Sentenza N. 112 del 1967
Corte Costituzionale
Data generale
12/07/1967
Data deposito/pubblicazione
12/07/1967
Data dell'udienza in cui è stato assunto
26/06/1967
ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER – Prof. GIOVANNI CASSANDRO –
Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO MANCA – Prof. ALDO SANDULLI –
Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ –
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO –
Dott. LUIGI OGGIONI, Giudici,
Tariffa civile approvata con R.D. 23 dicembre 1865, n. 2700, 34 del D.
M. 28 giugno 1866 ed 11 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3282, promosso
con ordinanza emessa il 21 gennaio 1966 dal Tribunale di Varese sul
ricorso del Procuratore della Repubblica di Varese per interdizione di
Baù Daniele, iscritta al n. 105 del Registro ordinanze 1966 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 182 del 23
luglio 1966.
Udita nella camera di consiglio del 1 giugno 1967 la relazione del
Giudice Giuseppe Verzì.
Con ricorso del 29 marzo 1965, il Procuratore della Repubblica di
Varese promoveva giudizio d’interdizione contro Baù Daniele, e nel
corso della istruttoria chiedeva che fosse disposta consulenza tecnica
al fine di accertare lo stato di mente dell’interdicendo. Espletata la
perizia, e procedutosi alla liquidazione degli onorari al perito, la
somma allo stesso spettante veniva prenotata al campione civile, ma non
anticipata dall’Erario. Dopo le conclusioni delle parti e la rimessione
della causa al Tribunale, questo, con ordinanza del 21 gennaio 1966, ha
sollevato di ufficio la questione di legittimità costituzionale degli
artt. 436 della Tariffa civile approvata con R.D. 23 dicembre 1865, n.
2700, 34 del D. M. 28 giugno 1866 ed 11 del R.D. 30 dicembre 1923, n.
3282, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione.
L’ordinanza è stata regolarmente notificata, comunicata e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 182 del 23
luglio 1966. Nel giudizio dinanzi questa Corte non vi è stata
costituzione di parti, onde la questione è stata discussa in camera di
consiglio.
1. – Nei giudizi di interdizione e di inabilitazione promossi dal
P. M., gli onorari del consulente tecnico vengono annotati a debito nel
campione civile, ma non anticipati dall’Erario, il quale corrisponde
soltanto le spese di viaggio, di soggiorno e le eventuali spese
sostenute nel procedere alla perizia. Nel caso in cui la domanda
attrice venga rigettata, il consulente non può ripetere gli onorari,
non essendo ammissibile – per costante giurisprudenza – che il P.M.
venga condannato al pagamento delle spese processuali. Rilevando che,
al contrario, in materia penale l’Erario anticipa al perito spese ed
onorari a norma dell’art. 1, primo comma n. 2, e dell’art. 3 del R.D.
23 dicembre 1865, n. 2701, l’ordinanza di rimessione ritiene violati
gli artt. 3 e 36 della Costituzione, ed impugna pertanto l’art. 436 del
R.D. 23 dicembre 1865, n. 2700 (che approva la tariffa per gli atti
giudiziari in materia civile) e l’art. 34 del D. M. 28 giugno 1866, che
ritiene sostituito dall’art. 11 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3282
(legge sul gratuito patrocinio).
2. – La Corte osserva che l’art. 436 della Tariffa civile è stato
interpretato ed applicato in modo da dare luogo alla violazione dei
suindicati precetti costituzionali.
La distinzione fra le spese vive e gli onorari del perito,
anticipate le prime e gli altri non, prevista per le cause civili
interessanti le persone ammesse al gratuito patrocinio, viene
espressamente disciplinata dalla legge sul gratuito patrocinio (art. 6
del R.D. 21 novembre 1865, n. 2627, sostituito dall’art. 11 del R.D. 30
dicembre 1923, n. 3282). E l’art. 34 del D. M. 28 giugno 1866,
contenente istruzioni per l’esecuzione della tariffa in materia civile,
riassume sostanzialmente tale disciplina, secondo la quale, nelle cause
dei poveri, gli ufficiali pubblici, i notai ed i periti debbono
prestare la loro opera gratuitamente, salva la ripetizione degli
onorari dalla parte condannata nelle spese, ed anche dalla stessa parte
ammessa al gratuito patrocinio qualora venga a cessare lo stato di
povertà.
L’estensione di queste norme ai giudizi di interdizione e di
inabilitazione promossi dal P. M. è derivata dalla interpretazione
dell’art. 436 della Tariffa civile che è la sola norma di legge che
tratta delle spese nei suindicati giudizi, e che, pur non facendo cenno
delle anticipazioni degli onorari spettanti ai periti, dispone che la
nota delle spese annotate nel campione civile “sarà dettagliata come
quella delle cause dei poveri”. Dal che l’art. 39 dello stesso D. M.
28 giugno 1866 – quello che il giudice a quo avrebbe dovuto menzionare
al posto dell’art. 34 – ha potuto dedurre che le medesime norme delle
cause civili interessanti le persone ammesse al gratuito patrocinio
sono applicabili ai giudizi di interdizione e di inabilitazione
promossi dal P.M.
3. – Evidente appare la violazione del principio di eguaglianza,
non risultando giustificata la destinazione operata fra processo penale
e processo civile, allorquando il P.M., esercitando in entrambi i casi
il diritto di azione nel pubblico interesse, richiede l’opera di un
ausiliare. Il P.M. che promuove l’azione civile per la tutela degli
interessi delle persone incapaci, e cioè di quegli stessi interessi
che sono tutelati dalla legge, esercita una funzione non dissimile da
quella penale. Ne deriva una identità di posizione – avvalorata
altresì dagli argomenti addetti dalla giurisprudenza a sostegno della
tesi che il P.M. non può essere condannato al pagamento delle spese in
caso di soccombenza -, la quale non consente discriminazioni, per
quanto attiene alla anticipazione di onorari, tra gli ausiliari la cui
opera viene richiesta da un identico organo.
4. – In ordine alla violazione dell’art. 36 della Costituzione, che
peraltro va esaminata anche in riferimento all’art. 35, va osservato
che le ragioni addotte per giustificare la prestazione gratuita del
professionista in quelle cause civili, nelle quali è evidente
l’interesse pubblico di fornire ai non abbienti i mezzi necessari per
far valere il loro buon diritto e di assicurare quindi il retto
funzionamento della giustizia nei confronti di ricchi e di poveri, non
sussistono nei giudizi civili promossi dal P. M., il quale – avendo
nel processo la qualità di soggetto che agisce per l’attuazione della
legge – può disporre di tutti i mezzi che l’Erario ha il dovere di
approntare per il buon funzionamento della giustizia. Appare certo che,
nei giudizi di interdizione e di inabilitazione promossi dal P.M.,
l’imposizione di una prestazione gratuita al libero professionista
sacrifica – senza apprezzabili motivi – la tutela del lavoratore nel
suo diritto alla retribuzione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 436 del R.D. 23
dicembre 1865, n. 2700 (che approva la tariffa per gli atti giudiziari
in materia civile), nei limiti in cui non prevede l’anticipazione da
parte dell’Erario degli onorari spettanti al consulente tecnico e ad
altri ausiliari del giudice nei giudizi di interdizione e di
inabilitazione promossi dal P.M.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1967.
GASPARE AMBROSINI – ANTONINO PAPALDO
– NICOLA JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO
– BIAGIO PETROCELLI – ANTONIO MANCA –
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI.