che il giudice a quo chiede a questa Corte la creazione di norme del
tutto nuove, la Provincia respinge le censure prospettate asserendo
che il personale chimico e quello medico si troverebbero in
situazioni differenti, essendo muniti di lauree e di professionalità
diverse ed essendo stati assunti con concorsi distinti per svolgere
compiti differenti e con responsabilità diverse. Inoltre, la stessa
Provincia nega che dalla legge n. 833 del 1978 possa desumersi un
principio generale o una norma fondamentale in grado di vincolare la
competenza legislativa esclusiva della Provincia stessa a stabilire
un identico trattamento economico per i medici e per i chimici del
laboratorio di igiene e profilassi, tanto più che quest’ultimo
ufficio, a differenza di quanto disposto per le altre regioni, è
posto alle dirette dipendenze della Provincia e, pertanto, non può
essere assimilato agli analoghi uffici operanti nelle altre regioni
(v. art. 6-bis, del d.P.R. 30 dicembre 1979, n. 663 e art. 4, legge
Prov. di Trento n. 33 del 1980).
2. – Identiche questioni sono sollevate dal Tribunale Regionale di
Giustizia amministrativa di Trento con un’ordinanza del 27 novembre
1986. Anche in tal caso il giudice a quo svolge considerazioni
analoghe a quelle formulate nell’ordinanza precedentemente ricordata,
estendendole, peraltro, all’art. 2 della legge della Provincia di
Trento 28 dicembre 1984, n. 17, che, nel recepire il contratto
collettivo 1983-1985 relativo ai dipendenti degli enti locali
provinciali, ha espressamente escluso, “per quanto concerne il
trattamento economico”, il personale medico adibito all’espletamento
delle funzioni esercitate direttamente dalle Province ( ex art. 7
della legge prov. n. 41 del 1983).
3. – In prossimità dell’udienza, la Provincia di Trento ha
presentato una memoria, con la quale, oltre a ribadire e a sviluppare
quanto già affermato nei precedenti scritti difensivi, sottolinea
che le disposizioni impugnate corrispondono a quanto prescritto
dall’art. 46 del d.P.R. n. 346 del 1983, il quale disciplina il
trattamento economico del solo personale medico, in contrapposizione
agli artt. 37 e segg. dello stesso decreto, che disciplinano quello
dei chimici. Questo rilievo, secondo la Provincia, smentisce
l’esistenza di un principio di uniformità dei due trattamenti
economici ricordati, principio che, in ogni caso, non può essere
invocato come limite della competenza legislativa esclusiva, in
quanto, qualunque sia il suo contenuto, esso concerne una singola
materia, anziché essere, come si richiede, di fronte a una
competenza come quella in questione, un principio “intermateriale”.
costituzionale dell’art. 8 della legge della Provincia di Trento 30
settembre 1974, n. 26 (‘Modifiche al trattamento economico del
personale provinciale’) e dell’art. 7 della legge della stessa
Provincia 23 novembre 1983, n. 41 (‘Nuovo assetto retributivo del
personale dirigente e miglioramenti economici al personale collocato
nei livelli funzionali e retributivi’), nella parte in cui non
estendono al personale chimico dipendente dal laboratorio provinciale
di igiene e profilassi il trattamento economico previsto dagli stessi
articoli a favore del personale medico dipendente dal medesimo
laboratorio. Tale omissione del legislatore provinciale è ritenuta
contrastante tanto con gli artt. 3 (principio di eguaglianza), 36
(principio di proporzionalità della retribuzione alla quantità e
qualità del lavoro) e 97 (principio del buon andamento della
pubblica amministrazione) della Costituzione, quanto con gli artt. 4
e 8 St. T.A.A., che limitano l’esercizio della competenza legislativa
esclusiva della Provincia di Trento all’osservanza dei principi
generali dell’ordinamento giuridico e delle norme fondamentali delle
riforme economico-sociali.
Censure identiche sono, poi, mosse dalla sola ordinanza del
Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Provincia di
Trento anche nei confronti della legge provinciale 28 dicembre 1984,
n. 17 (‘Norme di recepimento dell’accordo provinciale unitario del 13
dicembre 1983’), la quale, nel recepire il contratto collettivo
1983-1985 relativo ai dipendenti degli enti provinciali, esclude
espressamente, all’art. 2, comma secondo, l’applicabilità dello
stesso contratto al personale medico adibito all’espletamento delle
funzioni esercitate direttamente dalla Provincia, limitatamente a
quanto riguarda il trattamento economico.
