Sentenza N. 1109 del 1988
Corte Costituzionale
Data generale
20/12/1988
Data deposito/pubblicazione
20/12/1988
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/12/1988
Presidente: prof. Giovanni CONSO;
Giudici: prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL’ANDRO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.
Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
degli artt. 2, 4 e 5 della legge 12 agosto 1962, n. 1338
(Disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione
dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i
superstiti), promosso con ordinanza emessa il 7 gennaio 1988 dal
Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra La Cavalla
Antonio e l’I.N.P.S., iscritta al n. 66 del registro ordinanze 1988 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima
serie speciale, dell’anno 1988;
Visti gli atti di costituzione di La Cavalla e dell’I.N.P.S.
nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 28 settembre 1988 il Giudice
relatore Francesco Greco.
di Torino l’I.N.P.S. e chiedeva che fosse integrata al minimo la
pensione supplementare liquidatagli ex art. 5 della legge 12 agosto
1962, n. 1338, deducendo che, con successivi versamenti contributivi,
aveva raggiunto un numero di contributi pari a quelli occorrenti per
la concessione della normale pensione di vecchiaia; il che, a suo
avviso, comportava la modifica del titolo della prestazione oppure,
ove ciò non fosse consentito dalla normativa vigente, quanto meno
l’integrazione al minimo; infine, nel caso in cui le vigenti norme
non consentissero tale integrazione, eccepiva l’incostituzionalità
delle stesse. Si determinava, invero, sempre a suo avviso, una
disparità di trattamento fra i titolari di pensioni che godono della
integrazione al minimo e pensionati che non ne possono usufruire,
come esso deducente, nonché la lesione del diritto alla percezione
dei mezzi adeguati alle esigenze di vita (violazione degli artt. 3 e
38 Cost.).
L’I.N.P.S. si opponeva alla domanda, date le peculiari
connotazioni della pensione supplementare.
2. – Il Tribunale, considerato che, alla stregua della
legislazione vigente, l’attore non poteva ottenere l’integrazione al
minimo del trattamento erogatogli in quanto tale beneficio non era
concesso dalle norme di previsione ai titolari di pensioni
supplementari, i quali, peraltro, non possono nemmeno ottenere la
modificazione del titolo della prestazione ma, nel caso in cui
continuano a versare i contributi, hanno diritto solamente ad
ulteriori supplementi, fermo restando il titolo originario del
trattamento goduto, sollevava questione di legittimità
costituzionale degli artt. 2, 4 e 5 della legge n. 1338 del 1962 e
successive modificazioni, nelle parti in cui non prevedono
l’integrazione al minimo delle pensioni supplementari, quando la
contribuzione complessiva versata o accreditata sia divenuta
sufficiente per il conseguimento del diritto a pensione autonoma, per
violazione degli artt. 3 e 38 Cost.
Si sarebbe, infatti, determinata, senza giustificato motivo,
disparità di trattamento tra coloro ai quali è negata
l’integrazione al minimo in quanto titolari di pensione supplementare
e coloro per i quali, titolari di altre prestazioni pensionistiche,
è possibile l’integrazione, con violazione altresì del principio
dell’adeguatezza della prestazione previdenziale alle esigenze di
sostentamento del pensionato.
3. – Nel giudizio si sono costituiti sia il ricorrente che
l’I.N.P.S.. Il primo, riportandosi alle deduzioni dell’atto
introduttivo del giudizio ed alla motivazione dell’ordinanza di
rimessione, ha chiesto la declaratoria di fondatezza della questione.
L’I.N.P.S., rilevata la differenza esistente tra i due trattamenti
pensionistici posti in comparazione e, quindi, la razionalità del
diverso apprezzamento del legislatore, ha concluso per la
infondatezza della questione.
È intervenuta anche l’Avvocatura Generale dello Stato per il
Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha formulato conclusioni
nel senso dell’infondatezza della questione.
costituzionale degli artt. 2, 4 e 5 della legge 12 agosto 1962, n.
1338, e successive modificazioni, nelle parti in cui non prevedono
l’integrazione al minimo delle pensioni supplementari nei casi nei
quali la contribuzione, complessivamente versata o accreditata, sia
divenuta sufficiente per il conseguimento del diritto alla pensione
autonoma in presenza dei prescritti requisiti di assicurazione e di
età. Risulterebbero violati: l’art. 3 Cost. per l’ingiustificata
disparità di trattamento che si verificherebbe tra pensionati che
possono avere l’integrazione e pensionati che non la possono
ottenere, e l’art. 38 Cost. in quanto la prestazione erogata
risulterebbe inadeguata alle necessità del sostentamento
dell’assicurato e alle sue esigenze vitali.
La questione non è fondata.
All’assicurato che abbia maturato i requisiti minimi di età e di
contribuzione richiesti dalle norme di previsione spetta la pensione
autonoma. Invece, la pensione supplementare (art. 5, legge 12 agosto
1962, n. 1338) è erogata all’assicurato al quale sia stata liquidata
o per il quale, sussistendo il relativo diritto, sia in corso di
liquidazione la pensione a carico di un regime di previdenza
sostitutivo dell’assicurazione generale obbligatoria per
l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti o che ne comporti la
esclusione o l’esonero, allorché abbia raggiunto l’età stabilita
per la pensione di vecchiaia o sia stato riconosciuto invalido ex
art. 10 del d.l. n. 636 del 1939, qualunque sia il numero e l’entità
dei contributi versati o accreditati.
I contributi che eventualmente il pensionato continua a versare
successivamente alla concessione della pensione supplementare danno
diritto a supplementi di pensione nella misura stabilita dall’art. 4
della legge in esame.
La pensione supplementare e gli eventuali successivi supplementi
sono a carico dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la
vecchiaia ed i superstiti e del relativo fondo di adeguamento e sono
reversibili, in caso di morte del pensionato.
Qualora l’assicurato muoia prima di avere ottenuto la pensione
supplementare, i suoi eredi possono ottenere la pensione
supplementare indiretta, da calcolarsi sulla base della pensione
supplementare diretta, che sarebbe spettata al dante causa, così
anche per i supplementi.
In base all’art. 7 della legge 23 aprile 1981, n. 155 (Adeguamento
delle strutture e delle procedure per la liquidazione urgente delle
pensioni e per i trattamenti di disoccupazione e misure urgenti in
materia previdenziale e pensionistica), il calcolo della pensione
supplementare avviene in forma retributiva, con le stesse norme
previste per la pensione a carico dell’assicurazione obbligatoria per
la vecchiaia, l’invalidità ed i superstiti, fatta eccezione per
l’integrazione alla misura del trattamento minimo.
La dinamica di detta pensione è, quindi, identica a quella della
pensione autonoma, sia per quanto attiene alla liquidazione, sia al
supplemento per i contributi versati successivamente alla
liquidazione della pensione (combinato disposto degli artt. 19,
d.P.R. n. 488 del 1968, e art. 7 della legge n. 155 del 1981), sia al
divieto dello ius variandi, costituito dal principio delle
preclusioni alternative, atteso il carattere di unitarietà e
complessità del rapporto giuridico previdenziale, sia, infine, alla
perequazione automatica delle pensioni (art. 21, legge 27 dicembre
1983, n. 730, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato: legge finanziaria 1984”).
Ma la pensione supplementare rimane un trattamento particolare e
specifico, con propria regolamentazione, che si distingue dalla
pensione autonoma di vecchiaia anche quando il titolare di essa abbia
raggiunto, sia pure nel minimo, i contributi richiesti dalla legge
per la sua concessione. E può dirsi, in un certo senso, un
trattamento di favore in quanto per ottenerla sono sufficienti
contributi di qualunque entità, che altrimenti l’assicurato che ha
già raggiunto l’età prevista per la pensione di vecchiaia
rischierebbe di perdere, se attendesse di raggiungere anche il
necessario requisito di contribuzione.
Trattandosi di prestazione avente una propria specificità, non ne
è consentita la trasformazione in altra, quale, ad esempio, la
pensione di vecchiaia, al momento del conseguimento del requisito
contributivo, col connesso istituto dell’integrazione al minimo.
L’ulteriore contribuzione dopo la concessione della pensione, dà
luogo solo a supplementi della pensione già liquidata.
La differenza esistente tra i due trattamenti pensionistici rende
razionale e giustificata la diversità delle rispettive discipline. E
non sussiste, quindi, la denunciata violazione degli artt. 3 e 38
Cost. Spetta al legislatore la scelta delle prestazioni previdenziali
ritenute più idonee a sopperire alle varie situazioni di bisogno,
con ordinamenti che meglio si adeguino alle loro particolarità, in
considerazione anche dei mezzi finanziari disponibili.
Egualmente alla discrezionalità del legislatore è affidata la
valutazione in concreto della diversa intensità del bisogno col
relativo apprestamento dei mezzi di superamento, in relazione al
contesto sociale e culturale del momento, secondo le disponibilità
del bilancio. Il suo operato si sottrae al sindacato di legittimità
costituzionale se non sussiste la manifesta irrazionalità della
normativa dettata.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 2, 4 e 5 della legge 12 agosto 1962, n. 1338
(Disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione
dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i
superstiti) e delle successive modificazioni, sollevata, con
riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dal Tribunale di Torino con
l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1988.
Il Presidente: CONSO
Il redattore: GRECO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 20 dicembre 1988.
Il direttore della cancelleria: MINELLI