Sentenza N. 111 del 1967
Corte Costituzionale
Data generale
12/07/1967
Data deposito/pubblicazione
12/07/1967
Data dell'udienza in cui è stato assunto
26/06/1967
ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER – Prof. GIOVANNI CASSANDRO –
Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO MANCA – Prof. ALDO SANDULLI –
Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. GIUSEPPE
CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI, Giudici,
del Codice della navigazione e degli artt. 129 e 135 del regolamento
per la navigazione interna, approvato con D. P. 28 giugno 1949, n. 631,
promosso con ordinanza emessa il 14 febbraio 1966 dal pretore di
Venezia nel procedimento penale a carico di Basana Antonio, iscritta al
n. 65 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 118 del 14 maggio 1966.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 31 maggio 1967 la relazione del
Giudice Antonino Papaldo;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco
Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Nel corso di un procedimento penale pendente a carico di Bassana
Antonio – imputato, fra l’altro, del reato previsto dall’art. 1187,
secondo comma, del Codice della navigazione, per aver condotto una
imharcazione a motore senza la preventiva autorizzazione prescritta
dall’art. 226 dello stesso Codice – il pretore di Venezia, con
ordinanza emessa in data 14 febbraio 1966, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale di detto art. 226 in relazione agli artt.
4 e 41, secondo comma, della Costituzione, nonché dell’art. 1331 dello
stesso Codice e degli artt. 129 e 135 del regolamento per la
navigazione interna, approvato con D. P. 28 giugno 1949, n. 631, in
relazione agli artt. 76, 77, 87 e 89 della Costituzione.
Riguardo alla dedotta incostituzionalità dell’art. 226 – il
quale sottopone i servizi di trasporto non di linea, di rimorchio e di
traino ad una preventiva autorizzazione da rilasciarsi dall’autorità
preposta all’esercizio della navigazione interna nelle forme e nei
limiti “che sono determinati dal regolamento”- da parte del giudice di
merito si osserva che le attività di trasporto ivi indicate
costituiscono iniziative economiche che devono svolgersi liberamente in
quanto non vengano effettuate in contrasto con l’attività sociale e in
modo da recare danno alla sicurezza, alla lilbertà e alla dignità
umana. Posto ciò, la norma apparirebbe in contrasto con l’art. 41,
secondo comma, nella Costituzione in quanto, dei due limiti previsti
dalla norma costituzionale, per costante giurisprudenza di questa Corte
(a tal proposito si cita la sentenza n. 4 del 1962), e cioè quello
sostanziale della rispondenza di essi ad un interesse pubblico e quello
formale della “riserva di legge” (che deve quanto meno porre i criteri
e le direttive idonee a delimitare l’attività dell’amministrazione in
modo che questa non sia meramente discrezionale), nella fattispecie
mentre può ritenersi soddisfatta la limitazione sostanziale, non può
del pari ritenersi adempiuta la seconda. L’art. 226, infatti, si
limiterebbe a prevedere “un’autorizzazione dell’autorità preposta
all’esercizio della navigazione interna” senza fissare condizioni al
suo rilascio, ed anzi statuendo che “le forme ed i limiti della
autorizzazione sono determinati dal regolamento”, e in tal modo
conferirebbe all’amministrazione un largo margine di discrezionalità
meramente amministrativa. A ciò si aggiunge, da parte del pretore, che
neanche nel regolamento del 1949, n. 631, il cui art. 129 pure contiene
norme abbastanza dettagliate in merito alla formalità per il rilascio
della licenza, si rinverrebbe alcuna indicazione in ordine all’oggetto
del controllo della pubblica Amministrazione ed ai criteri in base ai
quali questo deve essere esercitato, giacché l’art. 129 rinvia ad un
ulteriore regolamento da emanarsi dal Ministro dei trasporti, e ciò
con dubbia ammissibilità dato che i regolamenti, ai sensi dell’art. 87
della Costituzione, sarebbero riservati soltanto al Presidente della
Repubblica.
Dalla rilevata carenza di ogni garanzia formale (riserva di legge
in senso lato) in ordine alla disciplina economica in esame,
conseguirebbe, altresì, la violazione dell’art. 4, primo comma, della
Costituzione, che riconosce il diritto al lavoro, nello specifico
aspetto, da ritenersi compreso nella formula legislativa, di diritto
alla scelta dell’occupazione.
In merito alla questione di legittimità costituzionale dell’art.