Poiché le questioni sollevate concernono in buon parte le stesse
disposizioni di legge e poiché i profili di legittimità
costituzionale coinvolti sono i medesimi, i giudizi promossi dalle
due ordinanze sopra riferite vanno riuniti per essere decisi con
un’unica sentenza.
2. – I giudici a quibus sottopongono al giudizio di questa Corte
due distinti ordini di questioni: per un verso, essi sospettano che
le disposizioni di legge impugnate violino il limite costituzionale,
rappresentato dagli artt., 3, 36 e 97 Cost.; per altro verso, essi
dubitano che le stesse norme contrastino con i limiti costituiti dai
principi generali dell’ordinamento giuridico e dalle norme
fondamentali delle riforme economico-sociali (artt. 4 e 8 St.
T.A.A.).
Con riferimento alle censure relative alla violazione del limite
costituzionale, il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto
rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire per le
categorie di dipendenti contemplate dalle norme impugnate trattamenti
economici identici ovvero ragionevolmente differenziati.
Il nucleo centrale delle censure ora considerate è dato dalla
pretesa violazione del principio costituzionale di eguaglianza (art.
3 Cost.), la quale conseguirebbe al fatto che il legislatore
provinciale, con le disposizioni impugnate, ha disciplinato in modo
differenziato il trattamento economico di categorie – come quelle dei
chimici e dei medici dipendenti dal laboratorio di igiene e
profilassi – che avrebbero caratteristiche omogenee, tanto sotto il
profilo delle prestazioni loro richieste, quanto sotto quello dello
status giuridico. È solo sulla base di tale supposta violazione
dell’art. 3 Cost., infatti, che i giudici a quibus ritengono
consequenzialmente violati anche il principio di proporzionalità
della retribuzione (art. 36 Cost.) e quello del buon andamento della
pubblica amministrazione (art. 97 Cost.): il primo è ritenuto leso
in quanto le norme impugnate prevedono un trattamento economico
differenziato in relazione a prestazioni supposte come appartenenti
allo stesso tipo; il secondo, invece, è considerato violato in
quanto la disparità di trattamento prevista, apparendo del tutto
ingiustificata, creerebbe motivi di inefficienza nel funzionamento
degli uffici amministrativi in cui opera il personale coinvolto nei
presenti giudizi.
In ogni caso, poiché i giudici a quibus collegano l’asserita
violazione del principio di eguaglianza all’omissione della categoria
dei chimici dipendenti dal laboratorio di igiene e profilassi dalla
disciplina legislativa sul trattamento economico dei medici
dipendenti dallo stesso laboratorio, ciò che essi chiedono a questa
Corte è una pronunzia additiva con la quale sia esteso ai chimici il
trattamento economico previsto per i medici.
Tuttavia, come questa Corte ha più volte precisato (v., da
ultimo, sentt. nn. 109 del 1986, 125 del 1988, nonché ord. n. 182
del 1986), una decisione di tipo additivo è consentita “soltanto
quando la soluzione adeguatrice non debba essere frutto di una
valutazione discrezionale, ma consegua necessariamente al giudizio di
legittimità, sì che la Corte in realtà proceda a un’estensione
logicamente necessitata e spesso implicita nella potenzialità
interpretativa del contesto normativo in cui è inserita la
disposizione impugnata. Quando, invece, si profili una pluralità di
soluzioni, derivanti da varie possibili valutazioni, l’intervento
della Corte non è ammissibile, spettando la relativa scelta
unicamente al legislatore”.
Nel caso in esame le ordinanze di rimessione chiedono
un’estensione della disciplina impugnata a soggetti diversi da quelli
contemplati nelle norme impugnate senza dimostrare che
quell’estensione sia costituzionalmente necessitata.
Pur constatando, infatti, che il contesto normativo nel quale si
inseriscono le norme impugnate mostra, nel suo divenire, un
progressivo avvicinamento del personale biologo o chimico addetto ai
laboratori d’igiene e di profilassi rispetto al personale medico
dipendente dagli stessi laboratori, tanto da vantare già
significativi punti di incontro sia sotto il profilo del regime
giuridico sia sotto quello del trattamento economico, non si può
dire, tuttavia, che allo stato le due categorie siano del tutto
assimilate in relazione alla loro posizione giuridica e alle loro
funzioni (v., in tale senso, le varie vicende legislative
intercorrenti fra il d.P.R. 25 giugno 1983, n. 348, il d.P.R. 13
maggio 1987, n. 228 e il d.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, al termine
delle quali permane nel comparto di contrattazione collettiva del
personale sanitario “un’apposita area negoziale per la
professionalità medica”, ivi compresi “gli istituti relativi
all’assetto retributivo della categoria”). Di modo che, lungi
dall’essere una soluzione costituzionalmente imposta, l’estensione ai
chimici del (più favorevole) trattamento economico dei medici è,
allo stato, una scelta lasciata all’insindacabile discrezionalità
del legislatore.
3. – Un secondo ordine di censure sollevato dai giudici a quibus
concerne la pretesa violazione, da parte delle norme impugnate (art.
8 legge prov. n. 26 del 1974, art. 7 legge prov. n. 41 del 1983, art.
2 legge prov. n. 17 del 1984), dei principi generali dell’ordinamento
giuridico e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali,
che gli artt. 4 e 8 St. T.A.A. prevedono come limiti all’esercizio
della potestà legislativa esclusiva posseduta dalla Provincia di
Trento in materia di ordinamento dei propri uffici e del personale ad
essi addetto.
Le censure sono infondate.
È affermazione costante nella giurisprudenza di questa Corte che
i principi generali dell’ordinamento giuridico consistono in
orientamenti o criteri direttivi di così ampia portata e così
fondamentali da potersi desumere, di norma, soltanto dalla disciplina
legislativa relativa a più settori materiali (v., ad esempio, sentt.
nn. 6 del 1956, 68 del 1961, 87 del 1963, 28 del 1964, 23 del 1978 e
91 del 1982) ovvero, eccezionalmente, da singole materie, sempreché
in quest’ultimo caso il principio sia diretto a garantire il rispetto
di valori supremi, collocabili al livello delle norme di rango
costituzionale o di quelle di immediata attuazione della Costituzione
(v., ad esempio, sentt. nn. 6 del 1956, e 231 del 1984).
Nel caso di specie va senz’ombra di dubbio escluso che si sia in
presenza di principi dotati dei caratteri appena ricordati, tali da
vincolare il legislatore provinciale, nell’esercizio della propria
competenza di tipo esclusivo, a prevedere una totale equiparazione
dei chimici e dei medici dipendenti dai laboratori di igiene e
profilassi sia sotto il profilo funzionale sia sotto quello
economico. Allo stato, anzi, come si è precisato nel punto
precedente della parte in diritto, un principio di tal contenuto,
dotato dell’assolutezza adombrata dai giudici a quibus, non può
neppure riscontrarsi nella disciplina legislativa attualmente vigente
nella specifica materia del trattamento giuridico ed economico del
personale sanitario (v., oltre alle disposizioni precedentemente
citate, gli artt. 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e 2 del
d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761).
Le considerazioni appena svolte esimono dal fornire ulteriori
dimostrazioni anche in relazione all’infondatezza della pretesa
violazione del limite delle norme fondamentali delle riforme
economico-sociali.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Nei riuniti giudizi di cui in epigrafe,
Dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 8 della legge della Provincia di Trento 30 settembre 1974,
n. 26 (“Modifiche al trattamento economico del personale
provinciale”) e dell’art. 7 della legge della Provincia di Trento 23
novembre 1983, n. 41 (“Nuovo assetto retributivo del personale
dirigente e miglioramenti economici al personale collocato nei
livelli funzionali-retributivi”) sollevate, in riferimento agli artt.
3, 36 e 97 della Costituzione, dal Consiglio di Stato, sezione V, e
dal Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Provincia
di Trento con le ordinanze indicate in epigrafe;
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 2 della legge della Provincia di Trento 28 dicembre 1984,
n. 17 (“Norme di recepimento dell’accordo provinciale unitario del 13
dicembre 1983”), sollevata, in riferimento alle medesime disposizioni
costituzionali precedentemente indicate, con l’ordinanza del
Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Provincia di
Trento riferita in epigrafe;
Dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
degli articoli di legge provinciale sopra indicati, sollevate con le
medesime ordinanze precedentemente ricordate, in riferimento agli
artt. 4 e 8 dello Statuto del Trentino Alto-Adige (d.P.R. 31 agosto
1972, n. 670).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1988.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: BALDASSARRE
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 20 dicembre 1988.
Il direttore della cancelleria: MINELLI