1331 del Codice della navigazione e degli artt. 129 e 135 del già
citato decreto del 1949, n. 631, il pretore, muovendo da analoga
eccezione di incostituzionalità sollevata nel giudizio di merito dalla
difesa dell’imputato, e basata sul presupposto che detto decreto
presidenziale si identifichi in una legge delegata, osserva che, se
così fosse, la norma delegante, e cioè l’art. 1331, che non contiene
alcuna prefissione di termine, sarebbe diventata illegittima con
l’entrata in vigore della nuova Costituzione repubblicana, ex art. 76,
con la ulteriore conseguenza che non poteva più emettersi nemmeno il
decreto presidenziale di cui trattasi sulla base dell’art. 1331, come
invece è avvenuto. Inoltre dalla natura legislativa del decreto
presidenziale deriverebbe la sua illegittimità per il fatto di aver
rinviato con l’art. 129 ad altro organo il completamento della
fattispecie, peraltro in materia penalmente rilevante.
Circa la natura legislativa del decreto presidenziale il pretore,
tuttavia, non nasconde le proprie perplessità, data la formulazione
dell’art. 1331, richiamato nel preambolo del decreto n. 631 del 1949 e
quella dell’art. 1330 dello stesso Codice.
Nel giudizio la parte privata non si è costituita; è intervenuto,
invece, il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, con memoria depositata in data 3
giugno 1966.
Riguardo alla illegittimità costituzionale dell’art. 226 del
Codice della navigazione dedotta con riferimento all’art. 4 della
Costituzione, l’Avvocatura ha eccepito che la richiamata norma
costituzionale non pone in essere un diritto perfetto
costituzionalmente garantito, ma, essendo di natura programmatica,
detta al legislatore ordinario una precisa indicazione di politica
legislativa a carattere sociale diretta all’attuazione concreta della
direttiva di ordine generale contenuta nel precedente art. 3. Discende
da ciò che è compito del legislatore ordinario, nell’ambito della sua
discrezionalità, la valutazione dei mezzi, dei tempi, e dei modi con i
quali debba effettuarsi tale attuazione.
In ordine alla questione di legittimità della stessa norma dedotta
con richiamo all’art. 41, secondo comma, della Costituzione,
l’Avvocatura ne sostiene egualmente la infondatezza nel rilievo che lo
scopo della norma in esame non è già quello di disciplinare, limitare
o controllare una determinata attività economica, bensì quello di
disciplinare l’esercizio della navigazione interna, ossia l’uso di un
bene demaniale, quale indubbiamente sono le acque interne, da parte dei
privati cittadini. E poiché i beni demaniali sono amministrati dallo
Stato mediante una attività diretta alla creazione, alla conservazione
e allo sfruttamento di essi, pienamente legittimo appare il potere
discrezionale di cui lo Stato si avvale per l’esercizio di tale
attività amministrativa.
Parimenti infondata sembra all’Avvocatura la questione di
costituzionalità dell’art. 1331 del Codice della navigazione e degli
artt. 129 e 135 del D. P. 28 giugno 1949, n. 631, e ciò nella
preminente considerazione che il provvedimento previsto nell’art. 1331
va qualificato come un vero e proprio regolamento di esecuzione la cui
emanazione rientra nelle facoltà del Governo.
Ad avviso dell’Avvocatura, il carattere regolamentare della
potestà conferita dal predetto articolo risulterebbe in primo luogo
dalla formulazione e intitolazione della rubrica dell’articolo stesso
che parla di “disposizioni per l’esecuzione del codice” (in
contrapposto con la intitolazione e la formulazione dell’art. 1330 che,
invece, parla di “delega legislativa”); in secondo luogo, dalla
Relazione al codice (n. 872), nella quale si parla ripetutamente della
necessità di un regolamento; e, infine, dal rilievo che il decreto in
esame risulta emanato con la osservanza di tutte le forme stabilite per
i regolamenti, fra le quali l’audizione del parere del Consiglio di
Stato, preveduta dallo stesso art. 1331, prescrizione, questa, che è
tipica dei regolamenti di esecuzione ed è assolutamente estranea alle
norme delegate.
Affermata quindi la natura regolamentare del decreto presidenziale
del 1949, n. 631, l’Avvocatura ritiene inutile l’esame delle altre
questioni sollevate con riferimento agli artt. 129 e 135 di detto
provvedimento, non essendo consentito su di esse il sindacato di
costituzionalità che è riservato ai soli atti “aventi forza di
legge”.
1. – Nell’ordinanza si rileva che l’art. 226 del Codice della
navigazione, rinviando al regolamento tutta la disciplina
dell’autorizzazione per i servizi di trasporto, rimorchio e traino non
soggetti a concessione, sarebbe in contrasto con l’art. 41, secondo
comma, della Costituzione, per violazione della riserva di legge.
L’Avvocatura dello Stato nega che ci si trovi nel campo della
riserva di legge, sostenendo che lo scopo della norma in esame non
sarebbe quello di disciplinare, limitare o controllare una determinata
attività economica, ma quello di disciplinare l’esercizio della
navigazione interna, cioè l’uso di un bene demaniale, soggetto ad una
disciplina che rientra nella piena discrezionalità della pubblica
Amministrazione; per cui i limiti all’attività economica dei privati
costituirebbero soltanto un risultato indiretto e riflesso
dell’attività amministrativa.
La Corte non condivide questa tesi dell’Avvocatura. Essendo le
acque interne destinate all’uso pubblico generale, i privati possono
usufruirne liberamente nei limiti che solo la legge può stabilire; e
tali limiti non possono non essere ricondotti nell’ambito della
previsione fatta dall’art. 41, secondo comma, della Costituzione.
Vero è che la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che
trattasi di riserva di legge non assoluta; ma è anche certo che,
secondo la stessa giurisprudenza, la legge non potrebbe rimandare ad un
regolamento l’intera disciplina della materia senza fissare criteri e
direttive idonee a circoscrivere il potere del Governo.
Senonché, la norma in esame deve essere interpretata non
isolatamente ma nel contesto del sistema in cui è inserita. Così
inquadrata, la norma non può essere intesa nel senso della
attribuzione al Governo di un’attività regolamentare libera da ogni
vincolo. Il regolamento può disciplinare le forme e i limiti
dell’autorizzazione, ma non può conferire all’autorità un potere
discrezionale tanto vasto da risultare praticamente non limitato e non
sindacabile.
Nel sistema del Codice, i poteri dell’autorità preposta alla
navigazione sono preordinati alla sicurezza dell’esercizio, al corretto
uso dei beni pubblici ed al rispetto del regime di essi. L’autorità
competente non può discostarsi dai fini di pubblico interesse che è
chiamata a perseguire, fini la cui determinazione non è affidata ad un
suo apprezzamento privo di limiti. Nel caso in esame, l’autorizzazione
non potrebbe essere negata senza motivazione né i motivi del diniego
potrebbero essere fondati sopra ragioni arbitrarie o diverse da quelle
imposte dai particolari fini di pubblico interesse in vista dei quali
le limitazioni dell’uso pubblico possono essere imposte. E queste
ragioni potranno essere sindacate in sede giurisdizionale.
La Corte ritiene, pertanto, che la norma in esame, interpretata nel
senso ora esposto, non violi la riserva di legge.
La norma stessa non contrasta con l’art. 4 della Costituzione,
giacché, come questa Corte altre volte ha detto, la disciplina
dell’attività privata, quando sia disposta, nei modi di legge, a
tutela di altri interessi e di altre esigenze sociali, non pone
illegittime remore al diritto di scelta dell’attività lavorativa.
2. – In questa sede non possono essere sindacate le disposizioni
del regolamento per la navigazione interna, trattandosi di un atto che
non ha forza di legge.
Il D.P. 28 giugno 1949, n. 631, è stato approvato come
regolamento, udito il parere del Consiglio di Stato e sentito il
Consiglio dei Ministri, con il richiamo dell’art. 1331 del Codice della
navigazione, il quale si è evidentemente ispirato alle norme che
presiedono alla approvazione dei regolamenti. Ciò riceve anche
conferma dal testo dell’art. 1330 dello stesso Codice, che, sotto il
titolo “delega legislativa”, ha espressamente conferito tale delega,
subordinandola a limiti di tempo e di materia ed al parere di apposita
commissione.
Nella sostanza, le disposizioni contenute nel predetto decreto
mirano a disciplinare in concreto l’esercizio di poteri e di attività
nell’ambito di esecuzione delle norme del codice.
Se qualche disposizione di quel decreto esorbitasse dai limiti del
regolamento, non questa Corte ma il giudice competente potrà
sindacarla nell’ambito dei poteri che istituzionalmente gli competono
rispetto all’annullamento e alla disapplicazione delle norme
regolamentari.
Queste osservazioni, oltre che condurre alla dichiarazione di
inammissibilità della questione riguardante la legittimità del
regolamento, offrono il motivo per dichiarare infondata la questione di
legittimità dell’art. 1331, contenendo tale disposizione un richiamo
al potere regolamentare del Governo.
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale del D.P. 28 giugno 1949, n. 631, con cui fu approvato il
regolamento per la navigazione interna;
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 226 e 1331 del Codice della navigazione in riferimento agli
artt. 4, 41, secondo comma, 76, 77, 87 e 89 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1967.
GASPARE AMBROSINI – ANTONINO PAPALDO
– NICOLA JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO
– BIAGIO PETROCELLI – ANTONIO MANCA –
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI.